venerdì 8 ottobre 2010
Ma chi vuole davvero le elezioni anticipate?
ELEZIONI? Fa ’ che non succeda... I l calcolo preciso lo ha fatto il 5 ottobre Il Sole 24ore. Sono 105 i senatori e 240 i deputati che
le elezioni anticipate non le vogliono davvero. Motivo? Non prenderebbero la pensione. Sono stati eletti per la prima volta nel 2008 e
dunque sono soggetti alle nuove norme in vigore da questa legislatura: per avere diritto al vitalizio devono trascorrere almeno 5 anni
nei palazzi della politica. Tornare alle urne in primavera, quindi, significa rimanere a bocca asciutta. Preoccupatissimi 40 senatori
del Pdl, 12 della Lega, 3 di Futuro e Libertà, 7 dell’Italia dei Valori, 34 del Pd e altri 5 del gruppo misto. Immaginiamo faranno
grandi manovre per convincere i loro leader a frenare il corso degli eventi. Che siano loro i veri ostacoli al prepensionamento del
governo?
PENSIONI D’ORO LA CAMERA NON VUOLE CAMBIARE
Bocciata l’ipotesi di abolizione Nessuna proposta contro i privilegi
di Paola Zanca - il fatto quotidiano 6 ottobre 2010
Altro che la disperata ricerca dei 316. Il 21 settembre scorso, la maggioranza ha toccato quota 498. Un centinaio di parlamentari erano
assenti. Ma non è difficile indovinare come avrebbero votato: no, respinta. In gioco c’è l’ipotesi di abolire l’assegno vitalizio, la
pensione, dei deputati stessi. Del resto, perché negarsi la possibilità di prendere tremila euro al mese per il resto dei propri giorni
lavorando solo cinque anni? La pratica si sbriga in 4 minuti e 49 secondi.
Antonio Borghesi, deputato Idv e primo firmatario dell'ordine
del giorno, spiega ai colleghi che “non c'è nulla, ma proprio nulla, di demagogico in questa nostra proposta”: si può fare, avrebbe
detto qualcuno. Basta che i contributi trattenuti nelle buste paga dei parlamentari vengano “versati presso l'ente previdenziale in base
al lavoro che il deputato svolgeva precedentemente”. E se uno non ha mai fatto altro che il politico? “L'Inps ha un fondo di gestione
separata, lo usano anche i co.co.co – spiega Borghesi – Si calcolano i contributi versati e si eroga la pensione di conseguenza, come
per tutti i lavoratori del mondo”.
Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi dà parere contrario e apre le votazioni. Niente da fare,
solo in 22, tutti Idv, dicono yes, we can. Gli altri non ci pensano nemmeno. “Se Borghesi avesse chiesto di intervenire sul passato,
avremmo potuto discuterne – spiega il deputato Pd Erminio Quartiani, che ha seguito i lavori sul Bilancio – Ma ha proposto di abolire il vitalizio. Punto. E questo è demagogico, populista, non tiene conto del risparmio di spesa che abbiamo già ottenuto e rafforza l'idea che il Parlamento debba essere composto da yes - men che rispondono a un capo che distribuisce prebende, perché loro non hanno
autonomia economica”. “
Peccato non l'abbia detto quel giorno in aula – replica Borghesi – Se qualcuno si fosse alzato spiegando
questo punto, avremmo potuto pensare come lavorarci su”. Invece no, tutti sono rimasti seduti al loro posto. Perché non si tratta solo
di passare una vecchiaia serena, né di garantire che fare politica sia alla portata di tutti, poveri compresi. Nei 220 milioni di euro
che ci accingiamo a spendere il prossimo anno (così come per quello passato e per quello dopo ancora) c'è di tutto di più. C'è chi da vent'anni prende una pensione per essere stato in Parlamento due mesi e qualche giorno: c'è l'avvocato Giovanni Valcavi, proclamato senatore il 27 marzo del 1991 e dimessosi il 18 giugno dello stesso anno, dall'aprile del '92 gode di un vitalizio di 3.108 euro al mese. Frequentò poco il Palazzo anche l'ex leader di Potere Operaio Toni Negri: eletto nelle liste Radicali a luglio del 1983, fuggì in Francia dopo il sì
all'autorizzazione a procedere per il suo arresto. Borghesi ha calcolato la sua permanenza a Montecitorio in 64 giorni: tanto basta a
