sabato 27 febbraio 2010

Nel paese di Mario e il Mago

Gentile Augias, sono un cittadino dell' Italistan.
Vivo a Milano 2, in un palazzo costruito dal presidente del Consiglio.
Lavoro a Milano in un' azienda di cui è azionista il presidente del Consiglio.
L'assicurazione dell' auto è del presidente del Consiglio, come l' assicurazione della mia previdenza integrativa.
Compro il giornale, di cui è proprietario il presidente del Consiglio, o suo fratello, che è lo stesso.
Vado in una banca del presidente del Consiglio.
Esco dal lavoro faccio spese in un ipermercato del presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal presidente del Consiglio.
Se decido di andare al cinema, ho una sala del circuito di proprietà del presidente del Consiglio dove guardo un film prodotto e distribuito da una società del presidente del Consiglio (questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal presidente del Consiglio).
Se rimango a casa, guardo la tv del presidente del Consiglio con decoder prodotto da società del presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del presidente del Consiglio sono interrotti da spot realizzati dall' agenzia pubblicitaria del presidente del Consiglio.
Faccio il tifo per la squadra di cui il presidente del Consiglio è proprietario. Guardo anche la Rai, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il presidente del Consiglio ha fatto eleggere.
Se non ho voglia di tv, leggo un libro, la cui editrice è di proprietà del presidente del Consiglio.
È il presidente del Consiglio a predisporre le leggi approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti e/o avvocati del presidente del Consiglio, il quale governa nel mio esclusivo interesse. Per fortuna!

Antonio Di Furia antoniodifuria2@alice.it

Questa lettera è ovviamente un apologo, ma come spesso succede, rispecchia la possibile verità di una vita che potrebbe svolgersi proprio come il signor Di Furia scrive. Una volta si diceva che Torino era una città Fiat-dipendente nel senso che ogni attivitàe ogni passatempo (compreso il calcio) facevano capo a quella grande industria. Oggi potremmo dire che l' intera penisola dipende in qualche modo dalle attività del presidente del Consiglio. Cosa che, in questa parte del mondo, succede solo da noi. Perché? Perché l' uomo, per tanti aspetti goffo fino al ridicolo, possiede indubbia genialità, e altrettanta sfrontatezza, quando si tratta dei suoi affari. Ma abilità e sfrontatezza non sarebbero bastate se non si fosse trovato davanti un popolo provato da anni di corruzione e di cattiva politica, pronto a consegnarsi al ' mago' che pareva tirar fuori dal cilindro la soluzione di ogni problema. C' è una bella novella di Thomas Mann che bisognerebbe rileggere: ' Mario e il mago', appunto.
CORRADO AUGIAS c.augias@repubblica.it

La prova delle menzogne

l'atto conclusivo del processo Mills documenta che, al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c'è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa

di GIUSEPPE D'AVANZO


DAVID MILLS è stato corrotto. È quel che conta anche se la manipolazione delle norme sulla prescrizione, che Berlusconi si è affatturato a partita in corso, lo salva dalla condanna e lo obbliga soltanto a risarcire il danno per il pregiudizio arrecato all'immagine dello Stato. Questa è la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione. Per comprenderla bisogna sapere che la corruzione è un reato "a concorso necessario": se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore.

Per apprezzare la decisione, si deve ricordare che cosa ha detto, nel corso del tempo, Silvio Berlusconi di David Mills e di All Iberian, l'arcipelago di società off-shore creato dall'avvocato inglese. "Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l'esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario" (Ansa, 23 novembre 1999). "Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l'Italia" (Ansa, 20 giugno 2008). Bisogna cominciare dalle parole - e dagli impegni pubblici - del capo del governo per intendere il significato della sentenza della Cassazione.

Perché l'interesse pubblico della decisione non è soltanto nella forma giuridica che qualifica gli atti, ma nei fatti che convalida; nella responsabilità che svela; nell'obbligo che oggi incombe sul presidente del Consiglio, se fosse un uomo che tiene fede alle sue promesse.

