mercoledì 14 dicembre 2011

I loro diciotto anni

Ho scoperto che alla pagina http://d.repubblica.it/dmemory  si può trovare l'archivio degli articoli de "la repubblica delle donne". Utilissimo (almeno per me).
e così posso fare il copia-incolla di questo articolino pubblicato sul numero del 10 dicembre 2011, interviste ai ragazzi d'oggi (le più veramente deprimenti).
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I loro diciotto anni di Dario Cresto-Dina

I miei 18 anni sono il rapimento Moro, Cabrini ai mondiali d'Argentina, Fausto e Iaio, Ufo Robot.
I loro saranno la primavera araba, lo tsunami giapponese, la morte di Bin Laden, Amy Winehouse e Steve Jobs, The Walking Dead piratato sul Web.

Quando disse "gli italiani che votano la sinistra sono dei coglioni", mio figlio mi domandò: che cosa significa essere comunista? E non: quando vi liberate di Berlusconi? Lui sapeva benissimo chi era Berlusconi. Il Cavaliere era stato, attraverso i suoi genitori, l'interminabile pausa pubblicitaria della sua adolescenza, uno spot interrotto solo a tratti dal film normale della vita.
Di comunisti in libera uscita, invece, ne aveva visti pochi. Non volendo spiegargli il cachemire di Bertinotti ormai infeltrito, pensai alla ragazza alta e magra dei miei 17 anni che mi fece conoscere lo spinello e Porci con le ali, al gabbiano senza nemmeno più l'intenzione del volo di Giorgio Gaber e all'intelligenza dolce e malinconica di Berlinguer. Poi gli risposi che non sapevo più nulla, che forse essere stato comunista era un po' come essere stato felice.
La felicità ci sfiora senza mai lasciarsi toccare, è un lampo che ci illumina di spalle. Gli dissi pensa a quante volte ti è capitato di esserlo e ricordati di ricordarlo. Capii quel giorno che i quasi 18 anni di Berlusconi sono stati un problema nostro, non dei nostri figli. Filosoficamente e politicamente, s'intende. Diventati quasi adulti senza passare dalla tv, perché il loro palinsesto on demand se lo costruiscono su internet, i ragazzi che hanno appena ottenuto il diritto di voto sono già da tempo oltre Berlusconi e Apicella. Piuttosto, ci commiserano con lo sguardo di chi ha smascherato un colpevole di pavidità sfuggito alla giustizia. Affidiamo loro un'Italia immobile dopo un ventennio perduto, un paese tremebondo, povero e all'apparenza senza futuro. Berlusconi è la nostra autobiografia, non la loro.