garantirgli dal 1993 – anno del suo 60esimo compleanno – una pensione da 3.000 euro al mese. Durò ancora meno – per la precisione un
giorno – lo status da deputato di altri tre Radicali: Angelo Pezzana, Piero Graveri, Luca Boneschi. Si sono dimessi il giorno dopo
l'elezione ma tuttora percepiscono 1.733 euro di vitalizio. Rita Bernardini alla votazione di quell'ordine del giorno, il 21 settembre,
si è astenuta. “Come fai ad abolire il pregresso? - si interroga – Puoi fare scelte per il futuro, non per il passato”Ora, con la
riforma introdotta dal governo Prodi, il diritto al vitalizio matura solo al termine di una legislatura completa (5 anni) e scatta al
compimento dei 65 anni d'età. Il punto è che oggi continuiamo a pagare le regole scellerate del passato,quando bastava un giorno in Parlamento per garantirsi un futuro. Poi si è passati a un minimo di 2 anni e mezzo, ma
senza vincoli di anzianità, per avere la possibilità di riscattare anni di lavoro. Se la sono pagata la pensione? Sarà, ma la
sproporzione per i conti dello Stato è evidente: nel 2010 la Camera incasserà 11 milioni di euro di contributi riscattati e ne sborserà
139 per i vitalizi da erogare. È così che – ricostr uisce ancora Borghesi – il deputato di Forza Italia Antonio Martusciello, 48 anni,
da 24 mesi riceve 7.959 euro lordi di vitalizio. Da luglio gli è stato sospeso perché è stato eletto commissario dell’Agcom (e solo
grazie alla riforma del 2007 le due indennità sono incompatibili), ma può stare tranquillo che a fine mandato avrà ancora di che vivere.
L'ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio, deputato per 16 anni riceve 8.836 euro lordi al mese. Enrico Boselli (Sdi), 51 anni, 4 mandati e
7.958 al mese. Come Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, 52 anni.
Vitalizio da oltre 6.000 euro al mese anche per i cinquantenni (o poco più) Mauro Fabris dell'Udeur, l'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano, Maurizio Ronconi dell'Udc, Dario Rivolta di Forza Italia. Superano gli ottomila euro il 57enne Marco Taradash, il coetaneo Alfonso Gianni, e Vittorio Sgarbi, solo per citarne alcuni.
Non può non fare un certo effetto pensare che i protagonisti degli anni bui della Prima Repubblica siano ancora foraggiati dallo Stato
italiano. È vero che l'ex ministro Claudio Martelli ha restituito 800 milioni di lire per sanare l'eventuale condanna (finita così in
prescrizione) nella vicenda del Conto Protezione. È vero anche che ancora oggi ogni mese sul suo conto arrivano 8.455 euro come
ricompensa della sua carriera in Parlamento. O Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano, condannato negli anni Novanta per reati contro la Pubblica amministrazione: anche lui è stato deputato e anche lui ha diritto a più di quattro mila euro al mese.spendere il prossimo anno (così come per quello passato e per quello dopo ancora) c'è di tutto di più. C'è chi da vent'anni prende una pensione per essere stato in Parlamento due mesi e qualche giorno: c'è l'avvocato Giovanni Valcavi, proclamato senatore il 27 marzo del 1991 e dimessosi il 18 giugno dello stesso anno, dall'aprile del '92 gode di un vitalizio di 3.108 euro al mese. Frequentò poco il Palazzo anche l'ex leader di Potere Operaio Toni Negri: eletto nelle liste Radicali a luglio del 1983, fuggì in Francia dopo il sì all'autorizzazione a procedere per il suo arresto. Borghesi ha calcolato la sua permanenza a Montecitorio in 64 giorni: tanto basta a garantirgli dal 1993 – anno del suo 60esimo compleanno – una pensione da 3.000 euro al mese. Durò ancora meno – per la precisione un giorno – lo status da deputato di altri tre Radicali: Angelo Pezzana, Piero Graveri, Luca Boneschi. Si sono dimessi il giorno dopo
l'elezione ma tuttora percepiscono 1.733 euro di vitalizio. Rita Bernardini alla votazione di quell'ordine del giorno, il 21 settembre,
si è astenuta. “Come fai ad abolire il pregresso? - si interroga – Puoi fare scelte per il futuro, non per il passato.