Dunque, Berlusconi ha conosciuto Mills e, come il processo ha dimostrato e la Cassazione ha confermato (il fatto sussiste e il reato c'è stato), All Iberian è stata sempre nella sua disponibilità. Sono i due punti fermi e fattuali della sentenza (altro è l'aspetto formale, come si è detto). Da oggi, quindi, il capitolo più importante della storia del presidente del consiglio lo si può raccontare così. Con il coinvolgimento "diretto e personale" del Cavaliere, David Mills dà vita alle "64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest". Le gestisce per conto e nell'interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle "fiamme gialle" corrotte), Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere da quella galassia di cui l'avvocato inglese si attribuisce la paternità ricevendone in cambio "somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali" che lo ricompensano della testimonianza truccata.


Questa conclusione rivela fatti decisivi: chi è Berlusconi; quali sono i suoi metodi; che cosa è stato nascosto dalla testimonianza alterata dell'avvocato inglese. Si comprende definitivamente come è nato, e con quali pratiche, l'impero del Biscione; con quali menzogne Berlusconi ha avvelenato il Paese.

Torniamo agli eventi che oggi la Cassazione autentica. Le società offshore che per brevità chiamiamo All Iberian sono state uno strumento voluto e adoperato dal Cavaliere, il canale oscuro del suo successo e della sua avventura imprenditoriale. Anche qui bisogna rianimare qualche ricordo. Lungo i sentieri del "group B very discreet della Fininvest" transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che ricompensano Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi mentre, in parlamento, è in discussione la legge Mammì. In quelle società è occultata la proprietà abusiva di Tele+ (viola le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le "fiamme gialle"); il controllo illegale dell'86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l'acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche. Da quelle società si muovono le risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma (assicurano al Cavaliere il controllo della Mondadori); gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favoriscono le scalate a Standa e Rinascente.

Dunque, l'atto conclusivo del processo Mills documenta che, al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c'è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.

La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l'efficienza, la mitologia dell'homo faber, l'intero corpo mistico dell'ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell'illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.

E' la connessione con il peggiore passato della nostra storia recente che, durante gli interminabili dibattimenti del processo Mills, il capo del governo deve recidere. La radice del suo magnificato talento non può allungarsi in quel fondo fangoso perché, nell'ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell'infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della "società dell'incanto" che lo beatifica. Per scavare un solco tra sé e il suo passato e farsi alfiere credibile e antipolitico del nuovo, deve allontanare da sé l'ombra di quell'avvocato inglese, il peso di All Iberian. È la scommessa che Berlusconi decide di giocare in pubblico. Così intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, responsabile di fronte agli elettori, e il suo passato di imprenditore di successo. Se quel passato risulta opaco perché legato a All Iberian, di cui non conosce l'esistenza, o di David Mills, che non ha mai incontrato, egli è disposto a lasciare la politica e addirittura il Paese. Oggi dovrebbe farlo davvero perché la decisione della Cassazione conferma che ha corrotto Mills (lo conosceva) per nascondere il dominio diretto su quella macchina d'illegalità e abusi che è stata All Iberian (la governava). Il capo del governo non lo farà, naturalmente, aggrappandosi come un naufrago al legno della prescrizione che egli stesso si è approvato. Non lascerà l'Italia, ma l'affliggerà con nuove leggi ad personam (processo breve, legittimo impedimento), utili forse a metterlo al sicuro da una sentenza, ma non dal giudizio degli italiani che da oggi potranno giudicarlo corruttore, bugiardo, spergiuro anche quando fa voto della "testa dei suoi figli".

