Il problema è serio e coinvolge tutti:
camioncini dei gelati, autobus, polizia, auto ferme al semaforo
Ne uccide di più il gelataio... Parlo proprio del camioncino dei gelati, quello che fa parte del paesaggio urbano newyorchese, così come i venditori di pretzel caldi e di falafel arabi. Appostato all'angolo della strada in ogni quartiere di Manhattan, dalla mattina fino a notte fonda, il camioncino del gelataio lo "annusate" a due o tre isolati di distanza. Per via dell'anidride solforosa. È Piccolino ma ha un motore diesel che emette veleni con una potenza straordinaria. Le sue emanazioni rendono l'aria irrespirabile per centinaia di metri attorno. Per il modico prezzo di un cono gelato da pochi dollari, hai diritto anche al cancro ai polmoni. Il problema è serio. Manhattan è una concentrazione di progressisti, ambientalisti, salutisti. Gente che fa la spesa solo nel supermercato "bio", corre tutte le mattine a Central Park, pratica regolarmente lo yoga.
Se qualcuno tentasse di costruire una centrale nucleare a dieci chilometri da qui, nel New Jersey, la città scenderebbe in guerra. E la spunterebbe, ne sono sicuro: "Not In My Backyard", Nimby, è la parola d'ordine con cui l'America politicamente organizzata tiene alla larga gli impianti inquinanti o rischiosi. Ma non il camioncino del gelataio. Che quotidianamente, senza un attimo di tregua, ci sputa addosso quella schifezza di gas tossico. Molto più dannoso per la nostra salute, vista la vicinanza, di tante emissioni di C02 (centrali elettriche, cementifici, raffinerie petrolchimiche) che in quanto lontane dai centri abitati vengono disperse nell'atmosfera e raggiungono i nostri polmoni solo dopo essersi diluite.
Al gelataio non passa per l'anticamera del cervello di spegnere ogni tanto quel micidiale motorino. Possibile che debba bruciare diesel 24 ore su 24 per tenere al fresco sei vasche di vaniglia, cioccolato e pistacchio? Possibile che non sappia di essere lui la prima vittima di quelle emanazioni mortifere?
Dal gelataio la mia indignazione si estende alla categoria degli autisti. Ce l'ho con loro in generale, non solo a Manhattan. Un tratto comune li unisce tutti: autisti di Pechino o di New York, di Milano e di Parigi. A prescindere dalla latitudine, dalla razza, dall'età, su una cosa sono identici: non spengono mai il motore, per nessun motivo al mondo. Non importa se siano autisti di mezzi pubblici - l'autobus municipale, lo scuolabus, il furgone della polizìa - o se lavorino per società private come gli autisti dei torpedoni turistici. Su una cosa vanno tutti d'accordo: anche da fermi, anche vuoti, anche se in attesa al capolinea, i motori devono andare continuamente sputando smog nell'atmosfera. Gli concedo un'attenuante solo quando un'afa estiva insopportabile richiede che non si spenga l'aria condizionata. 0 all'opposto, in un inverno rigido in cui bisogna riscaldare l'abitacolo.
Ma il motore acceso lo tengono anche in autunno e in primavera, a prescindere dalla temperatura. Anche in questo caso, le prime vittime sono loro: di solito stanno sul marciapedi a fianco e quell'aria intossicata se la respirano tutta. Magari ci aggiungono pure una sigaretta. Per fare sinergia. Queste osservazioni antropologiche - o questo sfogo bilioso, se preferite - possono sfociare su conclusioni opposte. La più negativa è una sorta di rassegnazione per l'imbecillità del genere umano. È davvero necessario avere la laurea in medicina per capire quanto è distruttivo tenere i motori accesi, in ogni istante, su milioni di mezzi pubblici che occupano le strade delle metropoli di tutto il pianeta? Una seconda conclusione, anch'essa pessimista, riguarda l'impotenza dei leader animati dalle più nobili intenzioni. A che serve che Obama sia volato a Copenhagen per negoziare tagli di emissioni coi cinesi, se ogni minuto che passa i più banali comportamenti quotidiani dei suoi concittadini contribuiscono alla distruzione del pianeta? E che altro può fare: vietare per legge di tenere il motore acceso? Chiedere alle polizie di tutte le città d'America - come se non avessero niente da fare - di multare chi non gira la chiavetta dell'accensione quando il veicolo è fermo? Ma si può anche giungere alla conclusione opposta, di segno ottimista: spegnere il motore quando non ci serve, è un gesto alla portata di tutti. Qualche volta ci sentiamo frustrati perché le grandi riforme non avanzano. Dovremmo ricordarci quanto possiamo cambiare il mondo se cambiamo, uno alla volta, dei piccoli comportamenti quotidiani. Che dipendono solo da noi, e sommati insieme fanno una massa critica formidabile.
federico rampini, la repubblica delle donne, 2 ottobre 2010