Questa è una lettera a Furio Colombo, pubblicata su "il fatto" di mercoledi 21 ottobre.
Ma che razza di gente stiamo diventando? E io la incrocio anche al delitto in puglia: ma cosa ha nella testa la gente che va in pellegrinaggio a vedere la casa del delitto?
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Caro Colombo,
mi chiedo, giorno dopo giorno,
dove è finita la dignità. Vorrei
chiederti: ma cosa sarebbe successo
se a Roma, nell’episodio di violenza
della metro, a colpire con un pugno
fosse stato un ragazzo RUMENO
contro una ragazza Italiana? Si
sarebbero accesi tutti i riflettori,
tutti avrebbero detto “ecco il
b a s t a rd o ”, basta rumeni, tutti cattivi
e sarebbe senza dubbio in carcere.
Ora invece, è successo l’opposto, il
ragazzo italiano ha ucciso una donna,
una mamma, che come colpa è
rumena. I riflettori non si accendono,
anzi, gli amici e parenti del ragazzo
dicono “è un bravo ragazzo,
lasciamolo stare”. Lasciamolo stare?
Ma come mai uno che ammazza con
un pugno, che è già fra l’altro stato
denunciato poche settimane prima
per lesioni, è sempre beato a casa,
riceve gli amici, e continua la sua vita
tranquillo? Come mai l’opinione
pubblica non si indigna per lui e si
sarebbe indignata se fosse stato lui il
rumeno? La giustizia è uguale per
tutti? Ma che razza di gente stiamo
d i ve n t a n d o ?
Anne
CI SONO DUEdomande
importanti in questa lettera. Cercherò di
rispondere non senza avere notato che
nessuna televisione, nessun giornale, nessun
collega si è posto il problema. Può essere visto
in due modi: se era rumeno il ragazzo. Se era
italiana la vittima. Inutile fingere. Il “ra g a z zo
italiano” (quello della terribile storia vera) non
ha una cattiva stampa, niente di
proporzionato al pugno vile e potente che ha
buttato a terra una persona già priva (a
causa del pugno) di conoscenza. Le
telecamere ci danno non un presunto
colpevole ma l’esecutore materiale di un
delitto. Un ufficiale di Marina presente per
caso e rapido nel capire, ha fermato “il
ra g a z zo ” che se ne stava andando
tranquillamente. A giudicare dalla solidarietà
e dalle ovazioni dei coetanei amici, “il
ra g a z zo ” appare essere del tutto consapevole
della forza del suo pugno, apprezzato e
approvato da persone come lui, “ra g a z z i ”
italiani dediti alla violenza. Se non fosse stato
italiano, il nostro “e ro e ” sarebbe un mostro,
foto e tatuaggi pubblicati dovunque e
promesse di espulsione immediate dall’Italia
di tutto il suo gruppo o etnia. Quanto alla
vittima, se italiana, la celebrazione, i fiori, le
immagini, le dichiarazioni di ministri e di
vescovi ci avrebbero tenuti occupati per giorni.
Ma la cosa più importante è questa.
L’assassino di una donna italiana, persino se
italiano, per i media sarebbe stato subito “un
b a l o rd o ” e ci saremmo tutti interrogati sul
vuoto nella vita dei nostri giovani. E, vi
assicuro, nessuno avrebbe osato inscenare il
teatrino della solidarietà all’assassino. Devo
ripetere, con lo stesso stupore, la seconda
domanda di Anne: ma che razza di gente
stiamo diventando?