lunedì 31 agosto 2009

Il telefonino come il pane

L'uso dei cellulari, infatti, è condizionato e incentivato da due aspetti. L'età e il livello di istruzione. I consumatori "pesanti" e al tempo stesso gli specialisti sono infatti i più giovani. Anzi: i giovanissimi. Gli adolescenti. I quali si distinguono dalle altre generazioni perché non usano il telefonino per telefonare. Infatti, è quasi impossibile coglierli mentre parlano con il cellulare all'orecchio. A differenza degli adulti che, armati di auricolare, per strada parlano da soli, in modo animato.


LA CRISI sta condizionando le strategie e i comportamenti di consumo delle famiglie. Al di là dell'impatto reale sul mercato del lavoro e sui redditi, ne ha ridefinito le priorità. Per cui non tutti i consumi sono stati ridotti nella stessa misura. Anzi: alcuni sono aumentati. In particolare: i telefoni cellulari. Le cui vendite sono cresciute del 15% nel 2008. Ma quasi del 200% negli ultimi 7 anni.

In altri termini: oggi i telefonini non sono più un consumo voluttuario, ma un bene di prima necessità. Di cui non è possibile fare a meno. Come il pane. Se il reddito si riduce, se le attese sul futuro prossimo sono grigie, allora le famiglie preferiscono tagliare altre spese. Risparmiano sui trasporti, sugli autoveicoli, sull'arredamento. Perfino su alcuni prodotti alimentari. Ma non sulle tecnologie della comunicazione. Sui telefonini, appunto. Ma anche sui computer, in particolare sui portatili e sui palmari.

D'altra parte, i telefonini di nuova generazione sono computer a ogni titolo. Servono a navigare su Internet, a controllare e a inviare la posta elettronica. E svolgono molte altre funzioni. Video e fotocamera, riproduttore musicale Mp3, navigatore satellitare. E, inoltre, sveglia, agenda. Perfino torcia elettrica. Tutto questo riassunto in un oggetto leggero e di piccolissime dimensioni. Portatile, appunto. E concretamente "portato" dovunque. Ci segue dappertutto, in ogni luogo e ad ogni ora. Visto che molte persone lo tengono acceso 24 ore su 24. Notte compresa. Lo appoggiano sul comodino, mentre si carica. Così da non perdere neppure una chiamata o un messaggio.

Chiamarlo telefonino, per questo, non è solo riduttivo, ma improprio. Non è un telefono più piccolo. D'altra parte, in quanto a diffusione, ha ormai sorpassato il telefono fisso. Lo possiede il 90% delle persone (circa il 20% più di uno). I gestori della telefonia mobile, d'altronde, offrono, con un solo contratto, non solo il telefono - a uso domestico e mobile - ma anche l'accesso a Internet (wi-fi) e alle reti televisive. Per questo la diffusione del telefono cellulare riflette, in realtà, il moltiplicarsi dei servizi che esso propone. Ma anche, soprattutto, il mutamento degli stili di vita e delle abitudini delle persone.

Anzitutto dei più giovani. L'uso dei cellulari, infatti, è condizionato e incentivato da due aspetti. L'età e il livello di istruzione. I consumatori "pesanti" e al tempo stesso gli specialisti sono infatti i più giovani. Anzi: i giovanissimi. Gli adolescenti. I quali si distinguono dalle altre generazioni perché non usano il telefonino per telefonare. Infatti, è quasi impossibile coglierli mentre parlano con il cellulare all'orecchio. A differenza degli adulti che, armati di auricolare, per strada parlano da soli, in modo animato.

I giovani, invece, messaggiano. Usano gli sms. Oppure segnalano la propria presenza ed esistenza agli amici con uno squillo muto. Una vibrazione, una schermata a colori personalizzata. E reagiscono ai messaggi degli altri subito. Dovunque essi siano. A casa, per strada, a scuola, in chiesa, al cinema, in riunione. Non importa. Il cellulare è sempre acceso e accessibile. Loro: sempre pronti a leggere i messaggi e a rispondere.

Negli ultimi anni, peraltro, la confidenza con il cellulare si è allargata anche agli adulti. Perfino a qualche anziano. E sono molte le persone che messaggiano. Dappertutto. Non solo: ricorrono agli sms per messaggi destinati a una larga cerchia di persone. Soprattutto in occasioni particolari. Festività, mobilitazioni, ricorrenze.

Si digita il messaggio, breve, e lo si invia alla lista - sempre più lunga - di numeri in agenda. Infine, l'accesso dei cellulari - in particolari i palmari - a Internet ha incentivato la possibilità di dialogo con gli altri (gli "amici" di una comunità elettronica) attraverso i social network. Come Facebook e soprattutto Twitter, concepito per essere consultato e aggiornato via sms. Quindi, con il cellulare.

Da ciò una ulteriore - decisiva - ragione che spiega la diffusione dei cellulari. A dispetto dell'andamento dei redditi e dei consumi. Riguarda il cambiamento sociale e culturale. I modi di comunicare e di stare insieme. E per questo coinvolge, per primi, i giovani più giovani. Demograficamente pochi. Protetti e controllati da famiglie pervasive. Vivono in un ambiente urbano devastato e informe. Frutto di politiche territoriali imposte dagli immobiliaristi.

Secondo logiche e interessi, ovviamente, immobiliari. I luoghi di incontro e di contatto fisico, per loro, si sono ridotti sempre di più. Non la domanda di stare insieme. Per cui hanno trasferito le relazioni dal territorio allo spazio tecnologico. I loro contatti non avvengono più - meglio: si verificano sempre meno - in un contesto di compresenza fisica. A casa, in piazza, sulla strada, a scuola, in oratorio.

Ma si realizzano, sempre più spesso, a distanza. Attraverso la rete e i cellulari. Così intrattengono relazioni sempre più frequenti. Sempre più fitte. E sempre più astratte. Sempre più personali e impersonali al tempo stesso. La società intera li segue, su questa strada. I fratelli maggiori. I genitori. Gli adulti. Si addentrano in questa terra senza terra. Dove gli altri sono un numero di cellulare o un indirizzo e-mail. Dove tutti comunicano senza vedersi e senza parlarsi direttamente. Nelle piazze e nelle comunità della rete. Proiettano la loro icona. Il loro avatar. Il loro profilo. E dialogano con altri avatar e altri profili. Un teatro di maschere. Un mondo di relazioni senza empatia. Dove il confine tra comunicazione ed esperienza, fra immagine e realtà: svanisce.

di ILVO DIAMANTI
La Repubblica, 23 agosto 2009