giovedì 9 giugno 2011

At home - breve storia della vita privata

Adoro i libri di questo genere! I francesi in particolare se ne sono occupati molto (Duby per quanto riguarda la vita quotidiana, , Le Goff per la storia medievale) , anche se la mia passione nacque moltissimo tempo fa scoprendo su una bancarella un libretto garzanti di Wright "Civiltà in bagno", praticamente la storia dell'umanità (in particolare inglese) vista attraverso l'evoluzione delle abitudini igieniche. Da brivido!

gg
----
L' intera storia del mondo può scorrere tra le pareti della nostra casa. Qualsiasi oggetto che vi si trovi dentro ha la capacità d' immetterci in una vicenda densa, buffa, interessante, piena di sorprese e collegabile alle sorti dell' umanità. Succede persino con la cosa più anonima, quella di cui abbiamo dimenticato provenienza e funzione, perché così intrecciata al tessuto del nostro quotidiano da aver finito per sparirci dentro. Un mestolo, una spazzola, un lenzuolo, una forcina, il bidè, il ferro da stiro, l' interruttore della luce. O una tazza di tè: una lunga epopea si riflette in quel liquido dalla tinta ambrata.

L' innamoramento britannico per quest' infuso, ci narra lo scrittore statunitense Bill Bryson nel suo colossale libro At Home, prese il via a metà Settecento grazie alla Cina, da cui si arrivò a importare in Inghilterra ventitré milioni di libbre all' anno. Al punto che, per riequilibrare la bilancia commerciale, gli inglesi si misero a vendere ai cinesi massicce quantità di oppio prodotto in India. Grazie allo scozzese Fortune, recatosi in Cina per apprendere sul campo i segreti della sua coltivazione, il tè fu poi introdotto nelle colonie indiane, con gli effetti che sappiamo sulla società inglese. Una mappa di itinerari analoghi, ricchi di aneddoti, rimandi, citazioni e personaggi, forma il mosaico gigantesco delle abitudini domestiche occidentali offerto dalle 536 pagine del volume At Home, sottotitolo: A short history of private life (editore Doubleday: uscirà in Italia ad ottobre prossimo tradotto da Guanda con il titolo Breve storia della vita privata ), che applica a una minuziosa indagine della casa la stessa fervida curiosità di cui Bryson diede prova in A Short History of Nearly Everything, un librone del 2003 (best-seller da centinaia di migliaia di copie) dedicato ai più assurdi, elementari, tragici e meravigliosi eventi della vita, dalla scomparsa del Dodo alle collisioni tra asteroidi, dagli ingranaggi dello scafandro dei palombari al destino di una molecola di una goccia d' acqua. Col suo originale approccio scientifico-pop, Bryson è un maniaco del dettaglio: lo fraziona, lo anatomizza e lo scandaglia per proiettarlo in una dimensione universale. Stavolta, con At Home, tutto prende il via dall' acquisto, da parte dello scrittore, di una dimora del 1851 in un piccolo villaggio inglese, edificata in stile vittoriano e nata come canonica del pastore locale. Bryson decide di trasformarla in campione emblematico del proprio viaggio esplorativo nella casa come idea del vivere comune, partendo dal presupposto dell' importanza basilare, nella Storia, del versante privato dell' esistenza umana. Il bagno gli fa attraversare l' evoluzione dell' igiene, la stanza da letto lo stimola a parlare di sesso, morte e sonno, e in cucina si avventura in quello che concerne la preparazione del cibo e il nutrirsi. Tutto ciò che accade sul pianeta, intende dimostrarci, finisce a casa nostra: nel tessuto dei pantaloni che indossiamo, nell' imbottitura del cuscino su cui poggiamo la testa e in ogni mobile o accessorio. Il minimo va osservato come motore del massimo: degli eventi storici, economici, politici e sociali. Questione di metodo e nessi. Perché le forchette hanno quattro denti e non tre, o cinque? Perché, sul nostro tavolo, abbiamo sale e pepe e non sale e cannella? Una rete sterminata di informazioni può dipanarsi da domande come queste. È come un albero che si ramifica con getti inesauribili. La foresta che ne risulta ci porterà a capire che la fisionomia dell' umanità deriva, più che da tante battaglie, dalla serie di componenti anche minuscole della vita spicciola di gente terribilmente