domenica 28 giugno 2009

turismo medico

Prima c'erano (e ci sono) i cosiddetti viaggi della speranza. Poi ha preso piede il turismo procreativo. Adesso è in via di sviluppo il turismo abortivo. Non si tratta di scelte ideologiche compiute da migliaia di persone, ma di viaggi obbligati, dettati in larga misura da uno stato di necessità. Le cause sono varie: un sistema sanitario che non riesce a coprire sempre al meglio i bisogni di assistenza e cura dei pazienti: leggi inique; norme inapplicate e comportamenti discutibili dei responsabili sanitari e dei camici bianchi. Tutto ciò. non solo è ingiusto: è anche dannoso per le tasche dei cittadini e per l'economia del Paese.

I viaggi della speranza. Ad essere sinceri, non sono tanti come nel passato. E, in larga parte, sono poco giustificabili. Perché oggi in Italia abbiamo altissime professionalità, buone strutture e una discreta organizzazione sanitaria. Le situazioni positive le riscontriamo però soltanto in alcune regioni (Toscana, I Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia), mentre il resto si presenta come un quadro a macchia di leopardo. Eppure, anche nelle zone del Sud infestate dalla criminalità, possiamo trovare isole di efficienza e di professionalità. E infatti i viaggi della speranza avvengono di più all'interno del territorio nazionale. Tuttavia c'è un buco nero che accomuna l'intero Paese: i tempi di attesa. Talvolta si è costretti ad andare all'estero perché la malattia non aspetta.
Il turismo procreativo è invece un fenomeno degli ultimi anni, che si è aggravato dal momento dell'approvazione della legge 40, sulla procreazione assistita. Difficilmente si può trovare, nel nostro ordinamento, una legge più balorda, che ha costretto migliaia e migliaia di coppie ad andare altrove, per cercare di far nascere un figlio. Questa legge è costata troppo, dal punto di vista umano ed economico, e ha fatto soffrire donne e uomini, grazie all'ideologismo esasperato che ha permeato l'impianto legislativo. Ora, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato alcuni punti della 40, limitativi per la fecondazione, molti sono convinti che il turismo procreativo diminuirà. Lo speriamo. E speriamo che il governo non voglia ribaltare in qualche modo la sentenza della Consulta: sarebbe un nuovo attentato alla salute delle donne.

Il turismo abortivo. Colpisce esclusivamente le donne, costrette spesso a vivere in solitudine questo dramma. Come sta avvenendo con i viaggi in Canton Ticino, dove nel 2008 è stato registrato un aumento vertiginoso degli aborti, determinato dalle italiane: l'anno scorso sono state 221 su un totale di 682 che hanno fatto ricorso all'interruzione di gravidanza. Come mai questi passaggi oltrefrontiera così frequenti? In Italia la RU 486, la pillola abortiva, che si usa da quasi dieci anni in tutta Europa, è ferma da moltissimo tempo all'Aifa, l'Agenzia Italiana del Farmaco. Per averla, bisogna richiederla all'estero, come fanno in alcuni (pochi), ospedali. Anche l'aborto chirurgico è faticoso, perché i tempi di attesa possono essere lunghissimi (e pericolosi). La causa? Troppi anestesisti e medici obiettori. Appena tre su dieci non lo sono.
Con il dovuto rispetto verso chi, per motivi etici, dichiara di non poter eseguire un aborto, dico che ci dovrebbe essere altrettanto rispetto verso le donne, perché c'è una legge, la 194, che le tutela e che non viene attuata. Il governo e le Regioni devono salvaguardare l'obiezione di coscienza e garantire che la 194 venga applicata in tutte le strutture. Se questo non accade è per responsabilità di qualcuno che se ne frega della salute delle persone.
g.pepe@repubblica.it 7 maggio 2009