martedì 9 marzo 2010

non sprechiamo il vero capitale

il nostro gigantesco problema, ma anche la nostra sfida più gratificante, è che a ogni età la vita di un bambino può finire sul binario sbagliato, se non addirittura su un binario morto. Ma noi lo possiamo impedire.




Non sprechiamo il vero capitale
Ci avevo provato quando mi fecero scrivere il programma dell'Ulivo per le elezioni europee del 2004, ma la mia idea non ebbe fortuna.
Nell'esporla a una assemblea di personalità dei partiti, capii che non ne stavo conquistando né i cuori né le menti, tant'è che mi ascoltarono con crescente distrazione. Eppure l'idea era al centro della strategia cui tutti pagavano allora l'omaggio più riverente, quella strategia di Lisbona che voleva fondare sulla conoscenza il grande futuro di una grande Europa e che per questo indicava nel capitale umano la risorsa da curare e da sviluppare più di ogni altra.
Già, ma che cos'è il capitale umano? Il capitale umano sono i nostri bambini, in ciascuno dei quali, quando nasce, c'è una inesplorata potenzialità, che tocca a noi inverare, evitando che si essicchi, che si atrofizzi, che si disperda in una vita povera, sbagliata, sprovvista degli stimoli che la portano a maturare.
E il nostro gigantesco problema, ma anche la nostra sfida più gratificante, è che a ogni età la vita di un bambino può finire sul binario sbagliato, se non addirittura su un binario morto. Ma noi lo possiamo impedire.
Un bambino che nasca in una casa nella quale nessuno ha il tempo di occuparsene o i mezzi per portarlo a un nido, passa il suo tempo solo, guardando per ore e ore il soffitto e non avendo nessuna di quelle interazioni che gli sono essenziali per mettere a frutto la straordinaria capacità di apprendimento di cui dispone nei primi mesi di vita. Quel bambino - abbiamo studi a iosa che lo dimostrano - sarà già di serie B quando arriverà all'asilo, perché sarà meno capace di aprirsi e più indietro degli altri nell'apprendere.
Un bambino che arriva a scuola con un bagaglio culturale formatosi in un altro paese o in una famiglia che viene da un altro paese finirà per essere nella stessa condizione. Ragazzi o ragazze che avrebbero una grande capacità espressiva, una interiorità pronta a trovare nel rapporto con gli altri il proprio sviluppo, possono restare anchilosati in una scuola che non fa leva su tali qualità e chiede loro risposte sempre più reperibili attraverso quella esperienza di autismo tecnologico che sono, o quanto meno possono divenire, ipomeriggi davanti al computer.
Ragazzi o ragazze che stanno superando indenni tutti gli ostacoli della formazione e stanno finalmente diventando sonante capitale umano si
accorgono che per quel capitale non c'è investimento possibile. E diventano i giovani "né né", quelli che non vogliono né finire gli studi né lavorare, perché non ne vale la pena.
Sono cose che tutti sappiamo, ma sembriamo non capire che in tutto questo c'è uno spreco più grave e più imperdonabile di quello del tempo dei fannulloni in ufficio, dell'aria che inquiniamo in ogni parte del mondo, dei soldi che bruciamo quando le borse vanno male. E infatti per questo spreco facciamo molto meno che per gli altri. Di qui la mia idea.
I bambini sono preziosi e ce ne sono sempre di meno in società sempre più vecchie. Non ne sprechiamo neanche uno e "coltiviamoli" tutti attraverso un grande progetto-bambini, con responsabilità individuali e collettive all'altezza del compito. Facciamolo e ci accorgeremo che serviranno più volontariato e più fantasia trasgressiva che non montagne impossibili di soldi da chiedere a Tremonti. Assicurare in ogni quartiere, se gli asili nido non bastano, una compagnia per i più piccoli che altrimenti sarebbero soli; far entrare con continuità nelle scuole l'esperienza del teatro per far maturare l'espressività dei ragazzi e la loro capacità di interagire con gli altri attraverso i sentimenti e non con la violenza (ricordiamoci La schivata, bellissimo film di Abdel Kechiche, nel quale i linguaggi aggressivi e interetnici dei ragazzi di una banlieu parigina, si tramutano nell'armonioso francese settecentesco di Marivoux, che essi dovranno rappresentare); moltiplicare e coordinare le iniziative - l'ultima è
della Normale e del S. Anna di Pisa insieme all'Itm di Lucca - per collocare i laureati bravi.
Sono solo spunti. Spunti per un progetto che segua i più giovani dalla nascita sino ai loro vent'anni. Vale la pena provarci per i prossimi vent'anni.

Giuliano Amato, sole 24 ore, 13 dicembre 2009