Ora, con la riforma introdotta dal governo Prodi, il diritto al vitalizio matura solo al termine di una legislatura completa (5 anni) e scatta al compimento dei 65 anni d'età. Il punto è che oggi continuiamo a pagare le regole scellerate del passato, Nel 2009 la
Il Consiglio regionale pugliese Ci mancava l’a deguamento Istat CASTA CONTINUA di Pierluigi Giordano Cardone
Se fosse una lotteria istantanea si chiamerebbe “Politico per sempre”. Facile partecipare: basta aver fatto parte del consiglio regionale della Puglia almeno per un lustro. Poi si può andare in pensione a 60 anni e ricevere un vitalizio mensile pari al 40% dell’indennità, che tra l’altro nel tacco d’Italia è l’80% di quella dei parlamentari (oltre 11 mila euro al mese, ndr). Non solo. Più anni il consigliere ha passato in aula, più si arricchisce l’assegno (che può arrivare al 90% dell’indennità, unico caso in Italia) e diminuisce l’età minima di pensionamento. Lo dice la norma regionale numero 8 del 2003, meglio conosciuta come “legge De Cristofaro” (dal nome dell’ex presidente del consiglio regionale durante la giunta Fitto), famosa anche per un altro passaggio “par ticolare”: garantisce il 50% dell’indennità, il 70% della diaria e il 100% del trattamento accessorio ai consiglieri destinatari di “misure cautelari tali da impedire l’effettivo esercizio del mandato”. Alla “De Cristofaro”, inoltre, si aggiunge una legge varata l’anno scorso, che per il 2010, 2011 e 2012 ha previsto anche un adeguamento della pensione per gli ex consiglieri. Come? Secondo una norma statale che stabilisce che la percentuale d’aumento sia determinata da un decreto del premier secondo i dati forniti annualmente dall’Istat. Bene: nel 2010, gli ex consiglieri avranno il 3,09% in più di assegno vitalizio, stessa cifra del beneficio che spetta ai docenti universitari e quasi cinque volte il bonus che tocca ai pensionati Inps.
Dalla teoria alla pratica, il passo è breve. Per comprendere meglio gli effetti, basta analizzare un caso limite: quello dell’ex
vicepresidente della giunta regionale Sandro Frisullo (Pd), arrestato il 18 marzo scorso nell’ambito del pasticciaccio brutto delle
escort offerte da Giampi Tarantini in cambio di favori. Con tre mandati alle spalle e oltre 400 mila euro di liquidazione in tasca,
Frisullo ha maturato il massimo della pensione: poco più di 10 mila euro lordi al mese ad appena 55 anni. L’EX VICE PRESIDENTE , ora
libero e in attesa di processo, potrà anche usufruire del 3,09% in più di vitalizio (311 euro al mese), così come ratificato martedì 28
settembre dagli uffici regionali competenti in materia. E la gente “nor ale” quanto prende d’aumento? Un esempio calcolato da La
Gazzetta del Mezzogiorno: un pensionato Inps di 75 anni, senza nessun carico familiare e con mille euro lordi di pensione, quest’anno si ritroverà 4 euro in più al mese. Un paragone che fa male. “L’adeguamento è un atto dovuto” ha spiegato Onofrio Introna, attuale
presidente del consiglio regionale, che ha anche assicurato come l’aumento in questione rappresenti solo “l’effetto di norme che
intendiamo rivedere prioritariamente, nel quadro del contenimento dei costi della politica”. In attesa dei provvedimenti promessi, la
situazione in Puglia è diventata kafkiana. Con i tagli della finanziaria in arrivo, la Regione spende ogni anno 13 milioni di euro per
le pensioni di 19 ex componenti dell’aula di via Capruzzi, ovvero quattro milioni in più di quanto costano assessori e consiglieri in
carica. In tale contesto, l’adeguamento pensionistico in questione rappresenta l’ennesimo attacco (legalizzato) a una diligenza che
inizia a fare i conti con la crisi. E così accade che, nel bilancio della giunta Vendola, al momento non ci siano i 330 mila euro che
servono a pagare l’adeguamento. I soldi prima o poi arriveranno, ma i “poveri” ex consiglieri dovranno aspettare un po’per ricevere
gli arretrati dovuti da gennaio a oggi. Amara consolazione per il pensionato Inps da quattro euro di aumento all’anno.