«Se esistono alternative al greggio, per il cibo non ce ne sono».
È la sicurezza alimentare del pianeta il cardine del pensiero di Lester Brown (1934), ambientalista statunitense che nel suo ultimo volume («Piano B 4.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà»; Edizioni Ambiente, pagg. 374, € 20,00) lancia un allarme: sfamare tutti è la nostra unica possibilità di salvezza. Pioniere della sostenibilità (nel 1974 fondò il Worldwatch Institute, la prima istituzione al mondo capace di fornire un'analisi integrata dell'interrelazione esistente tra sistemi naturali e sistemi socioeconomici), Brown parla di energia, acqua, crescita demografica e partecipazione; fa il punto, e propone una soluzione.
Il Piano B da lui suggerito (via d'uscita alternativa rispetto all'ottica Bau, Business as usual, oggi "drammaticamente praticata") parte dalla considerazione di alcuni fattori, ognuno dei quali contribuisce alla progressiva riduzione del cibo a nostra disposizione. Uno, la crescita demografica. «La popolazione mondiale cresce di 80 milioni di persone all'anno: ciò significa che ogni giorno gli agricoltori di tutto il mondo devono nutrire 216mila persone in più del giorno precedente». Due, l'aumento del consumo di cibo fondato su base cerealicola (carne e uova), e la tendenza a utilizzare parte dei raccolti di cereali per produrre combustibile («Nel 2009, dei 415 milioni di tonnellate di cereali raccolti negli Usa, 116 milioni sono stati convertiti in etanolo»). Tre, la riduzione delle risorse idriche, che passa attraverso l'utilizzo di acque fossili, ossia non rinnovabili; ci illudiamo che acqua ce ne sarà sempre; non è vero.
«Tra gli indicatori sociali ed economici da monitorare costantemente per capire l'avvicinarsi dei conflitti – avverte Brown – ci sono l'aumento del prezzo dei generi alimentari (quello del frumento è triplicato tra 2007 e 2008, prima di tornare a livelli più contenuti) e del numero di persone che soffrono la fame, che nel 2008 erano più di un miliardo. Il punto cruciale del piano B è che questo sistema non è più praticabile».
Futuro apocalittico? No, perché la soluzione esiste. «Il piano B si basa su quattro elementi».
Il primo consiste nella riduzione dell'80% delle emissioni di CO2 entro il 2020: «Stabilizzare il clima è fondamentale. Alcuni scienziati, per fare un esempio, sostengono che se i ghiacci della Groenlandia continueranno a sciogliersi al ritmo attuale, entro la fine di questo secolo il livello del mare aumenterà di due metri, inondando ben 19 zone di produzione di riso in Asia. Non è impressionante pensare che lo scioglimento dei ghiacci nel nord possa inondare Paesi così lontani?».
Il secondo fattore consiste nel limitare la popolazione mondiale a 8 miliardi di persone, obiettivo raggiungibile contenendo la fertilità e «promuovendo il ruolo sociale della donna attraverso l'istruzione».
Terzo punto, ridurre la povertà non solo perché «piaga moralmente inaccettabile», ma anche perché «un mondo povero resta insensibile alle sfide ambientali».
Quarto e ultimo, «la salvaguardia dei nostri sistemi di sostegno naturale: i pascoli, le foreste, il suolo, il mare. La storia ci insegna che le civiltà che hanno distrutto i propri sistemi di sostegno naturale si sono avventurate in un pericoloso declino che le ha portate al tramonto. Un'eccessiva pressione sui sistemi naturali è letale».
L'incidente sulla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, che ha spinto una marea nera sulle coste della Louisiana? «Un motivo ulteriore per ripensare l'uso dei combustibili fossili. Questa catastrofe ha danneggiato gli ecosistemi marini e costieri con effetti imprevedibili sul lungo termine».
A proposito di energie alternative al petrolio; Lester Brown dedica nel suo libro ampio spazio alla promozione delle fonti rinnovabili, e propone dati a supporto della propria tesi. «In Texas, il primo produttore di petrolio degli Stati Uniti, saranno a breve disponibili 50mila megawatt di elettricità prodotti con centrali eoliche: l'equivalente dell'energia fornita da 50 centrali elettriche alimentate a carbone. La Cina sta progettando di realizzare sette centrali eoliche con una capacità di 130mila megawatt. In Algeria si ragiona su un sistema per sfruttare l'energia solare. Poi c'è l'energia geotermica».
Ma è possibile ridurre l'utilizzo di combustibili fossili? Brown dice di sì: «Il Piano B prevede, tra le altre cose, di realizzare entro il 2010 un milione e mezzo di turbine eoliche, in grado di produrre 2 megawatt ciascuna: un risultato che ci permetterebbe di chiudere tutte le centrali elettriche alimentate a carbone del pianeta». Ma come fare, e cosa fare come individui? «Mobilitarsi. Negli Stati Uniti migliaia di persone hanno deciso di opporsi alla costruzione di ulteriori centrali a carbone. Ce l'hanno fatta. È inutile riciclare la carta o usare le lampadine a risparmio energetico se non si mettono in atto azioni politiche e civili di ampio respiro. Il presidente Obama sta operando bene in questa direzione. E James Cameron (il regista di Avatar, ndr), mi ha detto di essere stato colpito dal mio libro: un segnale di attenzione che lascia ben sperare. Ma non abbiamo più molto tempo: bisogna agire».
Il sole 24 ore, 3 giugno 2010