sabato 7 agosto 2010

birmania: Cosa stanno facendo Unione Europea e Commissione Europea?

Domani è l'8 agosto, anniversario della della sanguinosa repressione dell'8 agosto 1988 da parte della giunta che uccise oltre 3.000 persone scese in piazza pacificamente per la democrazia.
l'articolo è tratto dal sito www.birmaniademocratica.org.
Ricordo che dopo un viaggio nel Paese, ho organizzato tempo fa due mostre sulla situazione birmana: foto sul sito www.verdementa.org, che ho rinnovato ieri.

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Cosa stanno facendo Unione Europea e Commissione Europea?
Irrawaddy. 21 luglio 2010

Il mese scorso una delegazione dell’Unione Europea ha annullato una visita prevista in Birmania dopo che il regime birmano aveva rifiutato alla delegazione il permesso di incontrare Aung San Suu Kyi, il leader dell’opposizione agli arresti.Tuttavia secondo diverse fonti UE ben informate alcuni Stati membri sembrerebbero comunque interessati a recarsi a Naypyidaw per incontrarsi con gli ufficiali birmani nonostante il “no” all’incontro con Aung San Suu Kyi. The Irrawaddy ha inoltre appreso che diversi funzionari dell’UE appartenenti allo schieramento favorevole alle relazioni con la Birmania starebbero anche spingendo per una politica di maggiore apertura nei confronti del regime.

Piero Fassino, inviato speciale dell’UE per la Birmania, è chiaramente favorevole ad una nuova visita nel paese. Tuttavia le recenti richieste di Fassino di recarsi nel paese sono state respinte dalla giunta, mentre le missioni svolte in passato sono fallite miseramente.Che Fassino abbia una scarsa conoscenza della Birmania e della sua situazione politica è un dato di fatto. Per quale ragione vorrebbe quindi recarsi nuovamente in visita nel paese?

Un’apertura nei confronti del regime birmano può essere accettabile, nella misura in cui il regime mostri una corrispondente volontà politica e tale apertura possa produrre esiti tangibili. Tuttavia la politica di apertura dell’UE non ha fino ad ora prodotto alcunché di positivo.I gruppi pro-Birmania hanno da tempo espresso una seria preoccupazione in merito al fatto che l’inviato dell’UE per la Birmania ha più volte minato, pubblicamente e privatamente, la stessa posizione comune che è stato delegato a sostenere nei confronti dei paesi asiatici.In effetti, la politica comune dell’UE consiste nel mantenere o nel rafforzare le sanzioni nei confronti del regime e nel sostenere il dialogo politico e la riconciliazione nazionale tra opposizione e regime. È inoltre possibile aumentare la pressione se necessario, imponendo ad esempio un embargo sugli armamenti nei confronti della Birmania.Tuttavia l’UE non ha ancora utilizzato appieno le proprie capacità di pressione economica e politica con l’obiettivo di produrre un esito positivo nella Birmania dei militari.

La complessità dell’UE non può di certo essere negata; tuttavia – fattore quanto meno allarmante – alcuni Stati membri non sembrano allinearsi alla politica comune dell’Unione, ciò che comporta tensioni e confusione all’interno dell’Unione stessa.

Il problema sta nel fatto che la politica dell’UE nei confronti della Birmania invia segnali contrastanti alle forze democratiche birmane, interne ed esterne al paese. The Irrawaddy ha appreso che la stessa Aung San Suu Kyi, leader democratica agli arresti domiciliari, al pari di membri di alto rango della ora fuorilegge Lega Nazionale per la Democrazia, hanno recentemente espresso la propria preoccupazione nei confronti della politica dell’UE.

Sembra che Regno Unito, Svezia, Repubblica Ceca, Irlanda, Danimarca e Paesi Bassi intendano mantenere una politica comune dell’UE, mentre altri Stati membri, in particolare Germania e Spagna, starebbero spingendo per una linea di maggiore apertura, se non addirittura di un franco sostegno, nei confronti delle elezioni farsa organizzate dal regime, come pure nei confronti di alcuni loschi e controversi figuri che apparterrebbero ad una “terza forza” all’interno del paese. Diversamente dai membri del Parlamento Europeo, i burocrati della Commissione Europea (CE) sostengono il dialogo con la giunta e il rafforzamento della cooperazione con alcuni sospetti alleati della giunta e con la già citata “terza forza”, al contempo sostenendo il taglio ai finanziamenti per i profughi lungo il confine tra Thailandia e Birmania.

La cooperazione con la “terza forza” e con i sopra citati loschi figuri con l’obiettivo di sostenere le elezioni farsa organizzate dal regime e le attività volte a minare attivisti, gruppi della società civile all’interno all’esterno del paese e i principali partiti dell’opposizione appare una scelta quantomeno dubbia. È interessante inoltre rilevare come alcuni funzionari della CE abbiano sostenuto di nascosto la “terza forza” all’interno del paese nel processo di creazione di una società civile. Davvero i burocrati della CE ritengono che questi soggetti secondari appartenenti alla “terza forza”, che non sono in realtà null’altro che portavoce del regime, possano creare una società civile in Birmania?

