sabato 7 giugno 2008

salviamo subito le grandi foreste

Salviamo subito le grandi foreste
Carlo d'Inghilterra - La Repubblica 6 giugno 2008

Ieri era la Giornata mondiale dell´Ambiente, deputata a ricordarci che sono ormai limitatissimi gli spazi di azione a nostra disposizione per fermare il catastrofico cambiamento climatico. La spaventosa realtà è che le conseguenze del riscaldamento globale si avvertono con molta più rapidità di quanto la maggioranza degli esperti prevedesse anche solo 18 mesi fa. Accelera il ritmo di scioglimento delle calotte polari, diminuisce la capacità degli oceani di assorbire biossido di carbonio e gli andamenti metereologici sono sempre più capricciosi e più estremi.


Abbiamo però ancora un´opportunità di bloccare gli eccessi peggiori del cambiamento climatico, se agiamo subito.
Uno dei metodi più efficaci è porre fine alla distruzione delle foreste pluviali del pianeta, una delle maggiori cause di emissione di gas serra.
Nella Giornata mondiale dell´Ambiente ho inaugurato il sito web del mio progetto Foreste Pluviali. Contiene tre filmati nonché gli esiti di alcuni nuovi studi sul tema. I filmati, visionabili alla pagina web www.princesrainforestsproject.org, illustrano, con l´ausilio di immagini avvincenti delle foreste pluviali e di animazioni alcune dure realtà della deforestazione nelle aree tropicali e relative implicazioni.

Per farvi un´idea, pensate che in uno spazio di tempo poco inferiore ai miei anni di vita abbiamo perduto il 50 per cento delle foreste pluviali mondiali. Ogni anno 13 milioni di ettari di foresta – una superficie pari a cinque volte quella della Sicilia, – vengono distrutti o sono vittima di degrado. E se non basta a sconvolgervi, pensate che nel tempo che impiegate a leggere questo articolo altri 32 ettari saranno spariti. Il messaggio è chiaro: il nostro mondo è in grave pericolo di perdere il sistema ecologico necessario alla sua sopravvivenza.
Queste foreste che circondano il pianeta a cavallo dell´equatore non solo ospitano alcune delle biodiversità più ricche, note o non note alla scienza, importantissime per la salute e la sopravvivenza umana nel futuro, ma sono patria di milioni di individui tra i più poveri del globo, che dipendono da esse per il loro sostentamento. Le foreste hanno anche un ruolo fondamentale nel raffreddare e depurare l´atmosfera e come fonte di acqua dolce e piogge.

In un´epoca in cui il mondo è afflitto da carenza di cibo e la popolazione continua a crescere, le precipitazioni sono più importanti che mai. Le foreste della sola Amazzonia ad esempio contribuiscono a immagazzinare la maggior quantità di acqua dolce del pianeta e rilasciano ogni giorno nell´atmosfera 20 miliardi di tonnellate di vapore acqueo.

Immaginate cosa accadrebbe in vaste aree del Sud America se venissero a mancare. Cent´anni fa il 35 per cento dell´Etiopia era ricoperto di foreste pluviali tropicali . Oggi sono ridotte ad un misero 4 per cento e il paese ha sofferto decenni di carestie. C´è bisogno di altri esempi?
Al contempo, ed è un aspetto di importanza vitale, queste foreste immagazzinano Co2 in dimensioni gigantesche; quando vengono tagliate e bruciate, grandi quantità di Co2 vengono rilasciate nell´atmosfera.

Ecco perché fermare la deforestazione è uno dei sistemi più rapidi e più sicuri per rallentare il cambiamento climatico.
Molti concentrano le speranze sulle nuove tecnologie. Posso comprenderlo e non c´è dubbio che le nazioni che avranno la palma in questo campo ne trarranno i maggiori benefici economici. Ma se la ricerca in questo ambito sta facendo passi avanti , si tratti di cattura e stoccaggio di Co2 , di biocombustibili di terza generazione (che non sottraggono terreni alla produzione alimentare) o di sistemi a idrogeno, altrettanto vale per il riscaldamento globale. E non è verosimile che queste tecnologie, per quanto rapidamente sviluppate, forniscano un contributo significativo in tempo. Con le foreste pluviali tropicali la natura ci ha regalato un sistema infinitamente più efficace ed economico di stoccaggio di Co2 rispetto alla costosissime tecnologie di sequestro ancora ben lontane dall´essere economicamente realizzabili. Se agiamo subito , possiamo mantenere in funzione questo sistema, guadagnando tempo prezioso.

