mercoledì 4 giugno 2008

fotovoltaico a stelle e strisce

Da "Il sole 24 ore" Giovedí 22 Maggio 2008
ENERGIE RINNOVABILI: UN MAXI-PIANO USA QUARANTENNALE DA 420 MILIARDI DI DOLLARI

Fotovoltaico a stelle e strisce
Chi ha superato gli anta ricorderà forse le prime pesanti critiche mosse allo sfruttamento dell'energia solare. Si affermava che la tecnologia fosse antieconomica e che per rispondere alle richieste dell'umanità non sarebbe bastato coprire di pannelli ampie regioni del pianeta. Il solare, si diceva, andava bene tuttalpiù per usi privati o spaziali, lontano comunque dalla rete elettrica. Da allora molte cose sono cambiate in termini tecnici e congiunturali.
L'economia petrolifera e lo sviluppo industriale di Cina e India ci stanno proiettando verso una seconda crisi energetica mondiale, aggravata da questioni ambientali e geopolitiche. Senza energia non si produce ricchezza e aumenta il rischio bellico.
In questo contesto critico la fonte solare è guardata sempre più con interesse, al punto che negli Usa è stato condotto uno studio di fattibilità che, partendo dal 2011 e considerando un incremento nei consumi energetici dell'1% l'anno, prevede entro il 2050 la fornitura del 70% del fabbisogno elettrico nazionale per mezzo di soli impianti
solari. Sono inclusi nello scenario 350 milioni di veicoli ibridi

capaci di ricaricarsi dalla rete. I leader dell'immane progetto sono
Ken Zweibel, James Mason e Vasilis Fthenakis, tre fra i massimi
esperti di energia solare e fonti rinnovabili.
Naturalmente, tutto ha un costo. Il piano specifica gli interventi a
carico del governo Usa, articolati in acquisti di tecnologia,
prestiti, agevolazioni finanziarie e tasse nella bolletta. Si calcola
un investimento complessivo diluito nel tempo di 420 miliardi di
dollari, un importo paragonabile alle perdite americane della crisi
dei subprime. Non è certo una scommessa indifferente, ma la prima
potenza mondiale ha le spalle abbastanza larghe per affrontarla. Dal
2020 la crescita della tecnologia dovrebbe autosostentarsi, sino a
consentire un prezzo medio di 6 centesimi per kilowattora, meno di
adesso.
Gli sforzi sarebbero dunque ripagati e in più si avrebbe una lunga
serie di ricadute positive. Gli Usa si svincolerebbero in larga misura
dal petrolio il cui prezzo pare in ascesa incontrollata, la diminuita
competizione per lo stesso agevolerebbe rapporti internazionali
distesi e risparmi sul piano militare, centinaia di inquinanti
centrali a carbone verrebbero chiuse, la produzione solare non
comporterebbe gas serra e consumi idrici, il rischio tecnologico
sarebbe nullo e verrebbero creati tre milioni di posti di lavoro,
svariate volte la quantità di quelli persi nello sfruttamento dei
combustibili fossili. Non bisogna infine dimenticare che la radiazione
del Sole è gratis. Seguendo questo orientamento, entro il 2100 gli Usa
potrebbero contare su fonti rinnovabili per il 100% della corrente e
il 90% dell'energia totale (trasporti inclusi).
Per l'erogazione dei preventivati 3.500 miliardi di watt di potenza
totale occorrono 120mila km quadrati di suolo ben irraggiato, un'area
colossale pari quasi a quella coperta dalla Grecia. Ma questo spazio
impiantistico è disponibile: nel sud-ovest degli Usa 650mila km
quadrati liberi e per lo più privi di valore agricolo sono soleggiati
tutto l'anno. Senza contare che la tecnologia tradizionale del carbone
occupa per ogni watt generato uno spazio più esteso, per via delle
miniere di estrazione.
La rete elettrica è attualmente alimentata da centrali distribuite sul
territorio e, in genere, prossime ai consumi principali. L'opzione del
solare presuppone invece una connessione a raggiera di tutte le utenze
a partire dal sud-ovest del Paese per un totale di 800mila km di
linee. Il trasporto avverrebbe in corrente continua, non più
alternata, giacché questa soluzione contiene meglio le dispersioni su
lunghissima distanza e garantisce per carichi elevati una superiore
stabilità rispetto ai blackout.
Oltre allo spazio, un altro elemento chiave del piano è la resa futura
del solare. Se le prime celle fotovoltaiche avevano un rendimento di
pochi punti percentuali, solo nell'ultimo anno la loro efficienza è
cresciuta dal 9% al 10 per cento. Il progetto Usa fa i conti con un
rendimento del 14%, un traguardo non solo raggiungibile entro il 2050,
ma persino cautelativo. Analogo discorso vale per i costi di
produzione, ridimensionati dalle economie di scala e dal progresso.
Qualunque fornitore di elettricità deve fare i conti con un'utenza
incostante, immagazzinando l'energia per non disperderla. Il sistema
principale di stoccaggio è attualmente costituito dal pompaggio
dell'acqua nei grandi invasi delle installazioni idroelettriche. La
tecnologia del solare introdurrebbe un'ulteriore variabilità nella
gestione del carico, dato che non si può trasferire energia di notte o
a cielo coperto. Il piano Usa prevede il riempimento di volumi (come
caverne o miniere in disuso) mediante aria compressa la quale, una
volta liberata, concorrerebbe a muovere una turbina che restituisce
elettricità.
Importanti programmi per il solare sono in attuazione in Germania e in
Giappone. Quello Usa dischiude senz'altro prospettive grandiose,
eppure del tutto realistiche. Se verrà posto in essere dipenderà dalla
"testa" dei politici e dalla loro cedevolezza alla pressione delle
lobby petrolifere, intente a imporre la vendita in esclusiva dell'oro
nero sino all'ultima goccia, costi all'umanità quello che costi.
ROBERTO WEITNAUER