domenica 22 giugno 2008

scrittori ignoti, baschi e catalani

Le tredici rose erano quasi bambine. Filar, Joaquina, Bianca, Ana, Vìrtudes. Virtù, si chiamava una di loro: al plurale, molte virtù. Chissà quali esattamente, chissà quante volte, deve esserselo chiesto, la notte in prigione, pensando al nome pesante che le avevano dato. È una storia vera e bellissima, questa che racconta Jesus Ferrerò, basco di studi francesi, sceneggiatore del Matadór dì Almodóvar. Siamo a Madrid nei primi mesi dopo la fine della guerra civile. Tredici ragazzine, quasi tutte minorenni, vengono arrestate, incarcerate, sottoposte all'intera gamma di vessazioni possibili, sottoposte a un farsesco processo e infine giustiziate una mattina d'agosto.
Un romanzo storico in cui la voce delle quasi bambine dice l'indicibile: l'orrore feroce e inspiegabile, il candore della dignità. Le tredici rose si può leggere in italiano perché esiste a Milano una piccola, coraggiosa casa editrice, Gran Via, la quale traduce autori contemporanei che scrivono nelle varie lingue di Spagna: basco, castigliano, catalano, gagliego,
È un vero lavoro di scoutìng, che merita onore e attenzione, perché più di una volta è successo che un libro scritto in una lingua regionale, e tradotto in italiano da Gran Via, sia stato "visto", scoperto e quindi ripubblicato nella stessa Spagna.
Un Paese da dove arrivano, oltre ai best seller da milioni di copie di sapore gotico e fantastico, molti piccoli, preziosi libri di autori giovani e giovanissimi, spesso donne. Berta Marsè, pubblicata ora da Donzelli, ambienta i suoi sette racconti a Barcellona: teatro della scena è sempre la famiglia che - come scrive Cechov -"ha le sue allegrie e i suoi profondi conflitti, ma per grandi che siano è difficile che lo sguardo estraneo li scopra: sono un segreto".
Marsè viola questo segreto insinuandosi nelle fessure, nelle impercettibili smagliature di senso che attraverso un dettaglio - il disegno di un bimbo, una telefonata inattesa, una parola scappata di bocca non volendo - ribaltano le vite dei personaggi e le inchiodano. Grande senso dell'umorismo, grande leggerezza, grande, profondo realismo, sempre vestito di sorpresa. Un piacere, la lettura. Così come il noir è da tempo il nuovo romanzo sociale (non è una novità, certo, lo sì ripete a ogni nuova uscita, ma è proprio vero: non c'è niente oggi come una trama misteriosa che sappia svelare il senso dì un luogo, di un popolo, di un vivere), altrettanto il racconto breve che ha per tema la famiglia - le relazioni fra persone conviventi, le molte famiglie possibili - spiega cosa sia diventato, nel nostro tempo, il faticoso, certosino e spesso vano lavoro di ascolto e comprensione dell'altro. Abissi di estraneità che ci separano anche da chi dorme nel nostro stesso letto.
L'altro lato delle cose, the dark side.
In un certo senso, è il cammino che ha percorso anche Laura Bosio, scrittrice piemontese già molto premiata, alla ricerca di antichi dipinti che raccontino lo spavento di Maria. Il libro si chiama Annunciazione e ha in copertina il bellissimo volto triste dell'Annunciata di Antonello da Messina. Laura Bosio cerca nei quadri, e lo trova, lo stupore, io sconcerto, lo spavento, a volte letteralmente la paura della Vergine nel momento in cui l'Arcangelo le comunica il suo destino. Quella di Luca Signorelli che lascia cadere il libro, quella impietrita di Van Eyck, decine di altri capolavori che nascondono una verità in ombra, solo a saperli guardare, sentire. Una gran verità sul senso ultimo dell'accettazione del proprio destino, sulla resa. Sull'attesa che, lo si sa, è più dura del coraggio.
Concita de gregorio, repubblica delle donne, 20 giugno 2008