Repubblica, 26 febbraio 2010

Ognuno, Qualcuno, Ciascuno, Nessuno

Questa è la storia di quattro persone chiamate Ognuno, Qualcuno, Ciascuno, Nessuno.
C'era un lavoro urgente da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto.
Ciascuno avrebbe potuto farlo, ma Nessuno lo fece. Finì che Ciascuno incolpò
Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ognuno avrebbe potuto fare.

Anonimo

venerdì 26 febbraio 2010

un vaffanculo al TG1

Comunque la si pensi, l'informazione del TG1 è una vera schifezza.

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"Adesso lo dice anche la Corte di Cassazione. Davvero il testimone inglese David Mills è stato corrotto dal premier, Silvio Berlusconi, per mentire in tribunale." Peter Gomez, FQ 26-2-2010.
Il Tg1 di Minzolini delle 13.30 dice l'esatto contrario, parla di: "sentenza di assoluzione" per Mills.
vedi qui il video
Il Tg1 ha mentito. Minzolini ha due opzioni: fare una immediata rettifica o essere denunciato.
Nel frattempo date un colpo di telefono alla redazione del TG1 per mandargli un vaff senza prescrizioni: tel: 06 - 33173744.

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petizione all'orsine dei giornalisti:

La dignità dei giornalisti e il rispetto dei cittadini
Category:
Common Interest - Activities
Description:
Al Presidente dell'Ordine dei Giornalisti
Lorenzo Del Boca
e p.c.
al Direttore tg1 Augusto Minzolini
e al Presidente della Rai Paolo Garimberti

oggetto: segnalazione grave violazione deontologia professionale.

Caro Presidente, ti scrivo a nome mio e credo di tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e la dignità della professione giornalistica in questo Paese. Premetto subito che qui non si tratta di destra o sinistra, della legittimità o meno del direttore del Tg1 di esporre la sua linea editoriale (personalmente credo che il direttore di un tg abbia il diritto di dire il suo pensiero, la sua opinione). Qui si tratta di deontologia professionale e della funzione fondamentale del giornalismo. Ieri il tg1 delle 13.30 come sai ha dato una notizia falsa. Ecco credo che nessuno di noi possa e debba accettare questo. Mi aspetto quindi una reazione esemplare dell'Ordine rispetto a un episodio che umilia la professione giornalistica e i cittadini.

"Certo che per dire in un tigì, o scrivere su un giornale, che "Mills è stato assolto", spacciando la prescrizione di un reato accertato per "assoluzione", bisogna essere dei bei mascalzoni. Non dico faziosi, o manipolatori, o servi, dico proprio mascalzoni perché per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni, di passione politica. è proprio una frode, una lurida frode che non descrive più l'aspra dialettica di un paese spaccato, descrive qualcosa di molto peggiore: l'impunità conclamata di chi mente con dolo, con metodo, con intenzione, sicuro di non doverne rispondere ad alcuno (all'Ordine dei giornalisti? è più realistico sperare che intervenga Batman).
Per altro in un Paese di impuniti, perché proprio i giornalisti dovrebbero essere esentati dal privilegio di poter sparare bugie e ingannare la pubblica opinione senza conseguenze? Molti dei loro padroni e dei loro referenti politici negli ultimi vent'anni hanno perseguito con ogni mezzo, e ampiamente sperimentato, il piacere dell'impunità. Se ne sentono partecipi anche i loro impiegati" Michele Serra

Fa male anche a voi come a me questa riflessione? Ecco caro Presidente Del Boca io come cittadina mi aspetto da parte dell'Ordine un provvedimento nei confronti di quel giornalista che ha palesemente violato il principio deontologico per eccellenza: raccontare la verità. Mi aspetto caro Presidente Garimberti e caro Direttore Minzolini le scuse del tg1 e la rettifica.

domenica 21 febbraio 2010

ponte sullo stretto di Messina

In silenzio, la società Stretto di Messina
ha aumentato di oltre un miliardo (il 28 per cento
in più) il compenso previsto per il consorzio guidato da Impregilo.
Risultato? Le penali da pagare all'impresa se l'opera non si farà
saranno più alte.
E per ora, dopo la posa della prima pietra, la seconda non l'ha mai
messa nessuno


