lunedì 3 maggio 2010

Cacca, ultimo tabù.

Dalla defecazione per strada nelle baraccopoli indiane alle fogne inglesi in compagnia dei flusher (addetti al trattamento acque). Dall'uso delle feci umane come fertilizzante, in Cina, ai gabinetti high tech giapponesi (i Toto, con l'asse riscaldato e il bidè incorporato). La scrittrice inglese Rose George ha girato per due anni il mondo, e in "Il grande bisogno" (Bompiani) racconta i risultati delle sue ricerche, parlando di rifiuti umani in modo intelligente per denunciare su scala globale malattie, differenze culturali, sociali e sessuali, inquinamento e pratiche di smaltimento dei reflui. Brava Rose George! C'è bisogno dì giornaliste coraggiose come lei. Ho bisogno di andare in bagno. Presumo che ce ne sia uno, sebbene mi trovi in uno spartano ristorante della Costa d'Avorio, in una cittadina piena di profughi della confinante Liberia, dove l'acqua viene approvvigionata con secchi e dove gli asciugamani si comprano usati. Il cameriere, un giovane liberiano, si limita ad annuire. Mi conduce attraverso l'oscurità fino a un edificio composto da un vano, accende la luce e se ne va. Pavimento e muri sono ricoperti di piastrelle bianche. Stop. Niente tazza, niente buco, nessun indizio. Esco per chiedergli se per caso non abbia sbagliato posto. Mi sorride sarcastico. I profughi non si divertono granché, ma lui adesso un po' sì. «Falla sul pavimento. Che aspetti? Qui non siamo in America!» Mi sento un'idiota. Gli dico che mi accontento dei cespugli, che non sono così schizzinosa, ma lui è sparito, l'eco della sua risata si perde nell'oscurità.
Ho bisogno di andare in bagno. Lascio la sala di lettura della British Library a Londra e trovo una toilette per signore dopo pochi metri. Nel caso non sia di mio gradimento, ce n'è un'altra dall'altro lato dello stesso piano, e molte altre distribuite sui cinque piani. Alle sei di sera, dopo che migliaia di persone sono entrate e uscite dalla biblioteca e dalle toilette, i cubìcoli sono ancora puliti. Faccio quello che devo, poi scarico l'acqua e dimentico tutto, immediatamente, perché posso farlo e perché per tutta la vita non ho fatto nulla di diverso. Questo è il motivo per cui il cameriere liberiano si è preso gioco di me. Ha pensato che ritenessi un mio diritto il disporre di una toilette, quando invece sapeva che era un privilegio. Dev'essere così, se 2,6 miliardi dì persone non dispongono di servizi igienici. 

