domenica 14 marzo 2010

L'Italia che rimuove e scherza su «Faccetta nera»

Oggi si rabbrividisce per l'orrore delle foibe, tomba di migliaia di italiani innocenti, omettendo di dire che senza il fascismo, l'invasione della Slovenia, le atrocità contro i civili, le foibe non ci sarebbe mai state: furono un orribile rappresaglia contro un orribile invasione con obiettivi, dichiarati, di supremazia etnica. Chi semina guerra, raccoglie guerra.


GENTILE SERRA, sono appena ritornato da Francoforte. La conoscevo bene ma questa volta il confronto con l'Italia mi è sembrato ancora più stridente.
Poco più grande di Bologna o Firenze, Francoforte ha ventitré linee di metropolitana tra sotterranea e di superficie, dieci linee di tram, non si sa quanti autobus, parcheggi sotterranei ad ogni angolo, un aeroporto da sessanta milioni di passeggeri, una rete autostradale gratis che collega tutto l'hinterland passando tra foreste verdissime. E poi i grattacieli più alti d'Europa, ristoranti e locali di ogni tipo, parchi, giardini, pulizia, ordine, ricchezza, modernità.
A casa di un amico ho cenato tra persone normalissime ognuna delle quali guadagnava il triplo di me, aveva il doppio del mio tempo libero, molti parlavano anche italiano oltre un inglese ottimo; una coppia di omosessuali si era appena «sposata», fatto scontato per tutti gli altri.
Foto di Francoforte dopo la guerra: completamente rasa al suolo dai bombardamenti, non c'era rimasto più niente.
Non si può rinascere senza prima morire e i tedeschi erano morti materialmente e moralmente, così hanno potuto rimettersi in discussione e ricostruire un Paese nuovo e migliore. Noi in Italia non siamo capaci né di morire, né di vivere. Sappiamo solo sopravvivere, paraculandoci giorno per giorno, senza un progetto, senza un futuro. A volte mi auguro veramente che B uccida definitivamente questa Italia, così inutile a se stessa ed agli altri, per poter finalmente rinascere ad una nuova vita. Auguri.
Roberto Bencini | email

CARO BENCINI, ho ripescato la sua amarissima lettera, scritta quasi due mesi fa, dal mare magnum della posta inevasa. L'ho fatto dopo avere visto l'implacabile documentario Dittatura (ritrasmesso da RaiTre per riempire il buco di Ballarò silenziato), che del fascismo racconta soprattutto, documenti alla mano, la politica di invasione e sterminio in Etiopia, Slovenia, Grecia. Mi è tornata in mente la sua lettera: specialmente laddove paragona 0 suicidio e la resurrezione della Germania alla nostra incapacità «di morire e dunque di vivere».
Che è speculare alla nostra capacità di rimuovere, glissare, evitare di fare i conti.
Troppo paraculi per la tragedia, anche quando la tragedia ebbe 0 volto turpe della dittatura, delle leggi razziali, dell'imperialismo straccione e razzista del Duce.
Cinquantamila italiani ebrei consegnati a Hitler. Centinaia di migliaia di soldati italiani mandati a crepare per i campi d'Europa.
Decine di migliaia di sloveni, etiopi, greci ammazzati in casa loro perché lo squilibrato di Predappio voleva far rinascere Roma imperiale. Oppositori in galera, oppure braccati e uccisi. Una spia dell'Ovra quasi in ogni caseggiato.
Una putrida, ridicola retorica di regime, voci maschie e stentoree per magnificare un Impero di cartapesta. E ogni luogo comune sugli «italiani brava gente» impronunciabile da allora, eppure pronunciato continuamente, come se nulla fosse accaduto. (È questa, checché ne dica il revisionismo da hit-parade, il rimosso sul quale poggia il nostro presente: il fascismo). Da ragazzo non avevo dubbi: quello era il passato, il conto era chiuso, l'Italia cambiata.
Oggi non ho più questa convinzione. Oggi le suonerie di molti telefonini intonano allegramente Faccetta nera (l'ultima l'ho sentita l'altro giorno: era di un allegro idraulico), la vulgata vincente dice che il fascismo fu solo una pseudo-dittatura, e il premier dichiara che il Duce mandava gli oppositori «in vacanza».
Oggi si rabbrividisce per l'orrore delle foibe, tomba di migliaia di italiani innocenti, omettendo di dire che senza il fascismo, l'invasione della Slovenia, le atrocità contro i civili, le foibe non ci sarebbe mai state: furono un orribile rappresaglia contro un orribile invasione con obiettivi, dichiarati, di supremazia etnica. Chi semina guerra, raccoglie guerra.
La sua tesi è molto radicale, ma mi trova in malinconica sintonia. I conti con il fascismo ci siamo illusi di averli fatti nel '43, passando disinvoltamente dalla parte delle democrazie vincitrici.
La ventata civile della Resistenza, della Costituzione, del patto antifascista, è durata poco. Niente di ciò che è risoluto, definitivo, impegnativo può appartenerci a lungo. Lei si augura che B finisca di uccidere questo Paese, così da permettere a tutti di ricominciare davvero.
Dubito che il Paese si faccia uccidere da B. Gli sopravviverà. Quando scoprirà che non gli serve più lo scaricherà. Che cosa vuole che importi di B, del fascismo, dell'antifascismo, della Costituzione, del Risorgimento al barbiere milanese che, dopo avere borbottato che in Italia tutti rubano, mi ha fatto la ricevuta fiscale solo dopo mie insistenze.
Anche se lui non lo sa, la nostra catastrofe poggia sulle sue spalle, non su quelle di B. Mi rendo conto che questo è un lungo sfogo. Dopo esserci sfogati, torneremo ognuno a fare del suo meglio, o del suo meno peggio. Ma basterà? Servirà?

Michele Serra - Venerdi di Repubblica - 12 marzo 2010