domenica 4 dicembre 2011

Auto q.b. - Crepuscolo di un mito



di Laura Piccinini
Repubblica delle donne 3 dicembre 2011

1 Mettiamola così, l'auto, o come la chiamiamo in genere, la macchina, non sarà più la prima cosa che ti viene in mente per spostarti da A a B. Pren­dere la patente per un diciottenne non è più quel pensiero unico (rito di iniziazione) che era una vol­ta. Ma non è mica la fine dell'automobile, solo quella del suo mito per come lo conosciamo, "the world/as we know it", cantavano i R.E.M. Del resto anche l'inglese Guardian ha citato i Talking Heads per dire che guidare, tra i costi, l'ambiente, il traffico, è in declino pure da loro: "On the Road to Nowhere". E un newyorchese spatentato come Lorin Stein, direttore della Paris Review, dice che per capi­re come si muove il mondo bisogna ascoltare le canzoni country: «All'inizio erano tutte sui treni, negli anni 60 e 70 i camion, poi gli aerei e adesso, con la disoccupazione che c'è in giro, difficile che il protagonista sia automunito». È la crisi, certo, ma se è arrivata è perché stavamo andando in folle guidati da qualche furbo al volante.


2 A 20 anni l'automobile non è un mezzo ne­cessario. In Italia nelle fasce 18-21 e 20-29 anni fanno il 5% e il 20% in meno le patenti rilasciate negli ultimi 3 anni (dati apposita­mente elaborati dalla Motorizzazione). Dice Alvin: «lo la patente non ce l'ho nemmeno, in città non è fondamentale. Certo a Milano i taxi costano e ì mezzi finiscono presto. Ma puoi scoprire che farsi 8
km a piedi (ho calcolato su Google map) di notte con gli amici a fine concerto non è male, a quell'ora ti dici tante di quelle cose. Per me spostarsi è prendere un volo low cost e andare a Londra o Barcello­na. Vai in Spagna, in Germania, e vedi tutti che camminano e la me­tropolitana non chiude. Poi ci so­no gli incidenti, e guidando non puoi leggere, digitare». Ma soprat­tutto, autoironico che pare uno slogan, «il vantaggio è che se non guidi non consumi benzina e puoi consumare più alcol, bere tran­quillo».
Fa poi notare Emiliano, che di an­ni ne ha 30 e vive a Roma, pro­duttore musicale (de i Cani) che «ci sono sempre più spatentati, non è più un mito neanche per i quarantenni, non serve più a farti percepire socialmente. Per farti uno status contano più i social network». Concorda l'economista ambientalista Guido Viale: «Mia fi­glia ha studiato qualche anno al­l'estero e II un'auto non ce l'aveva­no neppure le coppie sposate. Non mi sono per niente scandaliz­zato quando c'è stata la svendita di beni tecnologici in un mediastore della periferia romana, una gran parte erano giovani in fila per comprarsi uno smartphone che ritengono più indispensabile per la loro autonomia di quel che poteva essere la patente». E aggiunge Tim Harford, della rubrica l'Economista mascherato su Internazionale-. «Il prezzo dei gadget tecnologici è sceso in maniera in­versamente proporzionale al salire di tasse auto e benzi­na». Con questo non si vuol dire che un iPad è la stessa cosa che un'automobile, perché, e qui cantano gli Arca­de Fire "io ti amo e non voglio sentirti al telefono, voglio prendere un'auto e venire da te", una cosa del genere. Se possiamo insegnare qualcosa ai nativi digitali è que­sta. Magari col car sharing.

