mercoledì 27 maggio 2009

Don Rodrigo

Rotto l'incantesimo del nuovo Don Rodrigo
di GAD LERNER

Forse ora la smetterà d'insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d'età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l'universo femminile così come lui l'ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere - come un don Rodrigo del Duemila - dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L'immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un'Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d'appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell'avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le "quindicine" nei casini e l'uso improprio dei "book" fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell'esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell'unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell'Italia clericale del "si fa ma non si dice" l'unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l'altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l'assuefazione a un modello unico femminile - parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna - da far sembrare audacissima la denuncia del "velinismo politico" quando l'ha proposta su "FareFuturo" la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell'accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli "spettacolini" imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem - mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime - confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: "Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica". Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che "per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore".

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d'Italia - ma insieme a lui vasti settori della società - risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall'alto, con l'aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l'anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l'onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L'incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna.

(25 maggio 2009) La Repubblica

passeggiando a Baghdad

Bello l'articolo di Bernardo Valli "Passeggiando tra le vie di Baghdad" pubblicato su "La repubblica" il 25 maggio 2009.
Mi è piaciuto il finale:

"....Faccio un salto ad Al Bataween, il vecchio quartiere ebraico rimasto da più di mez-
zo secolo senza ebrei. Durante la guerra, nel 2003, era uno degli angoli più animati della città, dove potevo trovare panini e salsicce nelle improvvisate cucine ali ' aperto degli im -migrati maghrebini. C'era, mi dicevano, anche un anziano ebreo che non aveva mai voluto abbandonare l'Iraq. Adesso alcuni ebrei sarebbero ritornati con la speranza di recuperare i beni confiscati alle loro famiglie più di mezzo secolo fa. Ma in realtà è una leggenda. A spingermi a ritornare ad Al Bataween è soprattutto il ricordo di un bellissimo libro di Naim Kattam, un ebreo iracheno professore di arabo (emigrato in Canada), in cui raccontalasua giovinezza, negli anni Trenta e Quaranta, quando gli ebrei erano un terzo della popolazione di Bagdad, e pensavano di essere integrati nella società araba. L'italiano Sereni, che visitò l'Iraq a quell'epoca, scopri una sola differenza tra ebrei e musulmani: i primi chiudevano le botteghe il sabato e i secondi il venerdì. Il libro di Naim Kattam si chiama «Addio Babilonia"

martedì 26 maggio 2009

ozio? è rivoluzione

La crisi? Un'opportunità. Per cambiare modo di produrre e ridare un senso al tempo liberato
di Mara Accetterà
Bisogna ritrovare il senso dell'ozio». In tempi di crisi potrà sembrare una dichiarazione snob. E in parte lo è. A farla è Serge Latouche, economista e filosofo francese autore, tra gli altri, di Breve trattato sulla decrescita serena (Bollati Boringhieri).

