È DOVEROSO chiedersi per che cosa muoionoi nostri soldati in Afghanistan. Ed è altrettanto doveroso chiedersi se hanno tutti i mezzi per garantire la migliore sicurezza possibile. Sono verifiche politiche e militari che devono essere fatte periodicamente, con regolarità e serenità. Ma se le stesse domande vengono poste sempre e soltanto dopo la morte dei nostri uomini, se diventano retoriche perché se ne conosce la drammatica risposta e se le esigenze di maggiore sicurezza durano giusto il tempo del trasporto a spalla delle salme dei nostri soldati, allora si tratta di sciacallaggio politico. La morte dei nostri soldati in Afghanistan è una tragedia, ma non ha fatto mutare la situazione strategica e operativa. Eravamo in guerra ieri e siamo in guerra oggi. Il compito di ieri non è cambiato. Chi chiede ora il ritiro del contingente dopo aver nicchiato per anni non ha alcun parametro oggettivo per giustificarlo. La stessa cosa vale per i ragionamenti sulle bombe, sugli aerei armati con e senza pilota, sulle portaerei e sui carri armati che vengono proposti dopo ogni lutto. Ministri, Stati Maggiori e comandanti si sono fatti in quattro per dirci che i nostri soldati sono protetti al meglio, che la situazioneè sotto controllo, che nonè una guerrae che si stanno facendo grandi progressi. Se era vero ieri deve essere vero anche oggi. Perché ieri è saltato il solito ordigno che da nove anni abbiamo imparato a conoscere. Se oggi ci sono dei dubbi vuol dire che qualcuno fino a ieri ha mentito o non ha saputo fare il suo mestiere. La situazione reale dell'Afghanistan è di una linearità imbarazzante. Nessun contingente è male armato, la Nato soffre di eccesso di potenza e non di carenza di mezzi. Ci sono già troppi bombardieri e Karzai è perdente proprio perché si bombarda troppo e senza curarsi delle vittime civili. La Nato e gli Stati Uniti non sanno cosa fare e i nostri soldati "non ci capiscono più niente" perché la strategiaè inefficiente: non ci sono idee e nessuno crede più a quelle finora propagandate. In queste condizioni i nostri soldati continueranno a morire senza sapere perché e per chi. In compenso questo lo sa chi, parlando di più aerei, portaerei, carri armati e bombe, manda messaggi incoraggianti a chi su queste cose e sui morti ci specula. -
FABIO MINI Repubblica — 11 ottobre 2010