Messina. Vinci un superappalto e cinque anni dopo ti ritrovi con un contratto nuovo. Ancora più «super».
Che il Ponte sullo Stretto sia un'opera dal costo faraonico è noto.
Ciò che ancora non si sa è che Eurolink, il consorzio con capofila Impregilo che dovrà unire Scilla e Cariddi, s'è visto riconoscere a settembre dalla società Stretto di Messina una maggiorazione sul compenso altrettanto faraonica: un miliardo e 90 milioni in più rispetto al corrispettivo pattuito nel 2005. Che è lievitato da quasi 4 miliardi di euro (3.879.600, per l'esattezza) a 4.969.530. E tutto questo senza aver mosso una pietra.
Con l'effetto non solo di annullare il ribasso del 12% con cui il cartello di imprese - che comprende anche Condotte, Cmc, la spagnola Sacyr e la giapponese IsWga-wa - si era aggiudicata la gara, ma addirittura di accrescere il compenso in misura più che doppia rispetto allo stesso ribasso.
Il nuovo corrispettivo è fissato nella relazione di aggiornamento del piano finanziario dell'opera, firmato dall'amministratore delegato della Stretto di Messina e presidente dell'Anas Piero Ciucci e inviato per conoscenza al governo. Nella relazione, Ciucci sdogana la maggiorazione con la necessità di adeguare il valore di base definito con la gara alla dinamica dei prezzi e dei costi intervenuta e prevista tra il 2002 (chiusura del progetto preliminare) e il 2011, data presunta dell'approvazione del progetto definitivo. Che, è bene ricordare, non c'è ancora. Nel documento, non mancano i punti che lasciano perplesso più di un economista.
A partire da Guido Signorino, ordinario di Economia applicata all'Università di Messina e membro del Centro studi per l'area dello Stretto Fortunata Pellizzeri. Che osserva: «In poco tempo, mentre non si è mossa una ruspa, la commessa è lievitata del 28%, anche se, nello stesso periodo, la dinamica dei prezzi ha raggiunto record secolari di stabilità». Che cosa hanno fatto, invece, alla Stretto di Messina? Un esempio utile è quello dell'acciaio: l'accordo giustifica l'aumento del corrispettivo citando anche «l'eccezionale aumento dei prezzi registrato tra il 2003 e il 2004» e l'andamento dell'inflazione intervenuta e attesa nel periodo 2002-2011.
Curioso che la valutazione dei prezzi si proietti al 2011, mentre quella dei costi si fermi al 2004.
Se la Stretto di Messina avesse considerato l'andamento del costo dell'acciaio fino al 2009, avrebbe scoperto che questo è calato di molto, e che le stime del trend di domanda e offerta fino al 2011 dovrebbero far prevedere un assestamento su un valore molto più basso di quello del 2004.