Già, si potrebbe pensare, facile per lui che dopo aver insegnato per tanti anni all'Università di Paris Sud adesso gira l'Europa per conferenze. E quando è in Italia non resiste a farsi delle lunghe camminate attraverso piazze, chiese e piccoli musei. Nemico del consumismo e della globalizzazione, Latouche è convinto che la crisi dell'ultimo anno possa anche essere un'opportunità per invertire rotta ed "evitare così la catastrofe umana ed ecologica" che ha più volte annunciato.
Una di queste inversioni passa appunto per una nuova concezione del lavoro e del tempo libero. Nella nostra società però il lavoro rende degni, anzi, in un'ottica protestante il lavoro salva. E il piacere è condannato - a meno che non crei un profitto. Cosa ne pensa? «Nel sistema attuale ci sono lavori come quello alla catena di montaggio ma anche nei call center che sono lavori infami con salari altrettanto infami. Sono travailles, strumenti di tortura. Non danno alcuna dignità, al contrario dei lavori artigianali. Hannah Arendt distingueva tra vita "activa" e contemplativa.
Nella prima metteva la praxis, cioè il momento della politica, del dibattito, dell'agorà che oggi è stato quasi cancellato, poi l'opera, cioè il momento del saper fare, la danza, la musica, l'artigianato e infine il lavoro fatto per guadagnare. Quest'ultimo era una necessità che doveva essere limitata. Nella vita contemplativa Arendt inseriva la preghiera, il sogno, il gioco. Ma noi abbiamo perso il senso dell'ozio e la capacità di sognare e occupiamo il tempo libero in attività mercantili. Siamo cioè formattati e non sappiamo più che farne. Così il tempo libero si professionalizza. Dobbiamo ridare un senso al tempo liberato e così riacquistare l'incanto della vita».
In Francia da questo punto di vista avete fatto passi avanti, però c'è chi dice che la legge delle 35 ore non abbia frenato la disoccupazione.
«È una bugia. Quella legge ha creato 300mila nuovi posti. Ma è solo l'inizio. Si dovrebbe arrivare alle 30 ore di lavoro. A livello europeo e anzi mondiale, perché per me non ha senso mettere in concorrenza un europeo con un cinese. La concorrenza va regolamentata, sennò è un massacro globale». Lavorare tutti ma lavorare meno? «Già nel 1848 Marx diceva che il problema non era più crescere ma condividere meglio. Da allora la produttività è cresciuta 30 volte di più e potremmo lavorare 30 volte di meno. Invece lavoriamo due volte di meno e quegli orari recuperati li investiamo in lavori fantasma, per esempio legati ai trasporti. Siamo 30 volte più felici? No. Abbiamo creato bisogni artificiali e distrutto le risorse naturali. Auspico anche un'altra cosa. Che ci sia più mobilità e flessibilità. Nel corso della vita bisognerebbe saper reinventarsi il lavoro più volte». Lei auspica cambiamenti epocali ma parla di rivoluzione serena. Non le sembra una contraddizione? «Le rivoluzioni non sono sempre traumatiche. Penso a quella "gloriosa" del 1688 che coinvolse la monarchia inglese senza spargimento di sangue. La mia rivoluzione della decrescita è assolutamente pacifica e comincia con un cambio di mentalità: si deve uscire dalla prigione della crescita e cambiare modo di produrre. Non è un ritorno alla caverna come accusano i miei critici. È un progetto per una società autonoma ed ecologica dove a crescere deve essere la nostra gioia di vivere». Ma le frenate portano dolore...
«Dolore a chi non è preparato, a chi è un tossicodipendente della società dei consumi e del lavoro. E rompere con la droga è difficile. Per anni persino la sinistra ci ha spinto alla corsa allo sviluppo, a ingrandire il Pil sempre di più, ma quella torta era avvelenata e ci ha portato inquinamento e distruzione». E questa crisi.
«Lo si diceva da molti anni. Herman Daly, ex economista della Banca Mondiale, aveva segnalato che la corsa allo sviluppo sarebbe stata insostenibile per le risorse del pianeta. La crescita va di pari passo all'inquinamento. È vero che i redditi aumentano ma così anche le spese per compensare e riparare i danni della crescita e che sono nascosti nell'inquinamento, nelle malattie, nelle spese per i farmaci. Il guadagno non è proporzionale alla felicità, anzi al benessere vissuto, che è misurabile. Il paradosso di Easterlin, economista americano, dimostra che il benessere aumenta col reddito fino a un certo punto, poi decresce».
È innegabile che ci sia una certa angoscia per la perdita di posti di lavoro. «Certo, ma è anche un'opportunità di cambiare. Vogliono farci credere che quello che succede sia legato solo al mondo finanziario, ma no, è una crisi sistemica, è una crisi di civiltà e noi ci troviamo davanti a una svolta della storia. Per questo servono soluzioni nuove. La polìtica dei governi attuali è sbagliata. Persino Obama fa meglio di Sarkozy, ma cerca di salvare Wall Street». E invece? «Il nostro immaginario è colonizzato dall'economia. Sa come si dice? Quando si ha un martello nella testa si vedono i problemi sotto forma di chiodi. Deconomicizziamoci. La soluzione non è consumare, produrre e fare soldi. Ma decrescere, uscire dal sistema capitalistico e andare verso una società del doposviluppo, un progetto dì ecosocialismo».
E lei come mette in pratica queste cose? Come passa il tempo? «Adesso sono in pensione, però vado in studio ogni giorno e scrivo. Traggo grande soddisfazione dal creare ogni giorno qualcosa di nuovo. Leggo anche molto, anzi vorrei avere il tempo di rileggere la mia biblioteca ma non so se ci riuscirò. Cammino, visito musei e chiese anche quando sono in Italia per conferenze. Non viaggio più in aereo. A Parigi poi, da quando hanno fatto le piste ciclabili, sono sempre in bicicletta».
Le sue scelte sembrano in sintonia con quello che descrivono Dan Kieran e Tom Hodgkinson in The Book of Iòle Pleasures, piaceri molto semplici e slegati dal consumo compulsivo come raccogliere le fòglie, tirare i sassi nell'acqua, farsi un lungo bagno. «Vivo un terzo del tempo in una casa sui Pirenei, nella Catalogna francese, da dove ho una splendida vista sulla montagna Canigou. Capisco bene il piacere dello spettacolo naturale, passeggiare con la neve, raccogliere piante selvagge, riconoscere gli alberi. Però io sono più un cittadino. I decrescenti sono divisi in due tribù: quella della campagna e quella della città, lo appartengo senza dubbio alla seconda». Per essere un decrescente bisogna rinunciare a molte cose. «Non pongo la questione in termini di rinuncia. Non uso l'aereo, la macchina e non guardo la tv ma perché non ne sento la necessità. Non creda che la tv francese sia molto meglio di quella italiana. Quando mia moglie guarda le notizie io ascolto Bach e rileggo l'Odissea».
Alla fine del suo libro lei dichiara che il ruolo dell'artista è insostituibile per la costruzione di una società serena della decrescita. Ci salveranno gli artisti? «Qualche mese fa nove intellettuali delle Antille hanno lanciato un manifesto "per i prodotti di alta necessità". In questo documento, non a caso dalle ex colonie dove il nostro modello economico ha prodotto dei disastri, difendono, contro lo sfruttamento del lavoro e la disuguaglianza sociale, quei valori non commerciabili come la libertà, l'eguaglianza e la fraternità e che però sono vitali. Vede, c'è una parte prosaica della vita e una poetica, lo credo che bisogna lottare per quella poetica».
23 MAGGIO 2009 - la repubblica delle donne

