giovedì 3 settembre 2009

Meditate. Ma bene

Con un'immagine intenzionalmente repellente, in un sutra famoso il Buddha paragona quello che si ha nella mente alla «carcassa di un serpente o di un cane o di un essere umano» messi intorno al proprio collo come se fossero monili attraenti.
Che cosa c'è infatti dentro la mente nelle condizioni abituali, normali della vita? Ansie, preoccupazioni, rimpianti e desideri, pensieri angosciati e astiosi, polemici o eccitanti. Quasi tutto ciò che si agita nella mente, qui intesa in senso molto lato, mette capo o all'avversione o al desiderio, le due grandi forze che condizionano e talora determinano l'essere umano.

La loro azione è subdola e pervasiva, opera a livello sia cosciente sia soprattutto inconscio, mescolando e reciprocamente intensificando le sensazioni fisiche con le pulsioni della psiche e influendo così in maniera potente sulle emozioni, sui sentimenti e sui pensieri. La più profonda volontà ne risulta offuscata e perfino contaminata; in ogni caso l'effetto, a lungo andare, non può che essere la sofferenza.
Ammettere che queste dinamiche sono incontrastabili significa approdare a conclusioni necessariamente deterministiche: le istanze alla scelta, alla bellezza, alla compassione o all'unità devono essere giudicate illusorie, perché ogni atto e perfino ogni intenzione o stato d'animo si genera fuori da ogni controllo e inconsciamente nel magma vorticoso degli impulsi latenti.
Considerata in termini logici, questa conclusione appare del tutto conseguente, come è avvenuto in fasi bene identificabili della storia del pensiero (positivismo, meccanicismi di vario genere); in ogni caso, questa posizione resiste subdolamente ben radicata nel pensiero inconsapevole di ciascuno di noi.
All'opposto, la convinzione deterministica è stata combattuta come il nemico più insidioso da ogni indirizzo di autentica ricerca interiore; questo è avvenuto per esempio alle origini delle grandi religioni.
Ciascuna di esse, infatti, si è proposta di restituire all'uomo l'aspirazione e la facoltà di governare se stesso, per indirizzarsi verso mete più ampie dei piaceri e degli interessi soggettivi, colmando così di senso la vita, necessariamente effimera e altrimenti destinata al pessimismo.
La finalità dunque di questo proposito è stata, ed è, il distacco progressivo e la dissoluzione di desiderio-avversione (o paura) e dei travestimenti insidiosi in cui si mascherano di continuo.
In pari tempo, si tende a colmare lo spazio liberato con le attitudini positive di cui pure la mente è dotata, come la compassione e l'equanimità suggestivamente chiamate dalla tradizione buddhista «dimore divine».
La via maestra verso questo fine di liberazione e realizzazione di sé è'quella oramai abitualmente chiamata "meditazione".
Il tema è decisivo nella ricerca attuale, come in realtà è stato in quella di sempre, e oggi è anche molto di moda; il che non sempre giova, favorendo la proliferazione di pubblicazioni e pratiche ambigue, spiritualmente degradate e di infimo livello culturale, proposte per intercettare curiosità e aspettative di risanamento psico-fisico e di benessere senza sforzo. Su scala mondiale, la torta del lucro da spartire è gigantesca...
Naturalmente, però, non mancano interventi di alto profilo, ispirati a tradizioni e metodi meditativi diversi, di fondata tradizione e sostenuti da grande serietà di ricerca e assiduità di pratica. Ad accomunarli è il fine: la meditazione non mira infatti a reprimere, ma a spersonalizzare, favorendo il contatto del meditante con una zona interiore integra e totale, dove si possono schiudere al suo essere e operare nel mondo gli orizzonti del significato.
Questo obiettivo si può raggiungere in molti modi, all'apparenza perfino opposti; la via di meditazione buddhista è presentata oggi, fra i molti libri che le sono ormai dedicati, da II silenzio tra due onde di Corrado Pensa, uscito negli Oscar Mondadori.
È un libro che si distingue per il retroterra profondamente nutrito dei testi della tradizione, antichi ma anche attuali; l'autore vi ricorre per mettere a fuoco la pratica meditativa buddhista nei suoi presupposti, nei metodi, nelle fasi diverse che può attraversare, nei sentimenti che la ispirano e la sorreggono.
Ne risulta uno sviluppo ricco, nient'affatto schematico né peggio ancora piattamente didattico, che colpisce anche per la serenità e la benevolenza dell'argomentare.
L'avvio della pratica meditativa buddhista sta nell'immergersi interamente nei mezzi della propria manifestazione, a partire dal respiro, mantenendo un'assoluta vigilanza su quanto avviene, cioè senza lasciarsi distrarre dalla "proliferazione" di immagini e pensieri.
I metodi di meditazione di matrice hindu, puntano invece ad acquietare i mezzi dei quali siamo dotati per manifestarci (il corpo, le emozioni e i sentimenti, il pensiero), per riconoscere e sperimentare continuamente che la realtà autentica dell'essere umano non si identifica e non consiste in questi mezzi.
Lo spazio interno è così ripulito e può manifestarsi ciò che è chiamato atman, il Sé profondo, il soggetto reale, fatto di pura conoscenza e misteriosamente identico al brah-man, il Sé universale e impersonale; anzi, identico alparabrah-man, il Sé "supremo", di continuo evocato nel suo diretto ammaestramento da Sri Nisargadatta Maharaj :
Ubaldini ne propone, dopo altre opere, L'esperienza del nulla. L'immagine suggestiva, che sigilla il lavoro sta nelle parole con cui Nisargadatta allude al fine da lui perseguito nei confronti dei discepoli: «inserire un cuneo tra voi e i pensieri, tra voi e l'accettazione di qualunque pensiero o parola».
Per lui, infatti, il processo meditativo - che finisce per assorbire l'intera esistenza - consiste (unicamente) nell'identificarsi in modo totale con l'esperienza dell'«io sono», cioè con il parabrahman, prima e oltre il pensiero e le parole.
di Giuliano Boccali il sole 24 ore 21 giugno 2009


Corrado Pensa, «Il silenzio tra due onde. Il Buddha, la meditazione, la fiducia», Oscar Mondadori, Milano, pagg. 228, €11,40;

Sri Nisargadatta Maharaj, «L'esperienza del nulla. Discorsi sulla realizzazione dell'infinito», a cura di Robert Powell, Ubaldini, Roma, pagg. 112, € 11,00.