3 Comprarsi un'auto si fa sempre più anacroni­stico. Chiediamo a Tom Vanderbilt, autore di Trafficologia (Rizzoli) e di una rubrica sulla ri­vista online Slate dove invita i lettori a propor­re forme di trasporto urbano alternativo, e dà ragione al solito Jeremy Rifkin con la teoria del mondo in affitto. «In città il modello della proprietà è messo in forte discussione - siamo sicuri che la gente vo­glia pagare per una vettura che starà il 90% della sua vi­ta parcheggiata? - magari preferiscono un accesso occa­sionale, allo stesso modo in cui la maggior parte di noi ha abbandonato l'idea di possedere musica fisicamente te­nendo i file parcheggiati in condivisione nella famosa "nuvola". Quello di cui abbiamo bisogno sarà una mobili­tà on demand, pendolarismo in prestito. Già si vede con i sistemi di car sharing più sofisticati: Zipcar, più bici, più parcheggio dedicato. A New York ha talmente successo che nel weekend va in tilt».
In Italia, fa notare ancora Viale, «a Milano quando Legam-biente ha cominciato a fare car sharing con quattro vettu­re, ero scettico. Invece ha funzionato, poi è cresciuto fino a non poter fare da solo ed è passato all'Atm, che anziché potenziarlo, con la vecchia dirigenza l'ha fatto degenerare. Ma la strada è quella». Le ditte di auto, avendo intercettato il pericolo hanno messo a punto propri programmi di no­leggio con nomi pop tipo Mu, dallo scooter all'auto, dove «quel che fa più gola è l'auto elettrica», dice Carlo Leoni di Peugeot Italia, perché acquistarla costa ancora troppo.

4 Dai 25 ai 50 anni, si fa carpooling. Come Ghemon, rapper da Avellino laureato in leg­ge, «arrivato a Milano la Yaris non mi serviva più. Adesso sono più puntuale. E come ri­spondo a mia nonna che mi dice "Stai atten­to" quando devo prendere l'aereo, "Tranquil­la, non guido io". Vale per tutto, è una filosofia. I tram so­no un luogo per farti autopromozione meglio di Facebo-ok. Faccio il carpooling e su un'auto di gruppo ho cono­sciuto i miei migliori amici».
Spiega Daniela Milelli di Carpooling Italia, che il sistema «c'è dal dopoguerra, ma da quando tre tedeschi l'hanno rilanciato ha raggiunto cifre enormi. Da noi 45mila pas­saggi in due anni e un risparmio di 4780 tonnellate di C02. Quando c'è stato l'incendio alla stazione di Roma o è eruttato il vulcano in Islanda è stato un boom. C'è gente che si è sposata conoscendosi così. Un tizio è riuscito a farsi portare i criceti da Firenze a Bologna. Per sapere se il compagno di viaggio è affidabile hai i feedback di quelli
che hanno viaggiato con lui, o puoi farlo tu alla fine».

5 Per una riduzione degli spostamenti cretini. "Qual è la distanza più ridicola che hai percor­so in auto?" Era una campagna ovviamente svedese di cui Maria Berrini, fondatrice di Amat (ricerche ambiente e trasporti), invita a «vedere i video - le confessioni della gente, bigliettini sul cofano, al posto di un'auto su un cartellone un ciclista vero li sotto, per disincentivare l'uso del mezzo di proprietà sotto i 2 km - dalle strade di Malmo». Lei che vive a Milano, e nonostante i tre figli di 17-18-21 anni, dice: «Auto in fami­glia: nessuna, venduta. Ha aiutato una casa vicino alla sta­zione e a conti fatti, togli assicurazione, bollo e multe , si ri­sparmia quanto basta a noleggiare l'auto nel weekend o prendere il taxi tutte le volte che vuoi. I compagni dei miei figli che venivano a trovarci si stupivano perché pensavano che vivessimo in una stamberga». Con la sua azienda stu­diano «l'infomobiiità, l'onda verde per il trasporto pubblico, modi in cui il cellulare ti aiuta a trovare parcheggio. Ma senza cercare nuove tecnologie, una cosa che tutti posso­no fare è prendere i taxi in due-tre, accordandosi in fila, la tariffa predisposta c'è già». Ma non ci pensi o non osi.