chitarre a Sarzana

Sono stato 4 giorni a Sarzana (La Spezia) per partecipare ai corsi di liuteria del Maestro Liutaio HARRY FLEISHMAN: “Ripensando la chitarra, come il design e i cambiamenti strutturali possono incidere sul suono” e del Maestro Liutaio ROBERT GODIN: “Discussione sulle chitarre acustiche - Seagull, Norman, Simon & Patrick, Art & Lutherie, La Patrie”
“Discussione sulle chitarre elettriche – Godin & Richmond”
Bellissima atmosfera e ottima organizzazione, per chi volesse vedere clip di concerti e altri commenti www.accordo.it.
Ho provato molte belle chitarre, mi hanno colpitole Lowden (un modello 25 con tavola cedro e face palissandro indiano e una 35 tavola abete e fasce palissandro indiano) da 3000 euro, delle Bourgeois Db signature OM tavola Adirondack e palissandro indiano sulle fasce sui 4200 euro, una Breedlove e poi altri due liutai che aggiungerò in seguito.
Tra i chitaristi emergenti il concorso è stato vinto da Eric Ventrice (concordo), menziono Leonardo Corsi di prato, Fabiano Corso di Siena e Nicola Seccia di barletta, che aveva un suono bellissimo.
Tra le sorprese del festival le Hussie Hicks (vedi sempre su www.accordo.it) e Ed Gerhard, che non avevo mai sentito dal vivo.

domenica 17 maggio 2009

venerdì 15 maggio 2009

Chi decide del nostro corpo?

la vita non appartiene al governo,ne alla chiesa, ma soltanto a chi la vive
Dovrebbe trattarsi dì un'affermazione ovvia. E la parola "appartenere" risulta insufficiente. Perché la vita fa tutt'uno con chi la vive, è chi la vive. Coincide con la sua esistenza, da cui è inseparabile. Se qualcuno non può decidere sulla propria vita non è più una persona, non è più un essere umano, ma un "instrumentum vocale". Una cosa, benché dotata dì parola, come gli antichi filosofi definivano lo schiavo.
E la vita arriva fino alla fine-della-vita, è la tua vita fino all'ultimo istante, e anzi per certi aspetti il periodo finale è il più importante e il più tuo, irrimediabilmente, perché una lunga agonia tragica e insensata può rovinare un'esistenza bellissima. E un'ultima età ricca di senso può riscattare una biografia infelice o ingiusta. Il cardinal Barragan accetterebbe che sulla sua vite decidessi io? L'onorevole Formigoni accetterebbe che decidessi tu, lettrice o lettore? Perché allora pretendono di essere loro a farlo per noi? Se si stabilisce il principio in base al quale sulla propria esistenza non decide chi la vive ma una maggioranza parlamentare, questa maggioranza finirà per avere un potere totalitario sull'individuo. E la libertà
di ognuno sarà cancellata. Se infatti un gruppo di politici ha titolo per decidere della tua vita e della tua morte, a maggior ragione potrà pretendere di decidere su cose importantissime ma meno essenziali: la tua professione, il tuo coniuge, la tua religione, i tuoi viaggi. E quella maggioranza potrà cambiare, ovviamente, e oggi decidere che il sondino o la macchina che ti prolunga la sofferenza io modo artificiale - per mesi, per anni, o abbiamo già dimenticato il calvario di Piergiorgio Welby? - è obbligatorio anche per chi non lo vuole, ma domani potrebbe decidere che la spina va staccata a tutti, anche a chi non vuole rinunciarvi.
Sarebbe mostruosa questa seconda ipotesi, esattamente come è mostruosa la prima: che tu debba continuare per via artificiale un'esistenza che, lasciata alla "natura", verrebbe meno, e che per te è ormai soltanto tortura. La legge approvata al Senato e che ora va in discussione alla Camera stabilisce proprio questa mostruosità. Una volta in ospedale, la tua vita è sequestrata, la tua volontà conta zero, conta solo la volontà del cardinal Bagnasco. Fermare questo medioevo dipende anche da te.
di Paolo Flores dAreais
Direttore di MicroMega, ha appena pubblicato A chi appartiene la tua vita? (Ponte alle Grazie).
D- La repubblica delle donne - 9 MAGGIO 2009

