martedì 6 settembre 2011

consumismo collaborativo

Nel mondo di internet ciò che interessa non è possedere, ma usufruire: un altra, nuova economia?
Accade a Somerville nel Massachusetts. Centinaia di giovani signore affluiscono dalla vicina Boston per il National Swap Day, la giornata nazionale dello scambio: in un anfiteatro affittato per l'occasione si scambiano tra loro ogni sorta di usato, dagli abiti delle griffe più prestigiose alle  borse e altri accessori di marca, anche
libri e dvd. L'happening di massa dura poco: in mezz'ora sparisce tutto. «Swap», è baratto.

Economico, appagante, comunitario. Quando non ho più bisogno di un oggetto, non è detto che l'unica destinazione sia la discarica. Qualcosa di profondo sta cambiando nei comportamenti economici. Se accade nella Mecca mondiale del materialismo consumista, l'America, ha la portata di una rivoluzione.
Perché spendere e comprare, se invece posso "usare", prendere ciò che mi serve solo quando mi serve? Baratto, affitto, prestito, scambio, usufrutto collettivo, cooperazione: esplode in mille forme questa nuova economia. È l'ascesa del «consumismo collaborativo», cosi lo definiscono gli studiosi Rachel Botsman e Reo Rogers in un saggiò intitolato What's Mine is Yours, quel che è mio è tuo. «È l'addio definitivo al XX secolo e alla sua cultura dell'Io», afferma la Botsman. A provocare questa svolta contribuiscono fattori generazionali, culturali, tecnologici. The Economist riassume:
«Che cosa fate se siete ambientalisti, senza soldi, e ben connessi con la comunità online? Dividete». L'economia della condivisione dilaga tra i giovani perché è la soluzione efficiente, sostenibile, etica, ed è facilitata dall'uso sistematico dei siti sociali. Time ne fa «una delle dieci idee che cambieranno il mondo» e osserva che «un giorno la proprietà ci sembrerà anacronistica, guarderemo indietro al XX secolo e ci chiederemo perché avevamo bisogno di accumulare tutta quella roba».
Non è obbligatorio avere vent'anni per capirlo. Nella metropoli post-moderna per antonomasia, Manhattan, che bisogno ho io di possedere un'auto privata, se Zipcar mi offre sotto casa un'auto ibrida o elettrica da pagare a ore, il giorno in cui veramente mi serve? Nel paese più auto-dipendente della terra, già 500mila americani si sono convertiti a Zipcar, una versione molto più evoluta e sofisticata dell'autonoleggio (maggior semplicità, parcheggi ovunque, uso anche per periodi brevissimi). Idem per Vélib, il sistema delle biciclette pubbliche parigine che dilaga in America da Washington a Denver, da Minneapolis a Miami. Dvd? Netflix ha 20 milioni di abbonati che guardano il film e lo restituiscono per posta oppure online. SnapGoods, Share Some Sugar, NeighborGoods hanno esteso su scala metropolitana l'idea del prestito temporaneo di oggetti, utensili, elettrodomestici fra vicini di casa: perché mai comprarsi un perforatore Black&Decker se ti serve solo una volta al mese? A pensarci bene, lo stesso vale per la tagliaerba, perfino l'aspirapolvere: quante ore al giorno questi apparecchi stanno immobili, proprio come l'auto? Vuoi per ragioni di austerità, vuoi per la troppa opulenza degli anni passati che ha riempito le nostre case di oggetti inutili, scopriamo che il poter usare è molto più importante det possedere.
Jeremy Rifkin aveva intuito qualcosa battezzando la nostra èra «l'età dell'accesso»: nel mondo di Internet ciò che interessa è usufruire, non diventare proprietari. Lo scambio economico si arricchisce di una dimensione umana: si allacciano nuove amicizie con chi condivide l'esperienza del consumismo collaborativo. «Così il consumo diventa il tassello della costruzione di una comunità», sostiene Paul Zak che dirige l'istituto di studi in "neuro-economia" alla Claremont University in California. Rispetto al baratto primitivo, i siti sociali consentono di «abbassare la barriera della fiducia» anche verso gli sconosciuti o chi abita molto lontano da noi.
Non a caso l'ideologa di questo movimento, la Botsman, è tutt'altro che una marginale. Ha alternato gli studi a Oxford e Harvard con le consulenze alla Casa Bianca sotto Bill Clinton. Più che una neo-hippy è la guru di una generazione di micropreneurs, giovani che hanno spirito creativo e talento imprenditoriale ma non vogliono piegarsi alla logica mercantile.
1450 Broadway, NYC di FEDERICO RAMPINI
la repubblica delle donne
3 SETTEMBRE 2011