martedì 1 novembre 2011

Matteo Renzi - punto di vista de "il fatto"

Nel post precedente riportavo le 100 idee attribuite a Renzi. Qui invece il punto di vista è diverso, "il fatto" va giù duro.




RENZISMO Il format si fa partito IL BIG BANG DELLA LEOPOLDA TERREMOTA IL PD di Luca Telese

Comunque vada, i giorni della Leopolda sono stati un terremoto. Una riscrittura della lingua mediatica del centrosinistra, soprattutto
del Pd. Uno sparigliamento da riassumere in un nuovo vocabolario, quello che Matteo Renzi (nel bene o nel male) sta imponendo alla
politica.
BIG BANG. E’ il momento primo, il principio di un nuovo inizio. Ma anche il turbine che sconquassa il vecchio equilibrio. Il
Big Bang di Renzi ha acquisito una forza motrice imponente, anche perché colma un vuoto. Non esisteva, dentro il Pd, un punto di forza
protagonista che si stagliasse oltre le correnti. Renzi spara sul quartier generale e non solo: su Bersani, e anche sul suo primo
sfidante, Vendola. Ma, soprattutto, Renzi rompe la regola dei “Compagni di scuola” (co pyright Andrea Romano) cresciuti a Botteghe
Oscure. La regola per cui cane non mangia mai cane, e i peggiori dissidi vanno composti con il patteggiamento fra nemici. Renzi aveva
rotto questa regola fin dalle primarie a sindaco. Ora, ripetendo lo schema a livello nazionale, rompe l’unani mismo ipocrita con cui le
correnti non hanno mai messo in discussione Bersani pur facendogli la guerra tutti i giorni. Il big bang del Pd rompe il dogma da
Politburo per cui può esserci un solo candidato del partito, ed è quello deciso dal partito.
F O R M AT Fa una certa impressione notare
che la scenografia di un congresso era costruita come quella di un programma televisivo. Accattivante e calda, come quella di un buon
programma, “diversa” dall’iconografia  tipica della convention di partito, ma terribilmente simile a quella di “K a l i s p e ra ” di
Alfonso Signorini, o di “Cotto e Mangiato” di Benedetta Parodi. La finta casa accogliente è un nuovo prodigio della politica, ma un
vecchio trucco del piccolo schermo.
M AG N O L I A . Se c’è un format, c’è anche un produttore. Anzi, ce ne sono tre, fra i più creativi
e brillanti: Lorenzo Mieli, numero uno di Freemental, e Giorgio Gori, il guru di Magnolia. E poi c’è l’autore regista di “Notte prima
degli esami”, Fausto Brizzi, che ha condotto una intera sessione di dibattito. Ieri il sito Termometropolitico.it, su segnalazione del
lettore Gianluca Morganti, ha prodotto un piccolo ma significativo scoop. Nel Pdf delle 100 proposte di Renzi, è rimasta la traccia
dell’estensore materiale del file, che incredibilmente è proprio Gori. Un tempo la politica forniva contenuti, adesso deve interpretare
dei format. Renzi ha esordito in televisione alla “Ruota della Fortuna”. Un grande salto epocale è stato compiuto: dall’immaginazione al
potere, alla fiction al potere.
RAP Uno degli interventi più brillanti della convention non aveva parole. L’editore Alberto
Castelvecchi, infatti, ha usato i suoi cinque minuti per animare la platea suggerendole di battere le mani in modo ritmato, per
costruire il ritmo ideale che dovrebbe avere un dibattito. Un ritmo musicale. Un ritmo televisivo, una animazione da villaggio
turistico? Tutte queste cose insieme.
GORMITI Chi mai avrebbe pensato di invitare l’i nve n t o re dei Gormiti, Leonardo Cosumi? Renzi
lo ha fatto. I Gormiti sono un doppio modello: il simbolo della creatività italiana che si impone nel mondo. Ma anche la futura
madeleine della generazione dei figli dei trentaquarantenni di oggi. Il renzismo ha capito un caposaldo della nuova animazione Disney:
per portare al cinema i figli devi piacere ai papà.
STEFANO FASSINA  “Cultura vecchia e neoliberista” “Il sindaco di Firenze ha assunto
in pieno il berlusconismo”
VELTRUSCONINISMO 2.O Nella lingua della Leopolda c’è qualcosa di Veltroni, e persino di Berlusconi. L’idea
del contenitore Omnibus, che Renzi aveva già immaginato nel suo primo libro “Da De Gasperi agli U2”. Rispetto al veltronismo, però, il
renzismo non cammina con il freno a mano tirato del maanche. Non attenua tutto nella sincreticità delle differenze unite dal sentimento.
Non è buonista, anzi. Quando può, un calcio negli stinchi lo rifila volentieri. Veltroni leggeva con il leggìo e con i gobbi elettronici
di vetro, Renzi cammina con il microfono in mano appoggiato sul cuore, come Silvio quando imita Frank Sinatra. Ma perché quando si mette
una libreria in scena, ci sono i libri finti? Costano più di quelli veri, e fanno molto “L’Italia è il paese che amo”. Il renzismo,
dunque, è un upgrade 2.0: migliora i difetti, ma ricicla software già sul mercato.
B A R I C CAT E Se si fa la rivoluzione bisogna
andare sulle barricate, o – meglio – sulle Bariccate. L’intervento che non si scorda, è quello di Alessandro Baricco. Anche il giovane
Holden sublima un genere antico: l’autocritica. L’in cipit è folgorante: “Sono uno dei responsabili del mondo che è là fuor i”.
Svolgimento perfetto: “Con l’alibi di tutelare i deboli, abbiamo allestito un sistema di tutele e di difesa di una rete dirette e di
diritti ben stabile. Mentre i poveri avevano bisogno di un sistema dinamico: un paese bloccato in cui il ricco patisce l’asfissia ma non
tanto. Mentre il povero ne muore”. Se il renzismo cercava un padre nobile lo ha trovato. Ed è uno che fa share. Battuta folgorante: “Io
ho passato una vita a cercare di non morire democristiano, e l’altra a cercare di non morire berlusconiano. Ma vi pare una vita?”.
MARCHIONNE Nello spirito era ovunque. Uno dei postulati del renzismo è: “Io sto con Marchionne senza se e senza ma”. Sul palco si
parlava moltissimo di giovani precari. Ma in prima fila si notavano molti giovani confindustr iali. DIRIGENTI Quella di Renzi è la prima
corrente formata (per ora) da un dirigente solo. Il primo caso di casting posticipato. DEMOCRISTIANI Renzi si presenta la quintessenza
del nuovo, ma è anche il più antico dei giovani politici italiani. Nel 1994, nel movimento dei giovani Popolari c’erano due leader
locali: il responsabile dei giovani di Firenze (il nostro Matteo) e quello dei giovani siciliani (Angelino Alfano). Il nuovismo in
Italia ha radici antiche (e sempre democristiane). Ricordatelo a Baricco.

