giovedì 6 agosto 2009

SE LA NOSTALGIA È POSTMODERNA: LA MEMORIA DI UN CONSUMATORE DI MERCI

Il ventilatore smuove appena l' afa con le sue pale lente, sul tavolo una bottiglia di chinotto. «Un' atmosfera molto vintage, non trova?», scherza Emiliano Morreale, 36 anni, siciliano di Bagheria, terra di mafia e di speculazione edilizia, ma anche di artisti, cineasti e poeti.
Sul tema del revival e del retro ha scritto un libro molto bello, L' invenzione della nostalgia (Donzelli, euro 27), che in fondo è un' autobiografia generazionale.

«Vi sono coinvolti i miei coetanei, ma anche i figli della metà dei Sessanta. Chi era troppo giovane per il movimento del Settantasette, e nel 1968 balbettava appena. Quelli che ricordano la tragedia di Vermicino o il sequestro di Moro: ma da spettatori televisivi, non da militanti politici».
Generazioni che hanno costruito le proprie identità non su appartenenze ideologiche o culturali, ma «sulle proprie memorie di consumatori di merci». Sulle icone della postmodernità.
Colonne sonore e fumetti giapponesi, l' Allegro Chirurgo o la Macchina dei popcorn Harbert, i biscottini Galbusera o le merendine del Mulino Bianco.
«Il primo fu Aldo Nove, ma dopo di lui molti altri scrittori sotto i cinquanta evocano il passato ricorrendo ad oggetti o a canzonette. Le nostalgie personali non scompaiono, però si confondono con quelle generazionali di consumatori».
Il consumismo come potere totalitario, spietato, che si appropria dell' emozione del ricordo. «Ma il mio non vuole essere uno sfogo apocalittico né moralistico, semplicemente restituisco quel che è accaduto nella mia vita e in quella dei miei coetanei. Un percorso che ho sperimentato sulla pelle, prima di tradurlo in ricerca intellettuale. Ho sempre percepito la nostalgia come parte importante della nostra identità collettiva. Nostalgia di oggetti scomparsi, ai quali ancorare quelle che Bauman chiama vite liquide, proprie di una società dell' incertezza.
Siamo la generazione dei "contratti a termine": non so, tra sei mesi, cosa sarà dei miei rapporti professionali, ma anche sociali e affettivi. In questo spaesamento, perfino la merendina o la squallida locandina di un film visto in passato possono divenire compensazione e ancoraggio: ciò che è davvero mio, che ancora mi appartiene.
Poi però interviene l' uso massiccio di questa sensibilitàda parte del mercato. Oggi le madeleine di Proust sono realizzate in serie. Quel che credevo profondamente mio è il prodotto di una sapiente strategia mercantile».
Del marketing industriale, ma anche di quello politico. «La nostalgia era di destra, poi è stata espugnata dalla sinistra. Un leader come Walter Veltroni ha puntato molto sulle figurine di calcio e sulla Nutella. Ancora giovanissimo, nel 1981, celebrò gli anni Sessanta in Un decennio da non dimenticare: il Piper o Luigi Tenco, Kennedy e i juke-box, James Bonde Malcom X.
Oggi nei centri sociali puoi imbatterti nelle foto delle Charlie' s Angels o in rave ispirati dai cartoni animati.
C' è però una differenza: nella sinistra culturale agisce l' illusione di poter governare il vintage con distacco ironico, il mercato provvede soltanto a rifilarti il suo prodotto. Ma la logica in fondo rimane la stessa».
Quella che Morreale studia è la nostalgia «mediale e di massa», figlia di immagini e suoni suscitati dai media. Dal cinema, ma anche da tv e Internet.
«La forza visiva di certe pellicole e fotografie è così forte che noi l' Italia degli anni Cinquanta la pensiamo in bianco e nero. Come se le campagne, i contadini, le partite di calcio, le nostra case fossero davvero senza colore».