Le perplessità, però, non finiscono qui. Stranamente, il corrispettivo dei lavori cresce di oltre un miliardo, mentre la stima del valore finale dell'opera - che include gli oneri finanziari - aumenta di soli 200 milioni, passando da 6,1 a 6,3 miliardi. Insomma, se da un lato è aumentata del 28% la somma da versare all'impresa, dall'altro il valore stimato del Ponte è cresciuto solo del 3,3. Una contraddizione che si può spiegare così: aumentare il valore dell'opera oltre i 6,3 miliardi avrebbe significato esporsi alle critiche di chi sostiene già adesso che l'investimento è troppo costoso e non remunerativo. Resta poi da spiegare per quale motivo in questi anni la Stretto di Messina non abbia ridotto il valore finale dell'opera, proporzionandolo al ribasso offerto dalla cordata vincitrice. La Corte dei Conti informa, infatti, che nel 2008 la società indicava ancora un costo finale pari a circa 6 miliardi, quando il ribasso offerto da Impregilo avrebbe dovuto far scendere il valore attorno ai 5 e mezzo. Secondo Signorino, questa scelta potrebbe significare che il ribasso col quale il consorzio ha vinto la gara era eccessivo: «Stretto di Messina ha tenuto invariata la stima del costo finale dell'opera, quando avrebbe fatto meglio a rifiutare l'offerta». In proposito, è il caso di ricordare che l'appalto fu impugnato al Tar da Astaldi, che aveva partecipato alla gara, e che il suo presidente Vittorio Di Paola dichiarò come «sul maxi ribasso di Impregilo» bisognasse riflettere. Ma il ricorso non andò avanti, perché il governo Prodi dichiarò il Ponte opera non più prioritaria, facendo venir meno l'oggetto del contendere.
Un altro aspetto da ricordare è che per anni si è paventato di dover pagare a Eurolink penali pesantissime nel caso in cui l'opera fosse stata fermata dal governo senza mai arrivare al progetto definitivo. In realtà, afferma Ciucci, al consorzio non sarebbero dovute penali qualora venisse intimato l'alt anche dopo aver ricevuto il progetto definitivo e quello esecutivo: le penali sono invece dovute se lo stop avvenisse anche un solo giorno dopo l'inizio dei lavori.
E qui si apre un'altra questione. Per il governo, i lavori del Ponte sono ufficialmente iniziati il 23 dicembre, con la prima pietra del progetto di spostamento di un binario nella frazione Cannitello di Villa San Giovanni. Si tratta di un'opera che avrebbero dovuto eseguire le Ferrovie e che, invece, il Cipe ha dichiarato a luglio di competenza della Stretto di Messina, «calandola» nel progetto Ponte. Il 23 dicembre le ruspe hanno iniziato a lavorare, fermandosi subito dopo per la pausa natalizia. Da allora il cantiere non è avanzato. Né poteva essere altrimenti, visto che dell'opera non esiste il progetto definitivo né la relativa variante urbanistica è mai stata approvata. Anzi, la Regione Calabria ha fatto ricorso al Tar e alla Corte costituzionale, lamentando di non essere stata sentita prima che il Cipe classificasse l'opera come preliminare al Ponte (al quale la giunta calabrese di centrosinistra si oppone).
Ma c'è di più: il terreno su cui le ruspe hanno lavorato per qualche giorno non è ancora stato espropriato, come confermano i proprietari. Eppure, su questo bluff Eurolink potrebbe fondare la futura pretesa di penali. Calcolate sul nuovo corrispettivo astronomico.
Paolo Casicci
Il Venerdi di repubblica 12 febbraio 2010

