martedì 28 giugno 2011

Clinton la ricetta per uscire dalla crisi


 Interessanti questi due articoli collegati tra loro, che contengono molte proposte.
Federico Rampini espone il dibattito pubblicato dalla rivista "The nation", mentre Bill Clinton propone 13 filoni di intervento.
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La ricetta per uscire dalla crisi

C´è chi lo battezza «capitalismo inclusivo» e chi preferisce "capitalismo democratico". Non conta l´etichetta ma il contenuto: un cambio radicale di priorità, regole e valori, un nuovo umanesimo che comanda l´economia. Meno finanza, meno diseguaglianze, una diversa gerarchia nei luoghi di lavoro, un mondo imprenditoriale con finalità alternative al solo profitto. Non è un libro dei sogni, è il risultato di una vasta consultazione avvenuta in America tra imprenditori, innovatori, giuristi, studiosi di ogni disciplina, dalla finanza alla proprietà intellettuale. Il dibattito lo ha lanciato la rivista The Nation, laboratorio di idee della sinistra americana, con il titolo Reimagining Capitalism e questa domanda: «Immaginate di poter reinventare il capitalismo, da dove comincereste?». E inoltre: «Cosa si può cambiare per renderlo meno distruttivo, più centrato sui reali bisogni dell´umanità, per orientarlo a rendere le nostre vite migliori?».



