domenica 14 marzo 2010

Dal pane alle polpette, così l'uomo inventò i cibi.

Il titolo lì per lì lascia perplessi: Il riposo della polpetta (Laterza). Che vorrà mai dire? Poi si comincia a leggere e se ne capisce il senso, anzi si vede che il titolo è garbatamente ironico.

Scrive l'autore Massimo Montanari (Storia dell'Alimentazione, Bologna) che le polpette sono come le idee: devono sedimentare, amalgamarsi poiché «Il riposo delle polpette è come il riposo dei pensieri, dopo un po' vengono meglio». Con questa arguzia Montanari ci introduce al suo godibilissimo excursus sulla storia del cibo raccontata dal punto di vista del cervello più che delle viscere. Faccio subito un esempio molto significativo: il pane. Questo alimento fondamentale, anche se un po' trascurato nelle culture del benessere, rappresenta una vera «invenzione». Pensateci: tra la spiga di grano nel campo e il panino sulla tavola c'è un lungo, ingegnoso cammino, un vero salto logico superato solo grazie a una formidabile intuizione. Scrive l'autore: «Per questo le antiche civiltà mediterranee rappresentano il pane come simbolo di civiltà e dell'identità stessa dell'uomo».
L'uomo infatti, a differenza di ogni altro animale, sa «costruire» i propri alimenti. Gesù, l'ebreo che fondò il cristianesimo, fece un passo ulteriore, sacralizzò addirittura il pane proclamandolo carne, cibo della salvezza. Ricchi di curiosità sono i capitoli dedicati a lenticchie, patate, salsicce ma ovviamente, in quanto italiani, risultano di particolare interesse le pagine dedicate alla pasta.
«La pasta sembra fatta apposta per significare, in metafora, l'unità e la varietà degli stili alimentari italiani». Unità e varietà: tutti gli italiani mangiano pasta, ognuno a suo modo («la pasta è una ma si declina in centinaia di forme»).
Anche notevoli le osservazioni sulla minestra, piatto definito «democratico» in quanto si può solo «condividere» e nessuno potrà averne la «parte migliore» come avviene invece per la carne: «Nel Medio Evo la minestra distribuita ai monaci segnalava anche l'assenza di gerarchie nella comunità».
Un'ultima curiosa citazione è quella del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach: «L'uomo è ciò che mangia». Il che ci porta a pensare che vedendo tutto il «junk food» (cibo spazzatura) in circolazione, il povero Feuerbach scuoterebbe sconsolato la testa.
Massimo Montanari
Il riposo della polpetta
Laterza, pag. 208, 15 euro