Antica è la sua passione per il grande schermo, coltivata fin da bambino nella terra di Nuovo cinema Paradiso, più tardi nell' officina siciliana dei Ciprì e Maresco, degli Andò e dei Grimaldi, perfino alla Scuola Normale di Pisa, dove Emiliano sceglie i corsi di Francesco Orlando e una tesi su Georg Simmel maestro di Bloch e Lukacs - con un professore curioso e antiaccademico come Remo Bodei («Ero assetato di novità e Bodei me le portava da ogni parte del mondo»).
Poi l' incontro con Goffredo Fofi, «impareggiabile talent scout, guida generosa», che lo coinvolge nell' instancabile officina delle riviste, da Nino, domani a Palermo a Lo straniero («Ogni volta che mi alzo da tavola, nella grande casa di Goffredo nel rione Monti di Roma, ho dieci idee nuove). Ancora un dottorato a Teramo, facoltà di Scienza della Comunicazione, e ora un lavoro come lettore di sceneggiature per una società che collabora con Rai Cinema.
Morreale è anche selezionare del Torino Film Festival, prima con Nanni Moretti, oggi con Gianni Amelio: «Hanno fama di cattivi caratteri, ma non è così. La prima volta che incontrai Moretti ero in soggezione: come conoscere Woody Allen. Mi ha poi sorpreso per la sua democraticità: anche se di gusti definiti, in qualche caso siamo riusciti a convincerlo. Lui è stato uno dei pochi registi che ha civettato con la nostalgia però rimanendone fuori, anzi smontandone il meccanismo: in film come Bianca o La messa è finita, il catalogo mitografico degli anni Sessanta, quello stesso enfatizzato da Veltroni, è restituito sotto forma di parodia».
Oggi si è nostalgici già adolescenti, quando a 17 anni si rimpiangono i miti dell' infanzia perduta, Harry Potter o Albus Silente.
Ma «la nostalgia non è più quella di una volta», diceva Simone Signoret. «La nostalgia muta nel tempo», prosegue Morreale. «È un paradigma mobile, espressione di più profondi cambiamenti. La nostalgia moderna, rappresentata da Gozzano ma anche da altri, è un sentimento che si nutre di continuità temporale; il presente è legato al passato dal modello del Bildungsroman, del romanzo di formazione: l' ingresso nell' età adulta coincide con la fine dell' innocenza. La nostalgia postmoderna, quella di noi consumatori, non ha invece alcun rapporto con il passato: fluttua in un mondo di pure immagini, rinunciando a qualsiasi paradigma di decadenza.
In fondo non c' è molta differenza tra Moreau, il protagonista dell' Educazione sentimentale di Flaubert, che alla fine della narrazione lamenta il dolore della perdita, e i malinconici reduci del Grande Freddo: la rottura sarà rappresentata dalla nostra generazione, con una memoria di spettatori e basta».
Nell' avvicendamento delle stagioni della nostalgia, gli studiosi rilevano la regola dei vent' anni: si rimpiangono simboli e icone di due decenni prima. «Ad esempio gli anni Ottanta sono il decennio in cui si esaltavano i favolosi anni Sessanta, così come nel decennio successivo s' è fatto strada il revival dei Settanta».
Mi sta dicendo che tra vent' anni veline ed escort saranno profili molto cool? «Più o meno come i film di Alvaro Vitali, esemplari del genere trash o camp. Ma Berlusconi è egli stesso incarnazione di nostalgia, personificando quel Drive In che oggi viene ricordato come emblema degli anni Ottanta». Il vintage che si fa politica.
Anche Internet è un grande contenitore di nostalgia, arcipelago sparpagliato di siti e blog, portali e forum che recuperano materiale televisivo e pubblicitario, anche oggetti ormai fuori dall' uso. «Immagazzinando tutto, però, la Rete ci mette di fronte a un paradosso. Se la nostalgia si orienta su cose e immagini scomparse da tempo, cosa diventerà questa sensibilità in presenza dell' oggetto? Come faccio a rimpiangere una cosa che mi sta sempre davanti?». Anche la nostalgia rischia di estinguersi: prepariamoci ad averne nostalgia.

SIMONETTA FIORI
Repubblica — 31 luglio 2009 pagina 43 sezione: CULTURA