lunedì 3 maggio 2010

Fermiamo il nucleare, non serve all'Italia


SE verifichiamo il fabbisogno di energia, ci accorgiamo che quello che non riescono a fare attualmente  le energie rinnovabili (tipo il sole e il vento) è la potenza "di picco", quella che serve agli industriale dell'acciaio, dell'alluminio e delle ceramiche.
 L'energia nucleare serve solo a loro, non ai cittadini.
Vogliono il nucleare? LO facciano loro, da privati. Premesso che non c'è privato nel mondo che abbia costruito una centrale, sappiano che ci sono alcune "spesucce":
  • Costruzione centrale
  • smantellamento centrale dopo X anni, durata da stabilire in anticipo onde evitare di trovarsi con rottami ingestibili; i costi di smantellamento devono essere garantiti da fidijussione.
  • spese di gestione
  • approvvigionamento uranio (da importare, subendo eventuali ricatti internazionali e aumento dei prezzi)
  • spese di sicurezza (attentati, ecc)
  • "Convincimento" popolazioni, che devono tenere conto anche del fatto che una centrale nucleare ha necessità di moltissima acqua.
C'è un industriale che , fatti quattro conti, è ancora disponibile ad investire sul nucleare?
Il nucleare statale è un enorme affare a rischio tangenti!!!!!!
(gg)

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Fermiamo il nucleare, non serve all'Italia
Appello per un Comitato Nazionale

Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli interessi dei cittadini e del Paese.

Alcuni dati lo dimostrano:

L'Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.

Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l'innovazione tecnologica e dalla diffusione dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili.

A fronte però dell'impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell'efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell'Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.

Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.

Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall'estero perché importeremmo l'uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie.

Quanto al presunto "rinascimento" del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l'attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.

Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall'Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.

Per tutte queste ragioni, s'invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall'Unione Europea del 20-20-20. L'auspicio e l'impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.

Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.

Le associazioni promotrici:

Ambiente e Lavoro

Accademia Kronos

Associazione Mediterranea per la Natura

Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare

Fare Verde

Forum Ambientalista

Greenpeace

Italia Nostra

Jane Goodal Italia

Lav

Legambiente

Lipu

Mountain Wilderness

Pro Natura

Vas

Wwf

Nucleare e Berlusconi. Convincere o informare?

«Dobbiamo fare una vasta opera di convincimento sulla sicurezza delle nuove centrali». Così ha dichiarato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi a proposito della scelta nucleare. A questa opera di convincimento si dovrebbe prestare la Rai.

Una domanda sorge spontanea: gli italiani devono essere convinti o informati per farsi una loro convinzione? Sicurezza a parte (ovviamente ha tutta la sua importanza), noi vorremmo informare gli italiani che la scelta nucleare non e' economicamente valida. Facciamo un po' di conti.

* La produzione elettrica rappresenta il 18% del nostro fabbisogno energetico complessivo.
* L'82% del fabbisogno energetico va essenzialmente ai trasporti. Il che significa che per 4/5 di fabbisogno energetico dovremo ancora far riferimento al petrolio e derivati.
* Il 25% del 18% fa 4,5%, che è la quota riservata alla produzione di energia elettrica dal nucleare sul fabbisogno energetico complessivo.

Dunque il nucleare ci fornirà una percentuale limitata di energia, il 4,5% appunto, che può essere ottenuta ottimizzando la produzione e attuando politiche di sviluppo delle energie rinnovabili. Queste argomentazioni non sono "urla e strepiti" come scrive qualche giornale. Ci si confronti su argomentazioni, non su scelte ideologiche o interessi di bottega: è la prima cosa che chiediamo.