India: il potere dei poveri

Federico Rampini
IL POTERE DEI POVERI: UN ESERCITO STERMINATO CHE COMINCIA AD AVERE LA POSSIBILITÀ DI SPENDERE PER BENI DI PRIMA NECESSITA'
Nella recessione globale l'India scopre di avere una risorsa insospettabile: i suoi poveri. Non quella fascia dì miseria estrema dove ancora soffrono 200 milioni di persone, ma quel mezzo miliardo di indiani che sta subito sopra, cioè l'immenso popolo delle campagne che negli ultimi anni ha avuto accesso a un modestissimo benessere.
È quel mercato vasto e frugale che finora ha salvato l'India, isolandola dai contraccolpi più brutali della crisi internazionale. La loro domanda di consumi, i più semplici ed elementari, sta trainando la seconda nazione più popolosa del mondo verso una crescita economica tutt'altro che disprezzabile per questo "orribile" 2009.
Tutte le grandi aziende presenti sul mercato indiano lo confermano. Dalla Coca-Cola alla società telefonica Reliance, le vendite sono brillanti proprio nelle regioni rurali. La Lg Electronics ha una gamma speciale di elettrodomestici a basso consumo di corrente, "mirata" sulle famìglie più modeste. Per questa scelta lungimirante la Lg ha avuto un boom di affari grazie alle casalinghe dei villaggi, e il 45% del suo fatturato indiano ormai lo realizza nelle regioni agricole.
Mahindra, grosso produttore locale di automobili e macchine agricole, non riesce a star dietro agli ordinativi per il suo furgoncino Xylo: va a ruba tra le famiglie contadine. Secondo Anand Mahindra, presidente del gruppo, «se c'è una parte dell'economia che è riuscita a rimanere immune dalla crisi globale, è l'India rurale». Cade cosi un luogo comune che era molto diffuso fino all'anno scorso: l'idea che l'India era penalizzata dalla sua insufficiente capacità di invadere i mercati stranieri con le esportazioni. A parte rare eccezioni come il software, l'assistenza informatica e i call center, il resto del "made in India" non è stato protagonista di avanzate spettacolari: nulla di paragonabile alla penetrazione mondiale dei prodotti cinesi. Ma quella che sembrava una debolezza fino a ieri, oggi diventa un elemento di stabilità. La caduta del commercio globale, che penalizza la Cina e tutte le economie emergenti, ha un impatto limitato sull'India. Che invece scopre il vantaggio di avere una sterminata riserva di bisogni interni da soddisfare. Non che la crisi sia invisibile. Ma colpisce soprattutto i privilegiati. Dalla seconda metà del 2008 i settori che hanno sofferto di più sono il mercato immobiliare, i viaggi aerei, ì ristoranti, e le vendite di auto di media cilindrata: cioè i consumi tipici del ceto urbano medio-alto. L'industria che licenzia è quella dell'informatica, nelle varie Silicon Valley di Bangalore e Hyderabad. Per quanto strategicamente importante, questo settore avanzato occupa a stento 11% della forza lavoro indiana.
Alla base della piramide sociale, invece, c'è uno sterminato esercito di ex poveri che cominciano ad avere un potere d'acquisto spendibile per beni di primissima necessità: sapone, medicine, vestiti, scarpe, qualche elettrodomestico, il primo telefono, lo scooter. Nel corso degli ultimi cinque anni l'India agricola ha superato l'India urbana per il numero di famiglie al di sopra di 2.000 dollari di reddito annuo: è la soglia oltre la quale in questo Paese si diventa "consumatori di qualcosa", con un minimo potere d'acquisto oltre la pura sopravvivenza.
«Questa parte della società - spiega l'economista Saumitra Chaudhuri - è quasi immune dagli choc della crisi internazionale». Non hanno risparmi investiti né alla Borsa di Mumbai né nella bolla immobiliare; e il loro reddito dipende raramente dalle spoliazioni. «Una popolazione così vasta che parte da un livello così modesto - dice l'economista Subir Gokarn - è una locomotiva di crescita formidabile, se appena riesce ad aumentare di poco i suoi consumi». Anche la democrazia indiana si sta rivelando meno difettosa di quel che si credeva. Negli ultimi vent'annì è stata spesso paragonata al decisionismo autoritario cinese, e quest'ultimo sembrava vincente almeno nel campo economico. La modernizzazione delle infrastrutture cinesi è stata fantastica. Ma piano piano anche l'India fa dei progressi. Nonostante la corruzione, l'inefficienza burocratica, e tutti i rallentamenti dovuti alla conflittualità tipica di una democrazia, l'India sta costruendo in media 100 chilometri al giorno fra nuove superstrade e autostrade. Tanti villaggi che un tempo erano isolati dal mondo, ora entrano in comunicazione fra loro, migliorando le opportunità economiche degli abitanti. Il numero di abbonati al telefono ha raggiunto 350 milioni, e il mercato delle telecom cresce più velocemente di quello cinese. L'elefante indiano era stato a lungo criticato perché non correva abbastanza. In questa crisi sta sfoderando un tratto tipico dei pachidermi: la solidità.
Federico Rampini - laa repubblica delle donne 9 maggio 2009