normale. Così facendo Bryson ci sommerge di scoperte luride, inquietantie spassose.E per esempio, stando in cucina, ci offre il racconto precisissimo del modo in cui, negli ultimi due secoli, l' uomo occidentale ha conservato e adulterato i propri cibi, riferendoci episodi ripugnanti: il burro veniva allungato con la cera e il lardo, il tè con la segatura e con feci di pecore polverizzate, nell' aceto si versava l' acido solforico e con il gesso si diluiva il latte. Per deliziarci con notizie come queste, l' autore spulcia archivi, si tuffa nelle biblioteche, scova i referti dei controlli igienici che periodicamente, lungo gli innumerevoli decenni del regno di Vittoria, si abbatterono sulle botteghe di alimenti. Svelandoci, tanto per dirne una, che nei forni in cui si cuoceva il pane proliferavano ragnatele, vermie le più varie tipologie di insetti. All' epoca, ci spiega Bryson, la scelta di materie prime era incommensurabilmente più vasta dell' attuale: la terra ha prosciugato una fetta immensa delle sue risorse. Nell' Ottocento c' erano duemila qualità di mele oggi scomparse, e l' appassionato di orti Thomas Jefferson seminava una trentina di tipi di piselli. Nei mari abbondavano quantità mostruose di aragoste, che finivano nelle mense degli orfanatrofi e delle carceri ed erano usate come concime. Erano considerate talmente infime che i servi, nei contratti di lavoro, esigevano una clausola grazie alla quale non potevano essere obbligati a mangiare aragoste più di due volte a settimana. L' universo della camera da letto è lo spazio in cui Bryson passa più tempo, e una delle ricerche che compie in quest' ambiente riguarda i materiali usati per imbottire i materassi, che a seconda dei livelli sociali venivano riempiti da piume, lana, capelli, cotone, trucioli, alghe, segatura e fieno. Un altro percorso intrapreso nello spazio abitativo votato al riposo segue l' evolversi del concetto di privacy dall' Ottocento in poi, rivelandoci che in passato, nelle locande, si usava condividere il letto con avventori sconosciuti, e che i domestici dormivano ai piedi del padrone anche mentre costui faceva l' amore. Nel cosmo dell' intimità del corpo e dei bisogni fisiologici primari, ovvero in bagno, siamo aggrediti dai resoconti dell' affanno estenuante con cui il genere umano si è sempre adoperato per liberarsi dei propri escrementi. Bryson conduce un' inchiesta ossessiva sullo sviluppo dei sistemi di scarico pubblici e sui princìpi della mappatura delle fogne. In era dickensiana le strade di Londra erano letteralmente invase dalle feci, mentre il Tamigi era un orrendo magma di liquami. Ed è stupefacente la quantità di tempo impiegata dagli europei per capire che il lavarsi è un atto salutare, oltre che gradevole. In pagine di fascino orrorifico, veniamo accompagnati nella tradizione di origine cristiana che per secoli ha messo in rapporto la sporcizia con la salute fisica: come se mondare il corpo ne attaccasse le difese immunitarie o fosse un atto spudorato e immorale. E apprendiamo che, ancora negli anni Cinquanta, un francese su dieci non aveva doccia né vasca da bagno nella propria abitazione. Si sa che esiste già un filone letterario sui temi del privato, sia in prospettiva generale (vedi gli imponenti saggi sulla vita quotidiana nei secoli scorsi dei due storici francesi Philippe Ariès e Georges Duby), sia puntando i riflettori solo sull' era vittoriana (uno dei libri più recenti su questo soggetto è l' accurato Inside the Victorian Home, di Judith Flanders, uscito nel 2004). Ma At Home di Bryson è altro:è il dono dell' ironia, la sostanza umana dell' aneddotica, il narrarci la vita ordinaria come se fosse un romanzo. È la possibilità di fare della casa uno specchio identitario. È la casa come significato e rappresentazione del procedere dell' uomo nel tempo. «Bisogna fermarsi un attimo a pensare dove siamo e perché», ci suggerisce lo scrittore. E mentre avanza tra scale, sgabuzzini, gabinetti e corridoi, ci regala una filosofia dell' essere, e del sentire il ritmo dei giorni, che ci riguarda tutti, perché dimostra che la casa siamo noi. LEONETTA BENTIVOGLIO
repubblica 06 giugno 2011 —   pagina 53   sezione: CULTURA