il fatto quotidiano, 1 novembre 2011


“Cultura vecchia e neoliberista” “Il sindaco di Firenze ha assunto in pieno il berlusconismo”
di Wanda Marra

VELTRUSCONINISMO 2.O Nella lingua della
Leopolda c’è qualcosa di Veltroni, e persino di Berlusconi. L’idea del contenitore Omnibus, che Renzi aveva già immaginato nel suo
primo libro “Da De Gasperi agli U2”. Rispetto al veltronismo, però, il renzismo non cammina con il freno a mano tirato del maanche.
Non attenua tutto nella sincreticità delle differenze unite dal sentimento. Non è buonista, anzi. Quando può, un calcio negli stinchi
lo rifila volentieri. Veltroni leggeva con il leggìo e con i gobbi elettronici di vetro, Renzi cammina con il microfono in mano
appoggiato sul cuore, come Silvio quando imita Frank Sinatra. Ma perché quando si mette una libreria in scena, ci sono i libri finti?
Costano più di quelli veri, e fanno molto “L’Italia è il paese che amo”. Il renzismo, dunque, è un upgrade 2.0: migliora i difetti, ma
ricicla software già sul mercato.
B A R I C CAT E Se si fa la rivoluzione bisogna andare sulle barricate, o – meglio – sulle
Bariccate. L’intervento che non si scorda, è quello di Alessandro Baricco. Anche il giovane Holden sublima un genere antico:
l’autocritica. L’in cipit è folgorante: “Sono uno dei responsabili del mondo che è là fuor i”. Svolgimento perfetto: “Con l’alibi di
tutelare i deboli, abbiamo allestito un sistema di tutele e di difesa di una rete dirette e di diritti ben stabile. Mentre i poveri
avevano bisogno di un sistema dinamico: un paese bloccato in cui il ricco patisce l’asfissia ma non tanto. Mentre il povero ne muore”.
Se il renzismo cercava un padre nobile lo ha trovato. Ed è uno che fa share. Battuta folgorante: “Io ho passato una vita a cercare di
non morire democristiano, e l’altra a cercare di non morire berlusconiano. Ma vi pare una vita?”. MARCHIONNE Nello spirito era ovunque.
Uno dei postulati del renzismo è: “Io sto con Marchionne senza se e senza ma”. Sul palco si parlava moltissimo di giovani precari. Ma
in prima fila si notavano molti giovani confindustr iali.
DIRIGENTI Quella di Renzi è la prima corrente formata (per ora) da un
dirigente solo. Il primo caso di casting posticipato.
DEMOCRISTIANI Renzi si presenta la quintessenza del nuovo, ma è anche il più
antico dei giovani politici italiani. Nel 1994, nel movimento dei giovani Popolari c’erano due leader locali: il responsabile dei
giovani di Firenze (il nostro Matteo) e quello dei giovani siciliani (Angelino Alfano). Il nuovismo in Italia ha radici antiche (e
sempre democristiane). Ricordatelo a Baricco. Fenomenologia di un leader: Baricco come padre nobile, echi veltroniani, ritmo televisivo
e animazione da villaggio turistico, provata fede in Marchionne