sabato 9 maggio 2009

365 idee cambia-mondo

365 idee cambia-mondo

PROVOCAZIONI Smetti di mangiare gamberi, "adotta" una mina, sostieni i medici clown. Sul web e in un libro le proposte (più o meno stravaganti) per migliorare la nostra vita
A cura di Giuliano Di Caro - da "D - la repubblica delle donne - 3 maggio 2009

Non prendetelo come un breviario di bontà. Piuttosto come una ricognizione ragionata sulle iniziative più singolari che vari individui hanno messo in piedi in giro per il mondo.

365 modi per cambiare il mondo (Castelvecchi editore) dell'attivista britannico Michael Norton, è una lettura agile e benintenzionata, che spazia dal social business all'ambientalismo, dalla salute allo sviluppo economico internazionale e ai diritti umani. Un'idea al giorno, ben documentata, suggerita per migliorare il proprio stile di vita. Ecco alcune pagine di questo calendario semiserio per un'esistenza sostenibile.
7 gennaio Clicca sul sito thehungersite.com e una persona che vive in uno dei 70 Paesi più poveri del mondo riceverà una ciotola di cibo, pagata da dieci sponsor e dai proventi del merchandising. In cinque anni, duecento milioni di visitatori hanno donato trecento milioni di pasti.
11 gennaio Un'idea al giorno. Sul sito www.idea-a-day.com puoi vedere quelle finora postate ogni giorno dall'agosto del 2000. Il meccanismo è pensato per durare all'infinito. Le migliori intuizioni finora arrivate sono state pubblicate nel volume The Big Idea Book di David Owen.
16 gennaio Investi nelle altre persone. Scopri come funziona Zopa, l'esempio più famoso di prestito sociale. Il concetto è per l'economia quasi rivoluzionario: ottenere profitto senza emulare la bramosia di guadagni delle banche. Identifica la categoria di persone cui sei disposto a prestare soldi e rendi il denaro di nuovo umano.
18 gennaio Dopo aver reso il denaro più umano, fallo parlare. Scrivi con un pennarello rosso sulle banconote che stai per spendere frasi come "842 milioni di persone andranno a dormire affamate stanotte", oppure "usa il preservativo. Oggi 14mila persone verranno infettate dall'Aids".
20 gennaio Per trovare nuovi vaccini anti-Aids serve una potenza di calcolo spaventosa. Così scarica sul tuo desktop il programma "FightAIDS@home" dello Scripps Research Institute: quando non usi il tuo computer, le sue operazioni saranno al servizio della ricerca. E quando vorrai di nuovo il tuo pc tutto per te, il pacchetto con i calcoli verrà spedito allo Scripps.
3 febbraio Le connessioni wi-fi servono ai Paesi in via di sviluppo. Si progetta per esempio un risciò a forma di tempio indù, da far girare per i villaggi dell'Uttar Pradesh, in India, che mandi un segnale wi-fi per migliorare la vita della comunità. Vedi "Nepalwireless.net".
6 febbraio Unisciti (o crea) una palestra verde. Gruppi di persone che per quattro ore fanno giardinaggio e manutenzione di luoghi pubblici. Lo si fa gratis e serve a tutti. Il progetto GreenGym è nato in Inghilterra e funziona già in 70 città del Regno Unito. Diffondilo.
12 febbraio Organizza un flashmob, cioè un assembramento che sembra spontaneo ma è stato in realtà pianificato via e-mail e sms. Serve a diffondere messaggi che consideri importanti: per un pezzo sarà sulla bocca di tutti.
18 febbraio Smetti di mangiar gamberi. I Paesi in via di sviluppo ne spediscono 4 milioni di tonnellate nei Paesi ricchi. La pesca del gambero con reti a strascico danneggia gravemente la fauna marina. E il suo allevamento distrugge i campi nelle aree costiere.
15 marzo Ecobambini. Solo in Gran Bretagna si tagliano 7 milioni di alberi l'anno per i pannolini usa e getta. Passa a quelli lavabili: salverai un gran numero di foreste, e risparmierai 715 euro a pargolo.
22 marzo Raccogli la pioggia. Progetta un sistema per conservare l'acqua piovana e usarla per irrigare il giardino o lavare l'auto. Passa poi a un amico il manuale di progettazione.
1 aprile Masturbati per la pace. Fare l'amore, anche con se stessi, è meglio che fare la guerra. Inventa e distribuisci adesivi sul tema. A mezzogiorno, l'ora del tradizionale pesce d'aprile, visita il sito masturbateforpeace.com
5 aprile Organizza uno speed dating per cambiare il mondo. Riunisci un gruppo di persone, dividile a coppie, mescolale ogni 5 minuti. Ognuno darà un punteggio alle idee altrui e a fine serata il gruppo si organizzerà per mettere in pratica le trovate giudicate migliori.
