lunedì 3 maggio 2010

nucleare e fotovoltaico

Leggere "Il sole 24ore" è sempre interessante......... Premettendo che il quotidiano è della Confindustri, presieduta da Emma Marcegaglia, industriale dell'acciaio, industria interessata al nucleare come fonte di energia, ecco un interessante esempio di articoli relativi all'energia, ai posti di lavoro creati dal nucleare e dalle energie rinnovabili.
E io, comunque, tra un mese dovrei avere i pannelli solari sopra il tetto...
(gg)



Il fotovoltaico a rischio bolla


Quanto piacciono le fonti rinnovabili di energia. E su tutte, il fotovoltaico. Ma piacciono non solamente a chi deve spendere per realizzare le centrali rese interessanti dagli incentivi più succosi al mondo, come le famiglie che vogliono mettere i pannelli sul tetto di casa o le società elettriche che investono nel rischio imprenditoriale dei progetti industriali, ma soprattutto agli intermediari di autorizzazioni. Piacciono a chi, con l'investimento di un po' di contatti giusti sulla rubrica del telefonino, riesce a piazzare a caro prezzo i fogli di carta con i timbri del comune o la domanda di allacciamento presentata a Terna (la spa dell'alta tensione) o all'azienda di distribuzione elettrica locale. Si stima che alla fine riesca a passare un progetto su quindici. Tant'è che c'è ci pensa a una caparra per frenare i progetti farlocchi.
Sono soldi facili. Quei pezzi banali di carta possono essere rivenduti sul "mercato secondario" a circa 100mila euro per megawatt. Sono state depositate a Terna e all'Enel circa 45mila domande-fotocopia per 152mila megawatt (15,2 miliardi di valore ipotetico sul mercato virtuale). Tre volte la richiesta elettrica massima nell'ora di punta dell'intera Italia: il record assoluto di fabbisogno fu registrato il 17 dicembre 2007 alle ore 17,30 con 56.810 megawatt.
La "bolla" potrebbe scoppiare. I segnali ci sono. In Puglia la domanda furibonda di terreni per la posa di pannelli solari ha distorto i valori delle aree agricole. Gli ecologisti insorgono contro l'invasione fotovoltaica al posto delle colture. Il presidente della Puglia, Nichi Vendola, di fronte alla metastasi dei progetti ha annunciato un freno alle installazioni sui terreni agricoli. Ma il problema è internazionale, con i grandi nomi della finanza (basta pensare a Goldman Sachs) sbilanciati su questo tipo di investimenti. «Non va spezzato il giocattolo per la troppa ingordigia», commenta Antonio Costato, vicepresidente della Confindustria con delega all'energia. «La corsa smodata alle rinnovabili ha già costretto il governo tedesco a intervenire. Noi dobbiamo disciplinare in modo ordinato la materia prima che sia tardi».
Per correre ai ripari prima che la "bolla delle rinnovabili" scoppi – trascindando con sé tanti progetti validi – Terna e la Confindustria propongono un vincolo economico al mercato virtuale. Oggi la domanda di allacciamento costa 1.250 euro. Così Terna pensa che si potrebbe scremare i progetti alzando a 5mila euro per megawatt il costo della domanda di allacciamento. Non a caso Terna e la Confindustria hanno scritto all'Autorità dell'energia una lettera in cui sottolineano l'importanza dell'autorizzazione unica, un solo atto che comprenda la realizzazione dell'impianto e l'allacciamento alla rete.
«Dieci anni fa – ricorda Paride De Masi, imprenditore pugliese attivo nel settore delle rinnovabili – proposi una legge obiettivo per superare le difficoltà contro le infrastrutture energetiche e le rinnovabili. Ora è il momento di riproporre quella soluzione, e ne dibatterò al Festival dell'energia in programma a Lecce. L'Italia non ha alternative: c'è un obiettivo europeo da raggiungere».
Invece, accade che la valanga di carta paralizzi gli uffici regionali che devono dare il via libera. Anni fa, l'ufficio classico con quattro impiegati riusciva a gestire, seppure con lentezza amministrativa, le poche decine di pratiche l'anno. Oggi sulle scrivanie di quei martiri del timbro le richieste si accumulano a centinaia. E alcuni progetti tentano di scavalcare gli ingombri con procedure improprie.
Inoltre tante richieste di allacciamento impongono lavori impegnativi alla rete elettrica. L'anno scorso Terna ha dovuto realizzare 900 chilometri di linee con una spesa di 500 milioni e presto dovrà impegnare 1,1 miliardi. «Tutte le connessioni più semplici sono state prenotate – spiegano a Terna – e ai progetti seri bisogna proporre soluzioni di allacciamento sempre più remote e complesse».


