domenica 28 novembre 2010

Mostra emigrazione/immigrazione a Bergamo

Molto bella questa mostra. Una sopresa anche il convento di San Francesco.
Allego rascrizione del primo cartello della mostra, gentilmente fornito da Dario Carta.
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Gli Altri
La transizione del territorio bergamasco
da luogo di emigrazione a luogo di immigrazione
13 novembre 2010 - 27 febbraio 2011
Museo storico di Bergamo, convento di san Francesco
Piazz a Mercato del Fieno, 6a - Bergamo alta

fotografie di
Isabella Balena
Roberto Giussani

a cura di Luciana Bramati, Dario Carta,
Eugenia Valtulina, Mi o Bonine i


A partire dalla metà dell’Ottocento l’Italia vive una
delle esperienze più drammatiche e dolorose della
sua storia recente, dando forma così a uno tratto
peculiare e caratteristico delle vicende nazionali.
Per necessità e disperazione, per difendere un’idea
politica che contrasta con quella dominante, per una
vita degna di essere vissuta, un popolo di trenta
milioni di persone emigra dal proprio luogo di origine
verso terre lontane.


Le modalità con cui le migrazioni
attraversano la storia d’Italia nel corso degli ultimi
centocinquant’anni, pur nelle differenti contingenze
storiche, si sono manifestate – e si rivelano anche
oggi – con analogie e diversità, al fondo delle quali si
può individuare una matrice comune, articolata per
parole chiave: le motivazioni, il commiato, la partenza,
il viaggio, l’arrivo, le relazioni con il governo e la
popolazione ospitanti, il lavoro, il ricordo e il ritorno.
All’interno dei paesi ospitanti un’altra parola chiave
apparentemente neutra chiama i migranti; sono Gli
Altri, un termine che annulla le identità individuali
per cui gli stranieri sono percepiti come una realtà
indifferenziata che differisce però da Noi per lingua,
cultura e abitudini.
Gli Altri è anche il titolo di questa mostra che da un
lato mette in dialogo l’esperienza della emigrazione
bergamasca (quando noi eravamo gli altri) con
l’immigrazione nel nostro territorio e dall’altro cerca
di suggerire la complessità dell’emigrazione un
fenomeno composito e di lungo periodo. Per questo
la mostra si apre con la sezione L’apprendistato di
nazionalità tra gli esuli del periodo preunitario, dedicata
ad una particolare forma di migrazione, l’esilio legato
a ragioni politiche, e riferita ad un arco cronologico
1848 – 1859 che si situa prima dell’unità d’Italia.
Un numero consistente di esuli politici infatti
s’incontra soprattutto in due precisi momenti della
storia nazionale: negli anni successivi alla primavera
dei popoli (1849-1858) e durante il ventennio fascista.
Il notevole flusso di esuli in Piemonte tra il 1849 e il
1858 sollecita nel governo sabaudo scelte immediate
su come gestire quanto accade nel suo territorio:
quali politiche di prima accoglienza approntare,
quali forme di integrazione scegliere a favore delle
diversità culturali e linguistiche (dialettali), come
garantire lavoro, istruzione e alloggi, ordine pubblico
e sicurezza, quale attenzione attribuire alla seconda
accoglienza per gli esuli che si vogliono stabilizzare,
come gestire gli espatri per chi vuole trasferirsi
altrove. Sono situazioni analoghe a quelle che l’Italia
incontrerà in epoche successive: di fronte ai flussi delle
migrazioni interne, di fronte all’attuale fenomeno
immigratorio.
Nella circostanza degli esuli del 1848, una delle prime
risposte che il governo sabaudo propone è l’istituzione
a Torino del Comitato centrale dell’emigrazione
- gestito dall’abate trevigliese Carlo Cameroni. A
Genova nasce invece su iniziativa democratica la
Società dell’emigrazione italiana, alla quale collabora
tra gli altri Gabriele Camozzi.
Continuando il percorso della mostra si apre
la sezione Emigranti bergamaschi tra Ottocento e
Novecento messa in rapporto e in dialogo con le
sezioni, composte una dalle fotografie di Isabella
Balena e l’altra da quelle di Roberto Giussani, che
raccontano l’immigrazione nel nostro territorio.
Sulle pareti della sale attigue alla cappella Bonghi,
si snoda una sorta di racconto articolato in trentotto
pannelli fotografici che scandiscono l’esperienza
dell’emigrazione: la partenza, il viaggio, l’arrivo,
gli alloggi, il lavoro, la vita sul posto (sociale e
familiare), la morte e il ritorno. All’interno di questi
grandi capitoli, particolare attenzione è stata dedicata
all’autorappresentazione, alla tradizione religiosa,
all’emigrazione nelle colonie fasciste, al lavoro coatto
in Germania, all’associazionismo e all’esperienza
dell’emigrazione nelle riflessioni delle seconde
generazioni. Questo percorso viene in qualche modo
spezzato da pannelli a carattere monografico, che
rappresentano alcuni aspetti dell’immaginario che
si è costituito attorno all’epopea dell’emigrazione:
un pannello dedicato al transatlantico Rex, uno alle
copertine della “Domenica del Corriere” e uno al
racconto del cinema. Nel corridoio e nella Cappella
Bonghi si trova l’allestimento documentale che, in
un continuo rimando ai pannelli fotografici, fornisce
spessore storico al discorso narrativo.
Al centro delle due sale, poggiate orizzontalmente
su due grandi tavoli, le fotografie dell’immigrazione:
oltre trenta ritratti di donne e uomini che vivono
e lavorano nella nostra provincia ormai da diversi
anni. Così il visitatore può stabilire un contatto
diretto e personale con i volti e le storie raccontate
(a compendio delle fotografie ci sono infatti le dense
biografie che intrecciano le storie individuali con
pezzi della storia contemporanea più recente) e nel
contempo, alzando lo sguardo, incrociare i visi degli
emigranti bergamaschi.