17 aprile Dona le miglia aeree. Quelle accumulate dai "frequent flyer" sono diventate una nuova moneta globale: dal 1981 a oggi si calcola ammontino a un valore di 700 miliardi di dollari. Dona le tue miglia ai bambini del programma della Fondazione Make-a-Wish e aiutali a esaudire i loro desideri che iniziano con "vorrei andare a...".
19 maggio Sgancia una Google Bomb, cioè cerca di piazzare in cima alla lista un sito consultato in una ricerca su Google. Il Google Bombing può servire a rendere più visibile la tua organizzazione o la tua causa.
25 maggio Spedisci un animale a una famiglia povera, è il primo passo verso l'autosufficienza. Sia esso un maiale, un pollo o una mucca. Ti costerà tra i 20 e i 40 euro: per istruzioni, vedere i siti sendacow.org o su goodgifts.org
2 giugno Funerale verde. Mettilo tra le tue ultime volontà. Bara di cartone, sepoltura ecologica in un bosco o in un campo. Ma senza danni ambientali.
15 giugno Dona un abito elegante all'associazione Dress for Success. Chi è molto povero non ha certo i soldi per comprare un bel vestito prima di un colloquio di lavoro, e le sue possibilità di fare bella impressione e ottenere il posto sono ridotte in partenza.
8 luglio Tutti nudi. Il Baring Witness è un nuovo modo di fare campagna e sensibilizzare. Spogliatevi insieme ad altre persone e componete una parola coi vostri corpi: poi fatevi scattare una fotografia. Una foto notevole farà crescere la curiosità della stampa verso la vostra causa.
10 luglio Origami per la pace. Il primo bombardamento di uccellini di carta, oltre cento milioni, per promuovere la pace tra diversi gruppi religiosi, è avvenuto in Thailandia nel 2005. Scrivi un messaggio, trova degli amici e inizia a piegare.
14 luglio L'organizzazione Reclaim the Beach di Londra ha organizzato, senza scopo di lucro e gratis per tutti, una serie di feste sulle rive del Tamigi. Il gruppo Hijackers l'ha fatto senza preavviso sulla metropolitana, linea Circle. Scegli il posto e porta lo stereo.
19 luglio Prova una sedia a rotelle per un giorno intero. Progetti del genere esistono in moltissimi Paesi. Mettiti nei panni di un disabile e racconta le difficoltà della tua giornata ad amici, amministratori, legislatori: poi fotografa ciò che ti ha più indignato.
3 agosto Riduci le miglia che i tuoi alimenti hanno fatto per raggiungere la tua borsa della spesa, con danni notevoli all'ambiente. Le miglia alimentari sono in costante aumento per le strade percorse dalla distribuzione nei supermarket e dell'industria alimentare, che raccoglie ingredienti da diverse nazioni. Non comprare cibi che abbiano fatto più di cento miglia (160 km): farai anche felice la drogheria del tuo quartiere.
2 ottobre Vacanze ambientaliste: per esempio si possono monitorare le tartarughe in Thailandia, Grecia o sull'isola di Grenada, fare ricerche sui primati a rischio in India, o costruire sentieri in Islanda.
5 novembre Adotta una mina. Ce ne sono circa 100 milioni sotterrate nel mondo. Con Adopt a Minefield, il primo giovedì di novembre migliaia di persone aprono le loro case per il fundraising. Bonificare un metro quadrato costa circa una sterlina.
15 novembre Unisciti alla Biotic Baking Brigade e lancia torte in faccia a politici e personaggi pubblici vari per far sentire con humour il tuo dissenso. Bill Gates, Renato Ruggiero, Ronald McDonald ne sanno qualcosa.
19 novembre Ferma la pornografia infantile. I pedofili sul web stanno diventando più furbi, audaci, creano vere e proprie comunità. Diventa un poliziotto della rete, unisciti alle associazioni che setacciano il web per fermare questo mostruoso business.
16 dicembre Sostieni i medici clown. L'umorismo riduce il dolore e lo stress. Se pensi di averne i requisiti, scarica il manuale da www.humourfoundation.com.au e diventa medico-clown nel tempo libero. Altrimenti puoi fare una donazione a www.riderepervivere.org
28 dicembre Preparati al Capodanno vendendo su e-Bay vecchi oggetti che non ti servono. Farai un favore al tuo sgabuzzino e potrai usare i soldi ricavati per cause che ti stanno a cuore. Inizia già oggi a pensare a come il 31 dicembre potrai coinvolgere l'intera comunità in una parata di lanterne.