Sole 24 ore, 1 Maggio 2010 di Jacopo Giliberto

LE STIME ANIE
Con il nucleare diecimila nuovi occupati
II ritorno dell'Italia all'energia nucleare potrebbe creare, solo nei comparti dell'elettromeccanica, ben 10mila nuovi posti di lavoro. È quanto emerso dal confronto avviato tra Anie, la federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche aderente a Confindustria, e l'Enel, per valutare le opportunità di partecipazione delle imprese al programma nucleare Enel-Edf.
Gli investimenti - si legge in una nota - sono stimati in 18-20 miliardi di euro, oltre la metà dei quali dovrebbe avere ripercussioni sull'indotto italiano ed in particolare sulle imprese elettromeccaniche, se si considera che in media il 20-25% dell'investimento per la costruzione di un sito nucleare riguarda proprio le installazioni elettromeccaniche.
«Affinché la ricostituzione di una filiera nazionale sul nucleare costituisca un'opportunità per l'industria nazionale - ha dichiarato il presidente dell'Associazione energia di Confindustria Anie, Claudio Andrea Gemme - è necessario un quadro legislativo e normativo di riferimento chiaro, che dia sufficienti garanzie su tempistiche e procedure».
R.R.

La ricerca. Per ogni addetto servono fino a 1,3 milioni
Da sole e vento lavoro a caro prezzo
Una ricerca dell'Istituto Bruno Leoni punta l'indice sui costi pubblici eccessivi per la creazione di posti di lavoroFederico Rendina

Verdi,ma alverde.Inutile illudersi: la corsa ai green jobs, i posti di lavoro creati dall'energia rinnovabile, ci costerà davvero cara. Sette volte più cara di quello che i sussidi pubblici possono produrre nel resto dell'industria, cinque volte di più di quel che serve a oliare un nuovo posto di lavoro nell'economia in generale.
Frenare la corsa? Chiudere almeno un po' il rubinetto degli incentivi "verdi"? «Per carità. Non vogliamo dire questo. Il nostro è semmai un contributo analitico per capire, far capire, l'onerosissimo sforzo che il nostro paese sta facendo per assolvere ai suoi obblighi nazionali e internazionali rispetto alle energie rinnovabili», risponde Carlo Stagnaro, stratega dell'Istituto Bruno Leoni, coautore con Luciano Lavecchia di un paper dal titolo un po' provocatorio (Are green jobs real jobs? The case of Italy) che sarà presentato lunedì in un convegno a Milano.
I sussidi Cip6 che dal 1992 trainano le centrali elettriche verdi (ma anche un mucchio di "assimilate" che di ecologico non hanno proprio nulla). E poi il meccanismo del conto energia, che strapaga gli elettroni solari. E ancora: i certificati verdi, sempre pagati con un'addizionale su tutte le bollette. Un fiume di soldi per un rigagnolo di posti di lavoro. Ottenuti attraverso un
sussidio netto, calcolato come differenza tra i denari tirati fuori dalla collettività e il valore di mercato dell'energia cosi prodotta, che nel 2008 solo per il Cip6 ammontava a 2,3 miliardi di euro, di cui appena 0,95 dedicati peraltro alle rinnovabili"au-tentiche" (il 41% del sussidio totale). A cui si sommano, sempre per il 2008, almeno 100-120 milioni dedicati al conto energia e i 400 milioni dei certificati verdi. Il tutto per compensare i maggiori costi di produzione dell'energia verde con prezzi di "ritiro" triplicati rispetto al valore medio dell'energia, con punte di sei volte per il fotovoltaico.
Posti di lavoro creati nel 2008? Tra 5.700 e 15mila (a seconda delle stime che circolano) nel fotovoltaico, tra 17mila e 28mila nell'eolico. Al costo unitario, in termini di puro sussidio, valutabile dai 19.500 ai 55mila euro nell'eolico e tra 7.500 e poco meno di 20mila euro nel solare.
Cosa succederà di questo passo da qui al 2020? Se consideriamo gli obiettivi tendenziali (assai ambiziosi) il semplice mantenimento nel tempo degli attuali sussidi produce comunque una simulazione piuttosto attendibile se non altro nelle proporzioni tra i posti creati e il sussidio da dedicare all'operazione.
Ecco dunque che al 2020 potrebbero essere creati da 24mila e 45mila posti di lavoro nell'eolico e tra 27mila e 46mila nel fotovoltaico, con sussidi cumulati al 2035-2040 (quando scadranno, le "code" degli stanziamenti nel frattempo garantiti) di circa 31 miliardi di euro nell'eolico e 33 nel fotovoltaico. Ne risulta che per ogni posto di lavoro creato saranno state mobilitate risorse tra 500mila euro e 1,3 milioni nell'eolico, e tra 70omila euro e 1,2 milioni nel fotovoltaico, pari in media a circa cinque e sette volte lo stock di capitale medio per lavoratore nell'economia in generale e nel settore industriale. Un'operazione decisamente ciclopica.
Sole 24 ore, 1 maggio 2010 Federico Rendina