lettera a Michele Serra, il venerdi di repubblica, 26 marzo 2010
CARO SERRA, nel 1911 circa 500 uomini provenienti dalla Sardegna accettarono di andare a Itri, cittadina tra Formia e Gaeta, a costruire la ferrovia Roma-Napoli, struttali e sottopagati. Vivevano in baracche o all'aperto, malvisti dagli italiani «puri».
Il responsabile della cancelleria sabauda, Joseph De Maistre, aveva scritto: «I Sardi sono più selvaggi dei selvaggi, razza refrattaria a tutti i sentimenti, a tutti i gusti e a tutti i talenti che onorano l'umanità».
La camorra chiese il pizzo anche dallo sfruttamento dei sardi, ma non aveva fatto i conti con la loro dignità.
Non incassò neppure un soldo da questi operai che accettavano condizioni di lavoro durissime ma non cedevano alla malavita, al contrario degli abitanti di Itri che pagavano regolarmente il pizzo alla criminalità.
La camorra alimentò l'odio contro gli isolani e fu la tragedia: alcune centinaia di itriani si scagliarono armati contro questi lavoratori «diversi» e li assalirono al grido di «morte ai sardignoli».
Ammazzarono una decina di operai e più di 60 furono i feriti che, con i sopravvissuti, furono arrestati e rispediti in Sardegna. Per la stampa dell'epoca gli assassini ammazzarono per «legittima difesa dalla folla di operai sardi».
Paolo Salina IBosa (Oristano)