Sognate in prima persona.
Signor Norton, lei vanta 40 anni d'esperienza come attivista per un mondo migliore: ha iniziato facendo l'insegnante di inglese per immigrati in Inghilterra, poi è diventato organizzatore di reti a supporto di Ong, fundraiser, project manager, infine autore.
Perché oggi è il tempo dell'everyday activism? "Perché il cambiamento non è teoria, è pratica. È realizzare idee; oggi abbiamo i mezzi e la sensibilità per farlo. Niente cambierà senza che qualcuno decida di farlo già in prima persona. Il libro è un modo per incoraggiare gli individui a cambiare qualcosa della loro vita quando fanno acquisti, navigano in rete, parlano con gli amici, consumano energia, e si scontrano con tutti gli "ismi" contemporanei: razzismo, sessismo, terrorismo, guerra al terrorismo. Nel mondo ci sono tante persone con idee brillanti, potenzialmente rivoluzionarie. Sarà la somma di questi atti spontanei, immaginativi, a fare la differenza".
Questo conterà di più dell'azione politica o di quella delle associazioni ambientaliste? "In politica è molto più complicato seguire fino in fondo il valore trasformativo di un'idea. Molte grandi organizzazioni, come Amnesty o Greenpeace, ormai sono prigioniere della loro stessa prassi, chiedono soprattutto soldi e visibilità. Conosco un ragazzo che a 23 anni s'è trasferito dalla Gran Bretagna all'Uganda per creare una scuola superiore. Nel giro di 3 anni ne ha aperte altre 15. Diversamente dagli altri, aveva pensato: che succede quando in un Paese povero l'attivismo copre l'educazione elementare ma non guarda oltre? Dubito che dentro un'organizzazione nota avrebbe avuto l'opportunità di condurre il progetto alla sua maniera. Il mio lavoro è rendere possibili, di successo tali iniziative, coinvolgendo più giovani possibili. Così non mi stanco di ripetere: l'idea è tua, è nelle tue mani". Il suo libro fa anche il punto sulla complessa costellazione dell'attivismo globale legato ai temi più disparati. Ogni pagina rimanda un'idea, documenta com'è stata realizzata. "Sì, perché letteralmente non si sa mai che può succedere. Le idee sono virali, contagiose, nascono dagli individui e ne raggiungono altri. Un lettore m'ha scritto che dopo aver cliccato su un sito che pianta alberi nella foresta pluviale è diventato un esperto. S'è documentato, ha coinvolto amici, parenti: è un microcosmo di impegno e idee per il futuro".
Che progetti sta seguendo in questo periodo? "Stiamo producendo bottiglie di acqua vuote sostenibili, che venderemo per il fundraising. E ci stiamo dedicando alla diffusione del social business. Inoltre, diamo sostegno all'italiana Isabella Lapenna, miglior giovane imprenditrice del 2008 in Gran Bretagna, impegnata in un progetto nelle scuole inglesi: ogni classe diventa una piccola banca e gli alunni l'amministrano, imparando i meccanismi del sistema finanziario in modo concreto, responsabile. Questi bambini un giorno forse guideranno istituzioni importanti secondo criteri di trasparenza che i banchieri di oggi hanno colpevolmente ignorato. Come dicevo, non si sa mai".
Il suo sito, 365act.com, sta diventando una miniera d'oro per la sensibilizzazione, il supporto di iniziative cambia- mondo. Ha anche una Banca delle Idee cui tutti possono attingere. Il web è l'arma più potente dei sognatori, oggi? "C'è chi clicca su un sito che dona una ciotola di riso per ogni visita, coinvolgendo altre persone: poi si trovano tutti una volta al mese, a cena, per discutere di nuove idee e soluzioni possibili ai temi a cui si sono appassionati. O il signore che decide di dimezzare le emissioni di CO2 di casa sua e apre un sito per raccontarlo. Con Internet quell'idea, e molte altre, anche più bizzarre e sorprendenti, possono arrivare in un lampo dall'altra parte del globo. Col web ne ho già raccolte e documentate altre 500. Il mio prossimo libro racconterà proprio quest'aspetto: come usare in maniera più efficiente la Rete per cambiare il mondo. Imparando dagli utenti più fantasiosi...".

giovedì 7 maggio 2009

Dall'era dei consumi alla politica sobria

Dall'era dei consumi alla politica sobria
LA MISURA DEI DESIDERI
JOHN LLOYD

Dopo una lunga ubriacatura stiamo cambiando mentalità è arrivato per tutti noi il momento di diventare sobri

