mercoledì 9 novembre 2011

Aumenta la disuguaglianza diminuisce la democrazia

Fonte: JEAN-PAUL FITOUSSI - la Repubblica | 06 Novembre 2011

  La disuguaglianza e il suo aumento inarrestabile sono al tempo stesso causa ed effetto della crisi. Perché si è arrivati a questo punto? Nei Paesi industrializzati veniamo da trent´anni di crescita della disuguaglianza di pari passo con la dottrina dominante, che dalla rivoluzione conservatrice dell´inizio degli anni Ottanta ha generato una conversione al liberalismo, al free trade, alla deregolamentazione. Il fenomeno è caricaturale negli Stati Uniti, dove il 10% più ricco ha visto la quota di reddito nazionale aumentare del 15% mentre il salario medio dell´altro 90% conosceva una stagnazione.

Oggi la disuguaglianza è più forte che alla vigilia della crisi, e la ragione è la seguente: se c´è una stagnazione del reddito della grande maggioranza della popolazione, la domanda globale è bassa. Per contrastare quest´insufficienza la politica monetaria diventa espansionista. La gente che aveva difficoltà ad arrivare alla fine del mese ha fatto prestiti, e così il debito privato è aumentato. Dall´altra parte ci sono quelli che hanno avuto benefici dall´aumento della disuguaglianza, cioè i ricchi, che hanno visto la loro quota di reddito aumentare in modo enorme. Si sono ritrovati con un mucchio di soldi da spendere e hanno comprato case, titoli, azioni. Il che spiega la bolla speculativa, aggravata dal ritardo con cui ci si è accorti che questa accumulazione di ricchezza era illusoria, perché i mercati stavano sopravalutando il valore degli asset.
Mentre accumulavano ricchezza i ricchi accendevano prestiti, che sono andati a sommarsi ai debiti di necessità del resto della popolazione. Quando le bolle speculative sono esplose, tutte le economie del mondo si sono trovate davanti a un eccesso di debito privato che ha fatto crollare le economie. Questo crollo ha fatto diminuire le entrate fiscali e quindi aumentare il disavanzo pubblico. I governi hanno provato a contrastare l´effetto della crisi con piani di rilancio finanziati con risorse pubbliche: c´è stata una sostituzione fra debito privato e debito pubblico.
Ha contribuito all´aumento della disuguaglianza la diffusa fede che per guadagnare in competitività in un´epoca di globalizzazione le cose più importanti fossero diminuire lo stato di protezione sociale, ridurre il costo del lavoro, non tassare i ricchi per evitare che cambiassero Paese. Si è diminuita la progressività dell´imposta e si sono alleggerite le tasse solo sulle imprese. È urgente invece rendersi conto che il sistema capitalista non può sopravvivere che in un contesto dove la disuguaglianza è tenuta sotto controllo. Va ripristinato il principio-base della democrazia, che è «una persona un voto», e non come indica il mercato «un euro un voto». Servono compromessi tra principi contraddittori, il capitalismo ha conosciuto i suoi periodi di gloria quando è riuscito in questo compromesso, aumentando per esempio la protezione sociale, fattore cruciale di stabilizzazione. Serve insomma la consapevolezza che se la disuguaglianza è troppo elevata si pone un serio problema politico di regressione della democrazia.
(Testo raccolto da Eugenio Occorsio)