Su questa base, non meraviglia affatto che i birmani all’interno e all’esterno del paese considerino i burocrati della CE come parte del problema nel già complesso panorama politico birmano. Questi burocrati sembrano sostenere tale controversa “terza forza” all’interno della Birmania e le elezioni farsa volute dal regime piuttosto che rafforzare sanzioni mirate contro il regime e i suoi seguaci o sostenere la commissione di inchiesta delle Nazione Unite sui crimini contro l’umanità, già auspicata dall’inviato per i diritti umani. Lo scorso mese di marzo il Relatore Speciale delle Nazione Unite sulla Birmania ha dichiarato come gli abusi dei diritti umani in Birmania siano di una gravità estrema e che le Nazioni Unite dovrebbero considerare l’istituzione di una commissione d’inchiesta che indaghi su possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità. A tutt’ora l’UE non si è espressa in merito, come se il regime non avesse commesso crimine alcuno. Tristemente la decisione della Commissione Europea di tagliare i fondi per gli interventi di soccorso ha fortemente scosso la zona al confine tra Thailandia e Birmania, essendo l’UE uno dei principali donatori per l’area.

Le agenzie che si adoperano a favore dei rifugiati lungo il confine tra Thailandia e Birmania hanno espresso la propria preoccupazione in merito al fatto che il taglio dei finanziamenti potrebbe ostacolare i programmi di assistenza medica per i profughi birmani.

Secondo la Burma campaign UK con sede a Londra, “la Commissione Europea si è costantemente rifiutata di finanziare tali aiuti e non ha fornito una spiegazione adeguata delle motivazioni, adducendo invece vaghe dichiarazioni in merito a questioni di responsabilità e monitoraggio. Si tratta di una tesi assolutamente non credibile, dato che il governo britannico e altri Stati membri dell’UE che adottano requisiti di monitoraggio estremamente severi hanno espresso la propria soddisfazione sull’esito del monitoraggio degli aiuti transfrontalieri”. Sempre secondo Burma Campaign UK, “nella sola Birmania orientale si trovano almeno 100.000 sfollati interni che necessitano disperatamente degli aiuti transfrontalieri; sempre in Birmania orientale circa 2.500.000 persone hanno come unica o comunque più agevole fonte di aiuto l’assistenza transfrontaliera. L’assistenza transfrontaliera è inoltre necessaria anche in altri stati della Birmania”.

Il 20 maggio il Parlamento Europeo ha richiesto alla Commissione Europea di “annullare i tagli dei finanziamenti ai profughi sul confine tra Thailandia e Birmania e di avviare immediatamente il finanziamento agli aiuti transfrontalieri, con particolare riferimento all’assistenza medica”.

Tuttavia dopo l’affermazione del ministro degli esteri tailandese lo scorso mese di giugno secondo la quale il governo di Bangkok sperava di poter rinviare nel proprio paese i profughi birmani dopo le elezioni, un funzionario dell’UE ha dichiarato a The Irrawaddy: “L’UE non ritiene che le elezioni del 2010 in Myanmar [Birmania] possano creare condizioni che consentano un ritorno immediato principalmente di soggetti Karen in Birmania orientale, in particolare dato che un cessate il fuoco tra l’SPDC [il governo birmano] e i leader Karen appare improbabile e stante il perseguire del conflitto armato”. Qual è quindi l’effettiva posizione attuale di UE e CE?

Gli osservatori dell’UE ritengono che le divisioni interne e la confusione della Comunità abbiano reso addirittura più complessa l’elaborazione di una posizione sulla Birmania e ne abbiano minato la reputazione. Recentemente The Irrawaddy ha appreso che alcuni funzionari e burocrati della Commissione Europea hanno assunto posizioni personali che appaiono in contrasto non solo con la politica comune dell’UE, ma addirittura con i principi democratici.

Sembra che tali soggetti siano fortemente critici nei confronti di Aung San Suu Kyi e della decisione del suo partito di non partecipare alle prossime elezioni. Inoltre tali funzionari e burocrati della Commissine Europea considerano i gruppi della società civile, gli attivisti lungo il confine e i movimenti etnici semplicemente alla stregua di provocatori. Se quanto sopra è vero, non possono non sorgere dubbi sull’integrità e sulla dignità dell’UE e sui suoi stessi principi democratici. Questi funzionari e burocrati sono probabilmente nati in una società democratica. È quanto meno ironico che abbiano espresso la propria avversione nei confronti di gruppi di attivisti della società civile che lavorano per una Birmania migliore.

Il regime detiene in gulag oltre 2000 prigionieri politici, i soldati continuano a perpetrare abusi dei diritti umani nelle regioni abitate dai gruppi etnici, mentre i profughi e gli sfollati vengono lasciati a loro stessi lungo il confine. Il paese è pervaso da un clima di paura. Tuttavia l’UE invia segnali contrastanti alla Birmania e al movimento pro-democratico, una situazione vergognosa che ha contribuito ad aggravare l’insoddisfazione dei birmani all’interno e all’esterno del paese nei confronti della politica dell’UE.

In una recente lettera ai ministri degli esteri dell’UE, gruppi europei di lobbying pro-Birmania hanno espresso “profonda preoccupazione per il fatto che funzionari della Commissione Europea si esprimano apertamente e pubblicamente contro la Posizione Comune concordata dagli Stati membri dell’UE, come pure contro le posizioni assunte dal Parlamento Europeo nelle sue risoluzioni. Riteniamo che sia inaccettabile che funzionari della Commissione che non dispongono di nessun mandato democratico minino la posizione ufficiale degli Stati membri e del Parlamento Europeo, entità dotate di una responsabilità democratica”.

È giunto il momento che UE e Commissione Europea chiariscano ufficialmente i punti sopra delineati; è inoltre necessario che le forze democratiche birmane, i gruppi di attivisti e i gruppi in esilio analizzino più approfonditamente le politiche di UE e CE nei confronti della Birmania al fine di responsabilizzare maggiormente tali organizzazioni in un momento così critico come quello attuale per il paese.