sabato 26 settembre 2009

Ballard: alla fine dell’uomo

I tre grandi scrittori che negli anni Cinquanta e nei primissimi Sessanta hanno scelto come loro campo la fantascienza non l'hanno fatto per una vocazione alla letteratura di genere e al suo vasto mercato. L'hanno fatto perché quel genere permetteva loro di scavare non solo nelle storture di una società
(a questo sarebbe potuto bastare il miglior noir o la spy-story, come dimostra lo scrittore politicamente più acuto tra i contemporanei inglesi di Ballard, John Le Carré, con il quale Ballard sembra intrattenere uno strano dialogo a distanza, anche se nessuno parla dell'altro) e perché permetteva loro di scrutare nelle sue linee di tendenza, in ciò che di novità, perlopiù conturbante e minacciosa, il presente andava affermando ma che non tutti riuscivano a vedere. Per esempio i romanzieri loro contemporanei,fossero essi eredi del realismo dell'8oo o del freudismo, della sociologia dell'uomo-massa o della scuola modernista.
A loro modo, gli americani Vonnegut e Dick furono anche sociologi (il secondo in veste di sciamano), come Ballard, che spiega nelle bellissime memorie solide e serene, perché scelse la fantascienza, nel lontano 1961 (con II mondo sommerso) e perché teorizzò, contro la fantascienza allora dominante, la conquist aper il genere, esaurite le fantasie sul futuro extraterrestre, dell'inner space, inteso non tanto come spazio dell'interiorità quanto come spazio interno al pianeta che ci ha prodotto, all'«aiuola che ci fa tanto feroci».
Non è un caso se Ballard, in I miracoli della vita, titolo che dimostra come Ballard sia un uomo sostanzialmente fiducioso e non misantropo, parli della sua opera letteraria soprattutto in riferimento al suo . capolavoro, L'impero del sole (1984, l'anno di Orwell) che evoca non un mondo oltre l'immediato percepibile, ma la sua infanzia a Shanghai e la prigionia subita da bambino in un campo giapponese, esperienze di iniziazione alla crudeltà della storia e alla verità dell'uomo, e ai due più sconcertanti e avventurati dei suoi libri declinati al futuro prossimo, La mostra delle atrocità (2001) e Crash (2004).
Grande estimatore dell'opera di Dalì e di Bacon, Ballard si riferisce al fondo della mutazione dell'uomo e anticipa le teorie del post-umano che conseguono a quelle dél post-moderno. Egli dà meno rilievo ai suoi scritti non così estremi, ma altrettanto importanti e non meno utili per capire quel che bolle sotto le apparenze, quel che il presente ci prospetta di futuro, e che è ormai del tutto evidente. Tra questi titoli vanno ricordati almeno II condominio, Millennium People eRegno a venire fondamentali per la comprensione dello spostamento del disagio sociale sui ceti medi, aggrediti dall'alto e dal basso e pronti a future rivolte, e il racconto lungo Un gioco da bambini, che tutti i genitori e gli educatori dovrebbero leggere.

di Goffredo Fofi
Sole 24 ore domenica 9 febbraio 2009