venerdì 2 dicembre 2011

L'oleodotto xl di extra large ci sono solo le polemiche


La definisce "uno spartiacque nella politica americana", il columnist del Wall Street Journal Daniel Henninger. Si tratta della decisione di Barack Obama di rinviare la costruzione del Keystone XL Pipeline, il maxioleodotto (XL sta proprio per "extralarge") che doveva trasportare negli Stati Uniti il nuovo petrolio estratto dalle "sabbie bituminose" del Canada.

Quel rinvio, la destra repubblicana e la lobby petrolifera lo interpretano (credo correttamente) come "sine die", un affossamento. Ebbene, "mai le conseguenze di un atto politico sono state più drammatiche", prosegue l' editorialista del Wsj. Che arriva a chiedersi: «Perché mai un colletto blu, un operaio americano, dovrebbe votare per Obama nel 2012?» Domanda retorica perché è ovvio che la risposta è no, nessun operaio sano di mente potrà mai perdonare al presidente la scelta ambientalista. Come martella da molti mesi la campagna pubblicitaria della U.S. Chamber of Commerce - l' equivalente della nostra Confindustria - "la costruzione del Keystone XL Pipeline avrebbe generato 20.000 posti di lavoro". Ora leggete cos' ha osato dire il presidente degli Stati Uniti, in un recente discorso a Omaha, nel Nebraska, cioè in uno degli Stati che avrebbero dovuto essere attraversati dal nuovo oleodotto: "La gente del Nebraska non vorrà la creazione di qualche migliaio di posti di lavoro, se questo significa che i nostri figli possono bere acqua contaminata". Tra le "diseconomie esterne" - come si dice nel gergo asettico dell' accademia - il Keystone XL avrebbe proprio questo. Ora, fare un ragionamento del genere secondo il Wall Street Journal è aberrante. Cito ancora l' editoriale: "Ve lo immaginate se Obama avesse guidato una carovana di operai e contadini diretta verso la frontiera del West nel 1850?" Sottinteso: quelli lo avrebbero linciato, se avesse osato dirgli di non saccheggiare la natura in nome dello sviluppo. Raramente il titolo di questa rubrica Far West mi è parso così azzeccato. Nell' anno di grazia 2011, bene inoltrati nel terzo millennio, i commentatori del Wall Street Journal invocano lo spirito pionieristico del Far West: la sopravvivenza dell' economia americana non può essere condizionata da vincoli di sostenibilità. Manca solo un' invocazione sull' opportunità di portare fino in fondo il genocidio della popolazione autoctona. Seguita magari dall' opportunità di cementificare il Grand Canyon del Colorado: forse come villaggio turistico produrrebbe più ricchezza che mantenendovi un parco naturale. (Per la verità, neppure nel 1850 tutti la pensavano così, visto che risale ad allora il primo movimento ambientalista americano). "Gli ultimi tre anni di Amministrazione democratica hanno inchiodato la crescita sotto il 2%" conclude indignato il Wsj. Omettendo di ricordare dove quel tasso di crescita ci era stato lasciato da Bush: sottozero. E sì che quella era l' Amministrazione in mano alla lobby del Big Oil. Trivella trivella a tutto spiano, non sembra che quella ricetta fosse stata poi tanto foriera di sviluppo.

Federico rampini - 21 novembre 2011 —   pagina 12   sezione: AFFARI FINANZA