Come si risolve la guerra di Troia

Come si risolve la guerra di Troia
di Jacques Delpla


Nonostante la paura che serpeggia nei mercati, la Grecia non dichiarerà default sul debito. Perché? Perché se si desse avvio a una iniziativa multilaterale di pace tra Grecia, Turchia e Cipro con il sostegno dell'Europa e degli Usa, impegnandosi diplomaticamente, la Grecia potrebbe facilmente ridurre la spesa militare per l'equivalente di 3 punti del Pil. Diversamente da Portogallo o Irlanda, la pace beneficerebbe la Grecia con notevoli dividendi da destinare alla riduzione dei suoi colossali deficit.


I greci sono in guerra con i popoli dell'Anatolia da più di tre millenni: dalla guerra di Troia a quella greco-turca del 1919-1922, all'invasione di Cipro nel l974. A causa della storia, la spesa militare ammonta in Grecia al 4,3% del Pil, in Turchia al 5,3 e a Cipro al 3,8, mentre si aggira tra 1'1 e l'l,5% nei paesi della Ue pi piccoli. L'unica giustificazione per le enormi spese della difesa greche è la Turchia.

Se il nuovo governo greco è serio sui deficit, dovrà ridurle. Ridimensionandole dal 4,3% del Pil all'l in qualche anno si tradurrebbe in un risparmio permanente pari al 3,3% del PiI, vale a dire, un terzo del gap fiscale greco. Come si otterrebbe questa pace? Intanto coinvolgendo Europa e Usa. Gli Usa (e la Nato) e la Ue fornirebbero alla Grecia e alla Turchia le garanzie per una fiducia e una sicurezza reciproca e sosterrebbero e monitorerebbero il disarmo bilaterale. Per tagliare i costi, i tre paesi dovrebbero abolire la leva militare. Il denaro farebbe il resto. Le famiglie cipriote costrette all'esodo nel 1984 dovrebbero essere risarcite; e infine, dovrebbero essere elargiti incentivi all'esercito turco e al coloni insediatisi nel nord di Cipro per un loro rientro in Anatolia.

-. Chi si sobbarcherebbe il conto?

Grecia e Turchia non hanno le risorse e gli USA sosterrebbero che pagano già per la Nato.Come al solito,il costo ricadrebbe sulla Ue, ma sarebbe denaro ben speso: perché il fine sarebbe la pace; perché il costo di una pace duratura sarebbe molto più conveniente di quello del salvataggio del governo greco; e infine perché non si violerebbe la clausola contro i salvataggi del Trattato (Art. 125), evitando così di creare un precedente. E i costi/benefici? Sulla base delle previsioni Eurostat per il Pil 2011 (in euro: Cipro 19 miliardi, Grecia250 miliardi, Turchia5l0 miliardi):

- la riduzione permanente delle spese militari greche dall'attuale 4,3% del Pil all' 1,0 equivarrebbe a una riduzione del debito pubblico di circa 35 punti del Pil in 10 anni. La spesa militare turca scenderebbe dal 5,3% al 3,0, abbassando quindi il debito turco di 25 punti. Se il governo greco onorasse il pacchetto fiscale annunciato, ciò dovrebbe bastare per stabilizzare le aspettative sulla sostenibilità del debito greco;

- la Ue destinerebbe a ciascun Paese l'equivalente di un anno di spese militari: 8 miliardi di euro alla Grecia, pari al 3,3% del suo Pil; e 12 miliardi di euro allaTurchia, pari al2,3% del Pil turco; ed elargirebbe a Cipro una una tantum equivalente al l0%, ossia 2 miliardi di euro, per compensi vari.

Porre fine alla guerra di Troia costerebbe alla Ue complessivamente 22 miliardi di euro, ovvero, lo 0,15% del Pil annuo o il 15% del bilancio. In altre parole, noccioline in cambio della pace e della permanenza della Grecia nell'Eurozona. Che non sia arrivato il momento per una risoluzione della guerra di Troia e per una nuova visita della principessa Europa in Grecia?

da repubblica, 11 febbraio 2010

cioccolato

Cioccolato

Giraudi
Castellalo Bormida (Al)
Nel 1907 la Pasticceria Giraudi {foto in alto) nasce come mulino e forno per la panificazione. Nei primi anni 60 arriva la decisione di introdurre anche la lavorazione del cioccolato, oggi fiore all'occhiello della pasticceria O Tra le specialità, schiacciatine, tavolette, cioccolatini, Nugatelli (torroncini ricoperti di cioccolato), Mandrugnin al liquore, frutta secca al cioccolato, cioccolati con spezie Tel. 0131.275563

Marco Vacchieri Rivalta(To)
Si trova nel cuore del paese e si estende su 170 mq, con cinque vetrine e due laboratori. La pasticceria Vacchieri (foto a destra), fondata da Marco, propone praline assortite, biscotti (sfogliatelle, amaretti, melighe...), torte meringate e tavolette di ogni tipo © Da non perdere gli «ale sala» (cioccolatini salati con pomodoro e origano; ceri e rosmarino; pistacchio e mais; patate ed erbette) © Tei. 011.9090249