6 Andare da A a B. Si chiama intermodalità, uno di quei termini tecnici che non fa venire voglia di usarla, e invece c'è questo portale - door-to-door in a click - che ti dice come andare da porta a porta con una combinazione perfetta di: tram, bus, bici, aereo, treno, a piedi, col pupaz­zetto - voi - e il percorso dettagliatissimo tipo fumetto. C'è ResRoBot per la Svezia, Scotty in Austria, Portogallo, Bel­gio, Inghilterra ecc. Luca Mercalli, climatologo, autore di Prepariamoci: un piano per salvarci (Chìarelettere), suggerisce una formula di spostamento su misura che tenga conto delle previsioni, due giorni pioggia e noleggi auto, con la neve, teleconferenza. «Farsi sempre la domanda: come muovermi? Una volta si dava per scontato».
7 Siete certi di rimanere nello stesso posto? «La vita delle persone non è più fissa», ci dice Elif Batuman, scrittrice, una che ha preso lezioni di traffico a L.A. «Dopo dieci anni in California mi sono trasferita in Turchia e non penso proprio di prendere un'auto per una lunga serie di ragioni. Parcheggiare a Istanbul è un incubo, il traffico è spavento­so, la benzina costa incredibilmente tanto, e se vuoi arriva­re da qualche parte devi essere un guidatore aggressivo. Per JH Crawford, autore di Carfree, libro e sito dove mappa le aree pedonali nel mondo, in Europa siamo avvantaggiati, «non avete mai preso il mito dell'auto come negli Usa, solo nel dopoguerra avete sventrato qualche centro città per fa­re posto alle auto. Per capire che il futuro non è li basta ve­dere il traffico di Giakarta e Bangkok. Finora è stata la città ad adattarsi alle macchine, ora devono essere loro a farlo».
8 Cose che un newyorchese può insegnare sul non avere auto. Dice Lorin Stein, «Le Minicar mi fanno pensare alla mia amica Rita, che va in 500 e pensa che perché ha l'auto piccola può andare contromano. A New York un'auto di proprietà sta diventando economicamente fuori portata. Ci restano i taxi, c'è una poesia bellissima di Elizabeth Bishop su quando scendi che è quasi mattina
con ì marciapiedi bagnati dal lavag­gio strade. Ma la vera ragione che mi fa pensare che il sogno dell'au­tomobile sia morto è che purtroppo l'età dell'automobile è ancora viva. Paradosso da cui si deduce che so­lo quando ci libereremo del mito dell'auto potremo tornare a pren­derla, certi che non ci aspetti un in­cubo, strangolati nel traffico e la sensazione di non andare da nes­suna parte. A queste condizioni sa­lire su un'auto fa schifo. Il program­ma radio tra i più popolari d'Ameri­ca, Car Talk, in realtà è una critica feroce alla cultura dell'auto»: ci si lamenta perché il guidatore non di­ce una parola, o sbotta, la lista delle dieci cose peggiori che fa la gente in macchina, compreso mettersi le dita nel naso.
L'auto è una trappola, scendi e cammina. «Sono cinque anni che non ho più l'auto - dice lo scrittore Will Self - so­no scettico anche sulle green car, per ora mi sembrano di dubbia efficacia e sono diventate status symbol tali e quali una Por­sche. Le strade anche extraurbane restano intasate e con le telecamere ovunque un guidatore su un'auto economicamente ridondante, col Gps che gli dà ordini, è II sìmbolo della mancanza di libertà totale». Dopodiché, rac­conta lo scrittore Diego De Silva di essere «arrivato a fare Linate-Milano centro a piedi, la prima volta perché tornavo dal funerale di un amico. Funziona. L'auto è una bomba emotiva. Sono sempre sconcertato da quel che diventiamo alla guida». Leggi, dal suo Sono contrario alle emozioni (Ei­naudi), di «quello che ascolta la musica in macchina, e mentre s'intenerisce il cuore sulle note del pezzo che ha selezionato in attesa del verde, pensa che se lo stronzo nel­la Golf accanto crede di fregargli il posto che ha visto prima di lui, ha capito proprio male, ha capito».
10 Se poi sei un produttore cinematografico come Cesare Petrillo di Teo dora film e non guidi, non per ideologià ma perché proprio non ti è venuto mai in mente, nel tempo hai maturato un elenco di motivi cult per non aver preso la patente che basterebbero a consolare quelli che l'hanno persa ai punti (hanno un gruppo su Facebook). «Non per essere iettatori, ma se mi dite auto mi vengono in mente gli incidenti sfiorati di Jessica Lan-ge e Jack Nicholson nel remake del postino suona sem­pre due volte, Cary Grant e Constance Bennet che per un incidente si ritrovano fantasmi, Bonnie & Clìde crivel­lati alla guida, e scusate, come finisce Thelma & Louise? La macchina lanciata nel vuoto del Grand Canyon, ve lo ricordate quel fermo immagine lì?».