E inoltre: "Cosa si può cambiare per renderlo meno distruttivo, più centrato sui reali bisogni dell´umanità, per orientarlo a rendere le nostre vite migliori?".
Le risposte potevano sbizzarrirsi ai confini dell´Utopia. Invece si sono mobilitati protagonisti dell´economia, esperti di rango, con un elenco di proposte concrete, 13 grandi idee, progetti per cambiare da subito. Il successo dell´iniziativa rivela una voglia di riforme ben più diffusa di quanto appaia dal dibattito politico tradizionale.
«Tutti hanno in comune una caratteristica - commenta il caporedattore di The Nation, William Greider - è gente allenata a pensare nel lungo termine, con esperienze concrete dal business alla finanza, attivisti e ottimisti, capaci di sfoggiare un´inventiva sorprendente». È la prova che l´America «è ancora viva e vitale, ricca di pensiero giovane, propensa a lanciarsi verso grandi cambiamenti».
Alcune di queste proposte innovative si stanno già facendo strada da sole, dentro la società civile, con un´esplosione di iniziative dal basso. Poche di queste idee circolano nei partiti, ancora prigionieri di schemi arcaici: la destra vuole "lo Stato minimo", i democratici o sono sulla difensiva o si limitano a invocare "più Stato".
Mentre dalle 13 idee per cambiare il capitalismo emerge una certezza comune: c´è bisogno "di uno Stato più forte, non più grosso", una distinzione importante visto che l´Occidente intero dovrà affrontare per diverse generazioni un risanamento delle finanze pubbliche. Gli esperti che hanno aderito all´iniziativa di The Nation non chiudono gli occhi di fronte a una delle contraddizioni della sinistra: «Non basta invocare più regole, visto che il fallimento delle regole è stata una delle cause dell´ultimo spaventoso tracollo del capitalismo».
E proprio dalla colonna portante del capitalismo, cioè l´impresa, partono alcune delle idee d´avanguardia raccolte su The Nation. "Benefit Corporation", traduzione Impresa Benefica: è una società per azioni il cui statuto sociale e ragion d´essere sia diversa dal profitto. Non è un sogno, è un cambiamento delle normative già in atto in California, New Jersey, Maryland, Virginia e Vermont, tutti Stati che hanno modificato il codice civile per consentire la diffusione di aziende che costruiscono «un´economia di mercato ma non una società di mercato».
Jamie Raskin, giurista costituzionale e senatore del Maryland, elenca diverse Benefit Corporations che hanno come finalità obbligatoria «un impatto positivo sulla società e l´ambiente: alcune si occupano del risanamento di fiumi, altre operano nell´edilizia popolare, altre ancora combattono l´analfabetismo di ritorno». È un movimento reale, il B Lab di Philadelphia ha già censito oltre 400 Benefit Corporations. E a differenza dello statuto generico di cooperative, il marchio delle Benefit Corporations si può perdere: «Se l´azienda non tratta i propri dipendenti, la comunità locale e l´ambiente con lo stesso rispetto che ha per gli azionisti». William Lerach, noto avvocato che ha vinto battaglie storiche in difesa dei consumatori e dei piccoli azionisti (ottenne 7,2 miliardi di rimborsi per i soci di minoranza Enron) spiega come introdurre «un poliziotto in ogni consiglio d´amministrazione, imponendo alle S. p. a. un amministratore indipendente che per legge protegga gli interessi dei dipendenti e del pubblico», aggirando le costruzioni barocche e inutili della corporate governance.
Kent Greenfield, giurista del Boston College, spiega perché va abolita la "responsabilità limitata": nata per favorire gli investimenti imprenditoriali (isolando il capitale d´impresa dalle proprietà dei singoli azionisti) è diventata la causa di una dilagante irresponsabilità capitalistica. "L´imprenditore che rischia in proprio, che perde se sbaglia": questa figura d´altri tempi, così lontana dall´impunità recente invalsa ai vertici del capitalismo, torna in auge grazie agli Employee Stock Ownership Plan (Esop): 11.000 aziende sono state comprate dai loro stessi dipendenti, in tutto 12 milioni di lavoratori.