Nel suo ultimo e incisivo libro intitolato É la stampa, bellezza!, Giorgio Bocca scrive qualcosa di particolarmente pungente e severo sulla natura della pubblicità odierna: «Essa è creatrice inarrestabile di desideri e di consumi, la potentissima locomotiva che trascina il genere umano verso nuove guerre e, forse, verso l'autodistruzione».
La sua previsione è forse eccessiva, ma riflette una paura crescente che la crisi in corso ha messo in particolare evidenza. Il timore è quello di aver superato un limite, oltre il quale non ci stiamo più limitando a consumare, ma stiamo intaccando il nostro futuro e quello dei nostri figli. Siamo imprigionati in un sistema globale la cui legittimità politica dipende dalla capacità di assicurare standard di vita sempre più alti e di consumare sempre di più. Ciò vale ovunque e per tutti, dalla nuova politica democratica di Barack Obama al regime capitalista-comunista cinese; dal politico miliardario Silvio Berlusconi che ride sempre al sempre cupo scozzese presbiteriano Gordon Brown; dalla caotica democrazia indiana al serpeggiante autoritarismo russo. Ovunque le élite politiche fanno sempre più promesse.
Il grande toccasana della nostra epoca è stato il costante incremento degli standard materiali, che ha attenuato le ineguaglianze tra i nostri Paesi - che si sono acuite enormemente - offrendo la speranza di un futuro migliore alle gene-razioni successive. Noi che continuiamo ad arricchirci sempre più osserviamo con commiserazione i meno fortunati che, soprattutto in Africa, combattono guerre genocide, scatenate in primis da miseria e povertà.
L'improvviso abbassarsi dei nostri standard di vita ci trasmette tuttavia qualcos'altro: noi abitanti dei Paesi ricchi forse non torneremo mai alla ricchezza in costante crescita che davamo facilmente per scontata; i nostri privilegi nascevano dal presupposto di avere alle nostre dipendenze manodopera a basso costo proveniente dall'Europa dell'Est, dalla Cina, dall'India e dalle Filippine. Quella manodopera così a buon mercato è composta anch'essa di consumatori, e i loro governi devono assicurare loro di più. Il loro "più" è il nostro "meno".
L'atteggiamento che ben si confaceva all'era dei consumi era l'edonismo, i cui simboli esteriori sono le automobili di grossa cilindrata, gli schermi al plasma di dimensioni esorbitanti, gli abiti firmati, le vacanze in centri di villeggiatura di lusso. Inizia invece ora a farsi strada una nuova mentalità che deve essere presa sul serio: mi riferisco alla sobrietà, alla moderazione, alla semplicità. Da sempre prerogativa di coloro che hanno abbracciato stili di vita "alternativi" - movimenti "Verdi", figure religiose, perfino alcuni socialisti - alla maggior parte di noi è sempre parsa eccentrica e naif, ma... se avessero ragione?
A noi tutti che abitiamo nei Paesi ricchi è stato lanciato il seguente messaggio: è vero, dovremo affrontare uno o due anni difficili, ma poi la crescita tornerà. Ma è altrettanto verosimile che la crescita possa non tornare come prima e che la politica che ne conseguirà possa non essere più dominata dall'opposizione della sinistra e della destra, bensì dalla necessità di abbassare le aspettative. Ci serve una nuova politica, il cui successo dipenderà da un nuovo atteggiamento collettivo, che ben si esprime nel concetto di " sobrietà". Proprio come chi è sbronzo è incurante di sé e di ciò che lo circonda, così chi è sobrio è invece in grado di mostrare attenzione per sé e per la società. Dopo una lunga ubriacatura, è arrivato per noi tutti il momento di diventare sobri. Sarà difficile, ma probabilmente non avremo alternative.
(traduzione di Anna Bissanti)
da "la repubblica" martedi 28 aprile 2009

Quei discutibili incentivi per le biciclette

Dalle lettere al direttore - repubblica giovedi 8 maggio

Marco Sabatini
marcomarcoab@libero.it
Trovo assurda la modalità con la quale sono stati previsti incentivi per l'acquisto di biciclette e ciclomotori. Si sono stanziati 8,75 milioni di euro e per le biciclette è stato previsto uno sconto del 30 per cento fino ad un massimo di 700 euro. In tal modo, anziché favorire la mobilità ciclistica, si è consentito ai virtuosi delle bici costose di risparmiare fino a 700 euro per una bici da oltre 2000 euro. Visto che una bici normale costa anche meno di lOO euro per consentire a più persone di acquistarne una, favorendo l'uso delle due ruote, si sarebbe dovuto prevedere uno sconto di 50-100 euro. Ne avrebbero goduto più persone, in particolare quelle che la bici non ce l'hanno.