venerdì 19 novembre 2010

Brescia, un’altra strage impunita

posto volentieri in questo spazio e diffondo dove posso questo intervento dell’amico Daniele Biacchessi sulla sentenza di ieri relativa alla strage di Brescia.


Un Paese che dimentica.

Brescia, 28 maggio 1974. 36 anni fa.

Il cielo non promette nulla di buono. Entrano in Piazza della Loggia diecimila sindacalisti, operai, studenti, disoccupati, giovani e vecchi, volti di gente comune. E’ il segno di una civile protesta contro numerosi atti di violenza di gruppi di neofascisti che durano ormai da settimane. Attentati contro sedi del sindacato, circoli culturali, sezioni di partiti, aggressioni contro singole persone. Parla Franco Castrezzati della Cisl. Sono le 10 e 12 minuti. La pioggia inizia a battere fitta su mille ombrelli aperti, sugli impermeabili, sui giubbotti. Le sue saranno parole ingoiate di traverso.

“… Sono così venuti alla luce uomini di primo piano che hanno rapporti con gli attentatori di Piazza Fontana e del direttissimo Torino – Roma, vengono pure alla luce bombe, armi, tritolo, esplosivi di ogni genere. Ci troviamo di fronte a trame intessute segretamente da chi ha mezzi e obiettivi precisi. A Milano. State fermi. state calmi, state calmi. State all’interno della piazza, il servizio d’ordine faccia cordone intorno alla piazza, state all’interno della piazza. Invitiamo tutti a portarsi sotto il palco, venite sotto il palco, state calmi, lasciate il posto alla Croce Bianca, lasciate il passo, lasciate il passaggio delle macchine, tutti in piazza della Vittoria, tutti in piazza della Vittoria…”.

Otto morti. Novantaquattro feriti, alcuni gravi. Cinque insegnanti, due operai, un pensionato. Neanche un sorriso, un sospetto, una parola, nemmeno una frazione di tempo, quanto basta per accorgersi che in un cestino dei rifiuti, sotto i portici di piazza della Loggia, un uomo ha piazzato poco prima un ordigno di altissimo potenziale.

Brescia, 16 novembre 2010. 36 anni dopo.

I giudici della Corte d’Assise assolvono per insufficienza di prove cinque imputati dall’accusa di aver organizzato ed eseguito la strage.

Assolti i due ex appartenenti al gruppo neofascista Ordine Nuovo, Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi.

Assolti Maurizio Tramonte, già collaboratore del SID (l’allora servizio segreto militare), e il generale dei carabinieri Francesco Delfino.

Assolto l’ex segretario del MSI, Movimento Sociale Italiano, Pino Rauti.

Già 36 anni dopo.

Cinque istruttorie, un imputato come Ermanno Buzzi ucciso nel carcere di Novara nel 1981 dai neofascisti Pierluigi Concutelli e Mario Tuti mentre stava collaborando con la giustizia, ripetute accuse e ritrattazioni di pentiti, gravissimi depistaggi di uomini delle istituzioni, sottrazione di importanti prove documentali da parte di funzionari infedeli dei servizi, reticenze, silenzi, poi condanne, assoluzioni, condanne e ancora assoluzioni, fino all’ultima.

Sulla sentenza di ieri hanno certamente pesato i pronunciamenti assolutori più recenti per le stragi di piazza Fontana e Questura di Milano, poiché alcuni imputati erano comuni alla nuova inchiesta su piazza della Loggia.

Non è normale un paese che impiega 36 anni per assicurare alla giustizia i colpevoli e i mandanti di stragi efferate e politiche come quella di piazza della Loggia, piazza Fontana (12 dicembre 1969), Questura di Milano (17 maggio 1973), treno Italicus (4 agosto 1974), che non cerca i mandanti per la strage alla stazione di Bologna (2 agosto 1980) e del rapido 904 (23 dicembre 1984), soprattutto una politica che non rende ancora oggi operativi i regolamenti applicativi della legge sul segreto di Stato licenziata dal Parlamento quattro anni fa.

E ciò è potuto accadere perché l’Italia ha perso la sua memoria storica, perché nulla di quanto accaduto nella storia contemporanea (omicidi politici e stragi, centinaia di morti, migliaia di feriti del terrorismo nero e rosso), è scritto sui libri di testo delle nuove generazioni.

In un paese che dimentica, il passato non passa mai.

“L’unica cosa a cui penso sono quegli otto morti innocenti”, dice amaro Manlio Milani, presidente dell’Associazione delle vittime della strage di piazza della Loggia.

Si può solo dargli ragione.