NUOVE OPPOSIZIONI? di Wanda Marra
Matteo Renzi? Assume in pieno il berlusconismo come progetto politico”.

Stefano Fassina ha 45 anni, è il Responsabile economico del Pd, fa parte dei T/q ovvero i
Trenta/quarantenni dirigenti del partito, che sintetizzando estremamente  lavorano a un “rinnovamento” dall’interno. Sabato e
domenica era a Napoli con Bersani alla due giorni della scuola di Formazione politica per i giovani del sud. Come mai i media hanno
dato tanto spazio a Renzi e hanno praticamente ignorato il fatto che a Napoli ci fossero 2000 giovani per partecipare alla scuola di
formazione del Pd? Ovviamente c’è il tentativo di fomentare quest’immagine del Pd come un partito vuoto, un partito vecchio. La
tentazione di chi attacca il quartier generale va molto di moda e serve a costruire un dopo Berlusconi molto in continuità con
Berlusconi. La colpa è di Renzi? Renzi ha un progetto politico e lo porta avanti efficacemente assumendo in pieno il berlusconismo come
progetto politico e democratico. Anche se c’è una moda leaderistica nelle file del centrosinistra, anche quello che si considera più
radicale. Parla di Vendola, di Di Pietro? Parlo della cultura di chi considera fisiologico mettere il nome del candidato nel simbolo.
Lei ha detto (come Bersani) che Renzi ha idee vecchie, degli anni ‘80. Lui porta avanti temi economicosociali di impianto
sostanzialmente neoliber ista. Ma insomma a voi del Pd Renzi però proprio non piace: perché? Ha una cultura politica molto
personalistica, plebiscitaria, mentre un partito dev’es sere una squadra, un collettivo. Ripeto, ha assunto senza se e senza ma il
paradigma berlusconiano. Vi fa paura? Francamente credo che alla Leopolda ci fossero tante energie positive che spero siano protagoniste
del Pd. No, non ci fa paura. L’impressione è che a questo punto stia dettando l’agenda al Pd, stia conducendo il gioco e costringendo
gli altri a seguirlo. Non mi pare. Quando c’è un fatto messo sulle prime pagine dei giornali non è colpa del Pd. Ammetterà che è una
spina nel fianco, però. Siamo in una fase di transizione, e lui è sicuramente in campo, molto sostenuto da chi vuole questa transizione
di un certo segno sociale e democratico. E non mi pare che Renzi voglia fare il gioco squadra: continua a insultare il Pd dicendo che
si tratta di un partito totalitario. Lei l’ha definito “figlio di papà, portaborse miracolato”. Era una reazione agli attacchi. Volevo
solo ricordare che chi non ha mai avuto bisogno di spedire un Cv, di fare un colloquio, di aspettare con ansia la scadenza di un
contratto precario, non mi pare abbia molti titoli per spara re . Voi T/q eravate partiti a Pesaro chiedendo un rinnovamento del
partito, poi siete stati a L’Aquila, ma non siete riusciti molto a trovare il peso che chiedevate. Il 99 per cento del nostro tempo noi
lo spendiamo a fare i dirigenti del Pd. Sembra che vi siate già ammosciati Il nostro obiettivo è un rafforzamento del processo di
rinnovamento in atto.

il fatto quotidiano, 1 novembre 2011