4 persone su 10 non hanno alcuna latrina, toilette, secchio o casupola. Niente. Al contrario, defecano lungo i binari dei treni o nei boschi. Lo fanno dentro sacchetti di plastica che lanciano in aria nelle vie delle baraccopoli. Se si tratta di donne, si alzano alle quattro del mattino per fare le loro cose protette dal buio per la privacy, per il rischio di stupro o di un morso di un serpente. 
4 persone su 10 vìvono circondate dagli escrementi umani. Il prezzo da pagare in termini di malattie è sbalorditivo. Un grammo di feci può contenere 10 milioni di virus, 1 milione di batteri, 1000 cisti parassite e 100 uova di vermi. Un esperto di igiene ha stimato che le persone che vivono in zone con un sistema fognario inadeguato ingeriscono giornalmente dieci grammi di materiale fecale. 
La mancanza di scarichi fognari, le condizioni igieniche inadeguate e l'acqua contaminata - solitamente da particelle fecali - causano un decimo delle malattie mondiali. E sono i bambini a essere i più colpiti. La diarrea - che per il 90 per cento è causata da cibo o acqua contaminati da feci - uccide un bambino ogni quindici secondi. Gli esperti parlano di malattie generate dall'acqua, ma questo è un eufemismo. In realtà sono causate dalla merda. Nella primavera del 2007 la città di Galway, sulla costa occidentale dell'Irlanda, espose alla Galway Arts Parade un uomo con un costume verde peloso, con molte braccia e un occhio solo. Si chiamava Crypto e chiunque avesse trascorso a Galway i precedenti cinque mesi, non avrebbe avuto bisogno di presentazioni, perché Crypto era la causa per cui una città, culturalmente a livelli mondiali, stava vivendo in condizioni ben note agli abitanti dei peggiori bassifondi del mondo. Crypto era una grande versione pacioccona di un parassita chiamato cryptosporidium, che viaggia nelle feci. Per oltre cinque mesi, Crypto e i suoi miliardi di cugini avevano fatto sì che una città ricca e moderna, in una nazione ricca e moderna, dovesse bollire l'acqua. Tutto era cominciato agli inizi di marzo, con casi di mal di stomaco e diarrea. Vi furono numerosi ricoveri in ospedale dei soggetti più vulnerabili (gli anziani, i giovani, gli im-munodepressi) e c'era grande incertezza sulle cause. Qualcosa aveva inquinato l'impianto dell'acqua potabile di Lough Corrib. All'inizio la responsabilità venne data alle vacche. Poi fu data la colpa agli allevatori e ai residui dei pesticidi con cui trattavano i loro campi. Poi qualcuno cominciò a nutrire sospetti sulle fogne. Gli esami iniziali stabilirono che la gran parte delle infezioni era dovuta al Cryptosporidium homìnis, che si trasmette da individuo a individuo. Un'inchiesta della radio irlandese scoprì che i livelli di cryptosporidium negli effluenti scaricati nel Lough dalla rete di acque nere di Oughterard erano 600 volte superiori ai limiti ammessi in Irlanda del Nord. Un quinto delle città irlandesi è a elevato rischio dì infezione da cryptosporidium. Quasi la metà del paese tratta le proprie deiezioni solo a un livello primario, che significa separare i corpi grossolani per poi scaricare il resto. L'Irlanda non è l'unico paese ricco ad avere un'infrastruttura più adatta a un paese sottosviluppato. Milano, capitale culturale italiana e capitale intemazionale della moda, fino a poco tempo fa non riusciva a far altro che scaricare i propri liquami, non trattati e pericolosi, nell'agonizzante fiume Lambro. Cinque anni fa la città ha finalmente costruito il suo primo impianto di trattamento, spronata dalla Comunità Europea che minacciava una multa di 15 milioni di dollari al giorno per il mancato adempimento a una direttiva sullo smaltimento dei reflui. Tutto ciò suona ironico, dato che Bruxelles, sede della Comunità Europea, ha cominciato solo nel 2003 a costruire un impianto di trattamento per le proprie acque reflue. Prima di allora i liquami di tutti i diplomatici, i burocrati e le persone ingegnose e competenti venivano scaricati in un fiume, e quelle persone ingegnose e competenti non se ne facevano un problema. 
Negli Stati Uniti - dove 1,7 milioni di persone vivono senza servizi igienici - il cryptosporidium nell'acqua potabile di Milwaukee fece ammalare 400mila persone, uccidendone 100. Si trattò del più grande caso di infezione per contaminazione delle acque nella storia degli Stati Uniti, e avvenne nel 1993, oltre 100 anni dopo che i padri delle città americane ebbero installato tubazioni per l'acqua, fogne e impianti di trattamento per allontanare le acque nere. Per portarle dove? Milwaukee scarica refluo trattato - per rimuovere alcune cose, ma non gli scarti farmaceutici o tutti i patogeni - nel lago Michigan, che fornisce anche l'acqua potabile. A volte si scarica anche di refluo non trattato. Dal 1994 sono stati versati nel lago 3,5 milioni di metri cubi di "liquame puro". Questo non è illegale, ma è ciò che il sistema fa nel caso in cui l'acqua piovana superi la capacità di stoccaggio degli impianti. Il 90% degli scarichi mondiali finisce tale e quale negli oceani, nei fiumi e nei laghi, e una buona porzione arriva da città dotate di fognature e impianti di trattamento. Il sistema delle acque reflue nei paesi occidentali è costituito da tubazioni e si fonda su condutture. Nonostante la tecnologia, al di là del luccicare del progresso e dei wc, perfino i popoli più ricchi ancora non sanno cosa fare con i refluì, se non spostarli da qualche parte e sperare che nessuno si accorga quando sono scaricati, non trattati, nelle fonti di acqua potabile. E nessuno se ne accorge. (© Bompiani/Rcs libri Spa)
Mara Accettura repubblica delle donne, 30 aprile 2010