mercoledì 11 giugno 2008

Un inedito di Enzo Biagi

Io mi auguro che l'Italia possa finalmente diventare un Paese normale, un Paese in cui sia abolita la doppiezza. Io sono dalla parte di Cesare Zavattini che diceva: “Con buongiorno, intendo buongiorno e basta”.
Un Paese dove funzionino scuole e ospedali: entrare in corsia e vedere che c'è la scritta «Solventi», cioè quelli che pagano, e quelli che non pagano, mi pare poco bello.
Un Paese dove treni e aerei arrivino in orario, perché la puntualità non è mica una prerogativa fascista. Con una politica normale, che (oltre a non ammettere l'intolleranza e la paura per l'altro) non contempli il trasformismo: vedere della gente che non cambia neanche gabbana perché ha già un corredino dove ci sono tutte le giacche che vanno di moda in quel momento è uno spettacolo da cancellare. Con un giornalismo che torni a consumare la suola delle scarpe, guidato da quel sentimento potente che è la curiosità, e dalle chiare tendenze ma sempre dalla buonafede e attento al lato umano.
Un Paese normale dove non si interpellino i divi della televisione per conoscere il loro parere su qualsiasi argomento, dalla solitudine dell'uomo all'allevamento dei canarini. È normale un Paese dove non ci sia l'emergenza come a Napoli o in Sicilia, dove la paura «marca» persino le arterie (come mi hanno detto una volta i medici che effettuano le autopsie).
Un Paese normale è un Paese in cui l'unico punto di riferimento non è la geografia con i suoi confini, ma la legge uguale per tutti. «La rovina dell'Impero romano» scrisse inutilmente Ranuccio Bianchi Bandinelli «fu facilitata dal clientelismo amministrativo e dal caos dette leggi e non dalle orge del Satyricon». Ma chi studia la storia?
È normale il Paese che aiuta quelli ai quali la natura e la politica hanno dato di meno. Un Paese normale è quello in cui gli aiuti non si danno per beneficenza, grazie alle collette per soccorrere chi è colpito dalle sciagure, ma si prevedono con il bilancio dello Stato, con voci apposite.
Un Paese normale è quello dal quale non emigrano più i giovani migliori perché non trovano un lavoro retribuito dignitosamente. È quello in cui non c'è spazio per il grande tormento di oggi, che è l'apparire. Un'ossessione: chi non entra nello spettacolo ha la sensazione di essere escluso dalla vita.
Un Paese normale è quello in cui per stare a galla, per affermarsi, non bisogna più far parte del gruppo, avere il sostegno della corporazione.
Un Paese normale è quello in cui nessun bambino sia privo di cibo e cure. Ho incontrato in Romania i piccoli che vivono nette fognature, come i topi, per sfruttare i tubi di riscaldamento.
Un Paese normale, un'Europa normale, un mondo normale, è quello in cui i bambini finiscono le loro giornate in un lettìno, con le lenzuola che profumano di pulito.