Devo dire che gli esiti degli studi pubblicati sul sito del mio progetto Foreste pluviali sono molto incoraggianti in quanto dimostrano lo straordinario livello di consenso dell´opinione pubblica del mondo sviluppato sulla necessità di bloccare la distruzione delle foreste pluviali se abbiamo serie intenzioni di ridurre i livelli di Co2 nell´atmosfera.
Quasi la metà degli americani intervistati e più della metà degli intervistati nel Regno Unito e in Francia, assieme ad uno sbalorditivo 70 per cento dei tedeschi è consapevole che la distruzione delle foreste pluviali contribuisce ogni anno all´emissione di una quantità di gas serra superiore a quella dell´intero settore del trasporto globale. Alla domanda quale sia la strategia pratica più efficace per rallentare i cambiamenti climatici, la tutela delle foreste pluviali è stata considerata seconda solo al passaggio all´energia rinnovabile in tutti e quattro i paesi.

Ma se è vero, come dimostra la ricerca, che nei paesi sviluppati c´è consapevolezza dell´importanza delle foreste pluviali, esiste anche consapevolezza che sono proprio questi paesi, i nostri, il problema fondamentale? I motivi della deforestazione non sono attribuibili alle nazioni cui appartengono le foreste pluviali. Troppo spesso è il fabbisogno di olio di palma, di carne e di soya dei paesi sviluppati il motore che porta alla distruzione delle foreste, si attribuisce loro più valore da morte che da vive. E se vogliamo salvare le foreste fluviali è questo dato di fatto, temo, che dobbiamo cambiare.

Nel suo pionieristico rapporto del 2006, Lord Stern affermava che evitare la deforestazione è una misura «relativamente valida sotto il profilo del rapporto costi benefici» al fine di mitigare il cambiamento climatico. Secondo le sue stime dimezzare la deforestazione entro il 2030 comporterebbe un costo di 10-15 miliardi di dollari l´anno. Benché il recente aumento del fabbisogno di beni alimentari possa aver alterato questa stima, affrontare il problema della deforestazione resta uno dei metodi meno costosi e più rapidi per combattere il cambiamento climatico.

Ma è necessario bloccare la deforestazione, non dimezzarla. Se questo dovesse costare, ad esempio, 30 miliardi di dollari, rappresenterebbe solo l´un per cento dei circa 3.5000 miliardi di dollari spesi in premi assicurativi ogni anno, spesso destinati ad indennizzare danni causati dal cambiamento climatico. In quest´ottica si può dire che 30 miliardi di dollari l´anno sono un buon prezzo.
Manca, a quanto sembra, la "fiera urgenza del momento" nelle parole di Martin Luther King, ed è questo il motivo per cui ho dato vita al Progetto foreste pluviali, con il sostegno di alcune delle maggiori imprese e dei più importanti esperti mondiali, in collaborazione con paesi di tutto il mondo, inclusa la Coalizione delle nazioni della foresta pluviale.

L´obiettivo del progetto è individuare sistemi innovativi di retribuire i paesi custodi delle foreste pluviali tropicali in maniera adeguata per i servizi ecosistemici che forniscono, battendo la concorrenza dei motori di deforestazione. In poche parole il nostro obiettivo è attribuire maggior valore alle foreste pluviali da vive che da morte. Vale la pena di ricordare forse che in tutto il mondo sviluppato è ormai una prassi accettata pagare per i servizi pubblici come il gas, l´acqua e l´elettricità.
Le foreste pluviali sono probabilmente il nostro servizio naturale più importante, che produce benefici enormi e insostituibili. E´ tempo di iniziare a pagare anche per quelli.

(Traduzione di Emilia Benghi)