Il giurista Vincent Panvini estende la lezione a tutte le imprese: «Contro la figura del chief executive de-responsabilizzato, che si arricchisce coi paracadute d´oro anche quando rovina l´impresa, tutte le regole retributive del top management devono essere tassativamente allineate alla salute dell´azienda».
Joe Costello prevede gli enormi vantaggi per la collettività dall´estensione sistematica dei principi "dell´open information", riducendo l´appropriazione privata delle scoperte e della proprietà intellettuale da parte delle multinazionali.
Sarah Anderson dell´Institute for Policy Studies rilancia la tassa sulle transazioni finanziarie con un progetto concreto per risolvere i dissensi tra Europa e Stati Uniti.
Robert Weissman che dirige il movimento Public Citizen prende ispirazione dal salvataggio statale di General Motors e Chrysler, e spiega tutte le leve d´influenza che il governo può mobilitare per orientare gli investimenti privati: a vantaggio delle energie rinnovabili, per la tutela della salute, la ricerca scientifica.
Barbara Dudley racconta come sta prendendo piede nell´Oregon una nuova forma di microcredito, che aggira il potere delle grandi banche e garantisce finanziamenti a chi ne ha più bisogno: studenti universitari, piccole imprese, cooperative.
Joseph Blasi, Richard Freeman e Douglas Kruse sono tra i più autorevoli esperti di relazioni industriali a Harvard e Rutgers: insieme firmano la proposta che rivoluzionerebbe gli incentivi fiscali per le imprese, limitandoli a quelle che riservano all´80% della manodopera (la parte bassa della piramide gerarchica) le stesse risorse che servono a pagare il 5% del top management. Una ricetta semplice per invertire la tendenza all´ipertorfìa dei superstipendi e al patologico aumento delle diseguaglianze.
Tra gli imprenditori spicca Leslie Christian, chief executive di Portfolio 21 Investment: «L´attivismo dei risparmiatori può scavalcare i ritardi dei governi nel promuovere uno sviluppo sostenibile per l´ambiente. Aumentano i fondi che escludono sistematicamente dai loro portafogli d´investimento le energie fossili e vanno in cerca di opportunità di lungo termine solo in aziende che hanno una strategia di riduzione nei consumi di risorse naturali».
Ray Carey, che è stato chief executive di Adt, affronta il problema che assilla l´esercito delle "pantere grigie", la generazione del baby-boom che comincia adesso ad andare in pensione senza garanzie sui propri redditi futuri: «Un sistema di retribuzione degli amministratori dei fondi pensione, che vincoli i loro stipendi ai risultati di lungo termine».
Le 13 idee sono riforme a costo zero, non richiedono nuove risorse pubbliche, spesso anzi le fanno risparmiare (come lo sfoltimento dei privilegi fiscali per la rendita finanziaria). Ignorarle significa rassegnarsi a «un´economia patologica, una finta ripresa, con salari declinanti, debito pubblico e debito estero in aumento, il ceto medio che s´impoverisce». In comune, gli autori che hanno raccolto la sfida da The Nation hanno la caratteristica di pensare "out of the box", fuori dalle consuetudini, ribellandosi alla pigrizia mentale. Sono a tutti gli effetti degli imprenditori sociali, pionieri dell´innovazione nella migliore tradizione americana. Il più grosso sforzo che si richiede per reinventare il capitalismo, è "immaginazione morale e spirituale". Questo serbatoio mostra di essere ancora abbondante in America, non aspetta che arrivi il nulla osta dall´alto per mobilitarsi e sperimentare.

