venerdì 19 marzo 2010

berlusconi mafioso - la padania

Se si va sul sito de "la Padania" da molto tempo non si trova nulla, solo la scritta " tra pochissimi giorni saremo on line".
Continuo ad essere curioso di vedere se rimetteranno in archivio anche il numero del 10 luglio 1998....

"Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere", titolava in prima pagina "La Padania" il 10 luglio 1998.
vedi i documenti originali su http://www.alain.it/2009/04/15/berlusconi-sei-un-mafioso-rispondi-la-padania-1998/



Marco Travaglio si domandava su "l'espresso" del 18 giugno 2009:

Dopo le elezioni europee è forse il caso di ripulire il vocabolario della lingua italiana da alcune espressioni intraducibili e gravemente nocive per la salute della nostra democrazia.
La sconfitta del Pdl, il raddoppio di Di Pietro e il recupero in extremis del Pd sugli ultimi deprimenti sondaggi insegnano che il cosiddetto "antiberlusconismo" paga, quando è ancorato a problemi seri e reali: solo che non si chiama antiberlusconismo, ma "opposizione".
L'idea, curiosamente comune a Berlusconi e a Franceschini, che la "demonizzazione" mediatica del Cavaliere sugli scandali Noemi e Villa Certosa l'avrebbe favorito, s'è rivelata una fesseria. Anche perché non di "demonizzazione" si tratta, ma di "informazione".
Porre domande e pretendere risposte sulle bugie del premier è un'attività molto diffusa nella stampa del resto del mondo.
In anni non lontani, quando il Truman Show berlusconiano non aveva ancora inghiottito l'intero Paese, al Cavaliere faceva domande persino "La Padania", organo della Lega Nord, che poi ha tentato invano di cancellarne le tracce dall'archivio informatico.
L'ha ricordato Stefano Corradino sul sito di Articolo 21, riportando
gli 11 quesiti lanciati nel 1998 dall'house organ bossiano, che fanno impallidire quelli di "Repubblica" sul caso Noemi.
"Berlusconi mafioso? 11 domande al Cavaliere", titolava in prima pagina "La Padania" il 10 luglio di undici anni fa. Roba che nemmeno l'"Economist" o "El Pais". Roba che servì a Roberto Calderoli, allora antiberlusconiano sfegatato, per presentare una raffica di interrogazioni parlamentari.
«Basta», tuonava Max Parisi, «con la manfrina sulle vicende giudiziarie, specialmente palermitane, di Silvio Berlusconi. È arrivata l'ora delle certezze definitive. Di seguito presento al signor Berlusconi una serie di domande invitandolo a rispondere nel merito con cristallina chiarezza, affinché una volta per tutte dimostrare - se ne è capace - che con Cosa Nostra non ha e non ha mai avuto nulla a che fare...
Le domande non prendono spunto dalle parole dei pentiti. Si basano su personali indagini e documenti amministrativi che in ogni momento - se lo riterrà - potrò inviarle perché si sinceri della loro autenticità... Punto per punto, nome per nome. È un'occasione d'oro per farla finita una volta per tutte. D'ora in poi il silenzio non le è più consentito né come imprenditore, né come politico, né come uomo».
E giù botte da orbi su proprietà, affari e malaffari, conflitti d'interessi, rapporti con mafiosi. Lo sventurato non rispose, anzi querelò.
Poi ritirò la denuncia due anni dopo, quando ricucì con Bossi.
Ora, siccome si attende entro l'estate la sentenza d'appello del processo all'on. Marcello Dell'Utri, condannato in primo grado a 9 anni per mafia, qualche esponente dell'opposizione potrebbe rilanciare le 11 domande padane.
Ed eventualmente aggiungerne una dodicesima per gli onorevoli leghisti: perché avete smesso di porle? Un calo di curiosità?