mercoledì 17 giugno 2009

la luna e l'antica grecia

Quarant'anni fa, la prima passeggiata umana sul satellite della Terra. Ma, come il fisico Carlo Rovelli racconterà a Massenzio, il viaggio era
iniziato secoli prima, quando i filosofi avevano cominciato a misurare grandezze e distanze nel cosmo. Dando prova di smisurato ingegno
Uno scienziato rievoca lo sbarco, punto di partenza: l'antica Grecia

di ALEX SARAGOSA



Il fisico teorico Carlo Rovelli, docente all'Università di Marsiglia (e, prima, alla Sapienza, all'Imperial College di Londra e a Yale) si occupa di cose molto astruse per noi comuni mortali, come unificare matematicamente la relatività generale alla meccanica quantistica. Al Festival delle Letterature di Massenzio (Roma) parlerà però di un oggetto molto concreto, la Luna, filo conduttore scelto dalla manifestazione romana, in omaggio al quarantennale dal primo sbarco dell'uomo sul satellite (20 luglio 1969). La chiave scelta dal ricercatore veronese, da sempre appassionato di storia della scienza, è però molto particolare. Per ricordare la missione Apollo, ha deciso di parlare della scienza nel mondo greco ed ellenistico fra il VI secolo avanti Cristo e il 11 dopo Cristo. Perché? «L'impresa Apollo, a chi come quelli della mia età (classe 1956 ndr) l'ha seguita da ragazzo, ha aperto un mondo di sogni e speranze. Nell'antica Grecia si doveva respirare un'aria simile, via via che si accumulavano incredibili scoperte. E se la Luna è stata la motivazione dell'impresa Apollo, fu anche il motore della prima rivoluzione scientifica: nel V secolo avanti Cristo il filosofo Anassagora spiegò il meccanismo delle eclissi. Su questa prima pietra i greci, popolo di liberi pensatori, costruirono poi un fantastico castello intellettuale».
Quale fu il passo successivo in questo percorso? «Una volta capito che a oscurare la Luna durante le eclissi non era un prodigio soprannaturale, ma semplicemente l'ombra della Terra, Aristotele arrivò a una conclusione fondamentale: dato che l'ombra sulla Luna ha la forma di un cerchio durante tutta l'eclisse, la Terra non può che essere una sfera. A questo punto, applicando i principi della geometria elaborati dagli stessi greci, si iniziò addirittura a misurare il Cosmo».
Un'impresa ambiziosa...
«Dovuta in gran parte al grande astronomo Aristarco, che nel III secolo avanti Cristo, partendo dalla considerazione che l'ombra che la Terra proietta sulla Luna dovesse essere grande più o meno come la Terra stessa, la misurò e concluse che la Terra è tre volte la Luna. Poi calcolò quanto la Luna dista da noi. Per farlo, misurò quanto doveva allontanare da sé una moneta perché apparisse grande come la Luna nel cielo. Risultò un rapporto diametro-distanza di 114».
Cioè un cerchio di un centimetro di diametro appare grande come la Luna in cielo quando è a 114 centimetri dal nostro occhio. «Esatto, e secondo le regole della geometria, questo rapporto vale anche per la Luna, che doveva essere quindi distante da noi 114 volte il suo diametro. Ma, visto che per Aristarco la Luna era un terzo della Terra, essa doveva distare da noi 114/3 volte il diametro della Terra. Successivamente, l'altro grande astronomo greco, Ipparco, perfezionò i calcoli, concludendo, con maggiore precisione, che la Terra è grande quattro volte la Luna». A questo punto, per sapere quanto fosse lontana la Luna, occorreva misurare la Terra. «Al tempo di Ipparco, il II secolo avanti Cristo, ci era già riuscito Eratostene, misurando a mezzogiorno dello stesso giorno l'altezza del Sole (attraverso le ombre proiettate, ndr) in due punti distanti dell'Egitto. Da notare che anche i cinesi fecero lo stesso esperimento nell'antichità ma, pensando che la Terra fosse piatta, sbagliarono completamente l'interpretazione. Invece i greci arrivarono a conoscere forma e grandezza di Luna e Terra e quanto distassero fra loro» (E cioè 39.690 chilometri la circonferenza terrestre (-87 km rispetto a quella reale), 9.920 chilometri quella lunare (-1000 km rispetto alla reale) e 360.000 km la distanza fra le due (-21.000 km rispetto alla distanza media reale, ndr)».
Con la diffusione del Cristianesimo, quello che il mondo greco aveva scoperto viene dimenticato per mille anni. «La Luna però torna protagonista con Galileo, che ne osserva le montagne con il suo cannocchiale e capisce che non è un corpo etereo, ma è simile alla Terra, e che quindi le leggi matematiche che regolano i cieli forse sono le stesse che valgono quaggiù. A dimostrarlo sarà poi Newton, che riesce a definire le leggi del moto e calcola la forza, la gravità, che tiene legate Terra e Luna, scoprendo che è la stessa che Galileo aveva misurato per gli oggetti che cadono al suolo. Quindi le leggi fisiche sono universali. E la Luna fa da levatrice alla scienza moderna».
E dopo? «Negli anni Sessanta del Novecento la Luna diventa l'obiettivo dello straordinario sforzo scientifico e tecnico del progetto Apollo. Se non ci fosse stata lei, la prospettiva di posare il piede su un altro corpo celeste sarebbe stata remota, quindi l'avventura spaziale, con tutte le ricadute tecnologiche e gli enormi orizzonti di conoscenza che ci ha aperto, sarebbe avvenuta molto, molto più lentamente».
ALEX SARAG0SA
Venerdi di repubblica 12 giugno 2009