Fonte: FEDERICO RAMPINI - la repubblica | 22 Giugno 2011
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Chi salverà il capitalismo - "È ancora l'economia, stupido"
Clinton indica la via del rilancio
di  Bill Clinton

La ricetta per uscire dalla crisi in 13 punti degli economisti Usa. Un mercato dal lato umano, senza l'assillo del profitto e del Pil Chi salverà il .

capitalismo L'intervento Energia, edilizia verde e aiuti pubblici alla fonnazione nella formula dell'ex presidente Usa "E ancora l'economia, stupido" Clinton indica la via dei niancio î reen economy Edilizia gla idit Le energie rinnovabili sono candidate a produrre crescita e occupazione come fece l'informatica durante la mia presidenza BILL CUNTON La prossima settimana a Chicago, la Clinton Global Initiative per la prima volta sarà incentrata sull'America con un appello ai vertici dell'imprenditoria e della politica ad impegnarsi a sostenere il progetto per l'occupazione. Ecco le nostre proposte.
1. VELOCIZZARE L'ITER DEI PROGETTI D'INVESTIMENTO Non è colpa della Casa Bianca se è problematico far decollare rapidamente i progetti, a volte l'iter di approvazione richiede tre anni se non più. Bisogna cambiare le procedure, dar corso all'intero iter di verifica solo in presenza di concreti rischi ambientali.
2. LIQUIDITA PER AVVIARE NUOVE IMPRESE Per chi ha intenzione di avviare un'impresa le agevolazioni fiscali non servono a nulla, dato che mancano ancora gli introiti.
Il presidente Obama ha introdotto una politica molto valida in campo energetico, tra cui l'idea di concedere un credito di imposta sia per le offerte di lavoro ecosostenibile (i cosiddetti green Potremmo dare lavoro a un milione di persone riqualificando edifici in tutta l'America Per iniziare dipingiamo i tetti di bianco jobs), sia per le nuove imprese. Bisogna convincere i repubblicani al congresso della validità di questa strategia.
3. POSTI DI LAVORO NEL SETTORE ENERGETICO All'epoca della mia presidenza l'economia beneficiò del grande sviluppo delle tecnologie informatiche. Più di un quarto della crescita occupazionale e un terzo della crescita del reddito derivavano da quel settore. Oggi il candidato naturale a questo sono le nuove strategie di produzione e utilizzo dell'energia.
4. IMITIAMO L'EMPIRE STATE BUILDING Prendiamo ad esempio l'Empire StateBuilding—lovedo dalla finestra del mio ufficio — è stato ristrutturato secondo criteri di riqualificazione ambientale. Il progetto prevede la sostituzione degli impianti, nuove tecniche di illuminazione, isolamento termico. Potremmo dare lavoro a un milione di persone riqualificando edifici in tutta l'America.
Le banche dispongono ancora di una liquidità superiore ai 2000 miliardi di dollari svincolati, creiamo le opportunità per usarli
5. LE BOLLETTE COME STRUMENTO DI AZIONE Con i risparmi in bolletta si potrebbero finanziare anche le riqualificazioni. Sono come minimo 11 gli Stati che consentono alle società elettriche di incassare il denaro risparmiato e usarlo per pagare le imprese edili. Per ogni miliardo di dollari investito nella riqualificazione si ottengono 7.000 posti di lavoro. Iniziamo dalle scuole, dalle università, dagli ospedali, dalle sedi dell'amministrazione locale.
6. SOLUZIONI STATO PER STATO Nel Nevada due grandi società cinesi hanno deciso di spostare in quel piccolo Stato le loro fabbriche di turbine e lampade Led peri grandi parchi eolici tenni. Si sono creati così 4.000 posti di lavoro. Ho apprezzato molto la franchezza dei cinesi. Hanno dichiarato di aver preso questa decisione sulla base di meri motivi economici, non di opportunità politica. Hanno spiegato che il costo del lavoro in Cina è più basso, madatiglialticostiditrasporto conviene produrle in loco.
7. PRESTITI GARANTITI Le banche dispongono ancora di una liquidità superiore ai 2000 miliardi di dollari svincolati. Allora suggerivo che il governo federale accantonasse—senza spenderli-15 miliardi di dollari del piano di salvataggio TARP. In praticala banca presta denaro a un'impresa e il governo federale funge da garante per il 75% del prestito.
8. DIPINGIAMO ITETTI DI BIANCO Milioni di edifici in America hanno i tetti catramati. Assorbono enormi quantità di calore e per climatizzare gli ambienti servono grandi quantità di energia. A New York il sindaco Bloomberg ha dato vita ad un programma per impiegare manodopera giovanile per imbiancare i tetti. E, che ci si creda o no, dipingere il tetto di bianco può portare ad una riduzione del 20% del consumo di energia elettrica in una giornata molto calda! Ogni tetto nero di New York dovrebbe essere imbiancato e così a Chicago e a Little Rock.
9. AZIONI PRODUTTIVE A giudizio unanime degli esperti il piano anticrisi TARP e gli stimoli all'economia ci hanno salvati da una seconda Grande Depressione. Dopo il salvataggio della GM e della Chrysler disponiamo di circa 75.000 posti di lavoro in più nell'industria. La chiusura delle fabbriche e delle relative forniture sarebbe costata un milione di posti di lavoro. Ha funzionato ma non ha "risanato l'economia", non ha prodotto risultati granché apprezzabili dalla gente comune, ma in sua assenza il tasso di disoccupazione sarebbe stato oggi superioredell'1,5-2%.
10. FORMAZIONE IN AZIENDA In Georgia, se dopo un lasso di tempo i posti di lavoro offerti da una azienda risultano ancora vacanti, lo Stato fornisce alle imprese il denaro necessario aformaredirettamente il personale. Nel periodo di formazione le imprese non pagano gli oneri sociali. I posti di lavoro vacanti in Usa sono 3 milioni.
11. RIDURRE LA PRESSIONE FISCALE SULLE AZIENDE Sarei perfettamente d'accordo su una riduzione delle aliquote, sulla semplificazione tributaria e sul risparmiare oneri di contabilità, ma allargando la base fiscale e eliminando le scorciatoie che creano disparità, così che tutte le imprese siano ragionevolmente tassate sui loro profitti.
12. APPLICARE IL DIRITTO COMMERCIALE Da quando ho lasciato l'incarico ogni anno abbiamo perso posti di lavoro nell'industria. Uno dei motivi 61a mancata applicazione della normativa sul commercio. Contrariamente a quanto si crede il W TO e i nostri accordi commerciali non impongono un disarmo unilaterale. Negli ultimi anni non sono stati applicati appieno perché Cina e Giappone sono i nostri banchieri ed è difficile essere rigidi sulle loro prassi commerciali scorrette.
13. ANALIZZARE LE OPPORTUNITÀ Se non ci saranno pacchetti di stimolo federali e ulteriori incentivi fiscali mirati direttamente alla creazione di nuovi posti di lavoro devono necessariamente esistere delle opportunità diverse cui attingere, data la liquidità in possesso delle banche e delle imprese. Ma questo comporta dei costi, quindi sarò lieto di tornare all'aliquota fiscalevigente perle fasce alte di reddito ai tempi in cui ero presidente, se serve a finanziare gli incentivi fiscali per creare maggiore occupazione.

2011, The Newsweek/Daily Beast Company, LLC