mercoledì 12 gennaio 2011

bracconaggio a Brescia

Inserisco due articoli tratti da: lo strillozzo - n. 3 2010 periodico della Lega Abolizione Caccia
www.abolizionecaccia.it
Il primo sui risultati dei campi antibracconaggio in provincia di brescia, il secondo su nuove tecniche di bracconaggio in Veneto. Con l'Attack si fa tutto.....
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Brescia 24° campo antibracconaggio

Con la giornata di sabato 6 novembre 2010 si è
concluso l’annuale campo antibracconaggio organizzato
da Komitee gegen den Vogelmord e LAC a
Brescia, che ha visto il forte impegno di 67 volontari
provenienti da diversi paesi, Italia, Germania e
Inghilterra, riuniti nello sforzo comune di portare
alla luce, denunciare e contrastare il dilagante
bracconaggio delle valli bresciane.


Lo definiamo dilagante perché l’illegalità venatoria
a Brescia è ancora e sempre la norma, ancora
fin troppo protetta dalla complicità della politica
provinciale. Di fatto però è vero che grazie alla
presenza dei volontari e del N.o.A. alcune forme di
bracconaggio si stanno estinguendo, come quella
degli archetti.
Le operazioni sono cominciate il 3 ottobre e durate 5
settimane: i volontari hanno perlustrato capillarmente
le aree di bracconaggio della Valcamonica,
Valtrompia e Valsabbia, da Gussago a Monte Campione
e dal lago d’Iseo fino al lago di Garda.
ogni giorno da 3 a 7 gruppi di volontari sono usciti
in perlustrazione intorno ai capanni da caccia, nei
boschi o intorno alle case. Alla fine del campo un
totale di 3.161 trappole sono state rimosse.
Nello specifico:
- 1.228 archetti,
- 802 trappoline a scatto “sep”
- 115 reti
- 15 trappole “prodine”
- 1 laccio per ungulati
- 171 uccelli da richiamo
hanno visto di nuovo la libertà.
questi numeri in sè sono relativamente poco elevati,
minori comunque di quanto rinvenuto e rimosso nel
2009 (2.159 archetti, 167 reti, 340 sep) e di gran lunga
minori dei quasi 13.000 archetti rimossi nel 2001.
Ebbene questo è il segno di una vittoria, una fra le
più grandi ottenute dal movimento ambientalista
sul campo. Come già annunciato negli anni passati,
l’uso degli archetti sta scomparendo a Brescia: questo
tipo di trappole particolarmente cruente sono
oramai rare nelle valli e retaggio ormai soprattutto
di persone anziane che si accaniscono a torturare
i pettirossi nonostante la quasi sicurezza di venire
prima o poi sorpresi dalla forestale. I mille archetti
rinvenuti quest’anno sono stati scoperti dunque in
località isolate, mai controllate prima, dove il bracconiere
di turno pensava di poter contare sull’impunità
grazie all’isolamento territoriale. Grosse tese di
archetti - alcune delle quali anche in mano a veri
professionisti del bracconaggio - si sono trovate
sopra Vaghezza, in Valvestino, a Zone, Brione, Irma,
a Lumezzane e in Val d’opol.
Per le cosiddette “sep” invece il discorso è diverso:
queste trappoline sono state viste facilmente in vendita
sottobanco nei negozi di caccia e pesca, nelle
armerie e uccellerie (in tutti i casi abbiamo avvisato
le forze dell’ordine, facilitando non solo la denuncia
dei proprietari, ma portando allo smascheramento
di alcuni traffici di uccelli da richiamo illegalmente
catturati che facevano capo agli stessi negozi). Ne
risulta che l’uso del sep come alternativa all’archetto
è ormai affermato. I sep vengono piazzati nei giardini,
nei cortili, addirittura nei parco giochi, insomma
nei pressi delle abitazioni con estrema frequenza.
I volontari si sono concentrati su questa forma di
bracconaggio e difatti numerosi siti di cattura con
i sep sono spuntati fuori in luoghi inaspettati. Ma
non solo: persino in siti tradizionalmente di archetti
le sep appaiono a sostituirli. Vi sono bracconieri che
piantano un palo nel sentiero come per mettervi
sopra l’archetto e invece vi inchiodano sopra il sep.
Il sep non è amato solo dal trappolatore tout court,
ma anche dai cacciatori: in ben 3 casi i sep erano
infatti nel bel mezzo del capanno, fra le bacche e gli
uccelli da richiamo.
Non ci stancheremo mai di dirlo abbastanza,
ma la caccia e il bracconaggio a Brescia vanno
chiaramente a braccetto. questo connubio è
evidente soprattutto per quanto riguarda le reti,
continuamente poste in vicinanza dei capanni.
Addirittura, in due casi a Pezzoro due capannisti
sono stati visti rimuovere in tutta fretta le reti prima
di tornare a nascondersi nei capanni, mentre nei
pressi di Lumezzane una rete era nuovamente tesa
nel mezzo del capanno da caccia.
Per questa ragione le reti a Brescia non accennano
a diminuire e il numero di quelle rinvenute varia
ogni anno fra le 100 e le 170 (si tenga presente che
le reti sono estremamente difficili da vedere e il loro
rinvenimento richiede una buona dose di fortuna).




550 tordi tagliati ed incollati:
un nuovo bracconaggio per una
vecchia caccia.
Palmanova è un nodo cruciale di mille traffici in entrata e in uscita dall’Italia.
A sud di Udine, Palmanova si trova lungo l’intersezione di due grandi direttrici
stradali e ogni giorno vi transitano decine di migliaia di autoveicoli dalla Slovenia
e dall’Austria. La Polstrada ha fermato due polacchi che trasportavano
550 tordi, tutti implumi prelevati dai nidi, orrendamente ammassati in basse
scatole di cartone, prive di acqua e cibo e con appena poche fessure per l’aria
Constatata l’irregolarità del trasporto e la violazione di importanti norme
della legge sulla caccia, la Polizia Stradale ha provveduto a denunciare i due
polacchi per il reato di cui all’art. 544/ter sul maltrattamento di animali.
Sull’argomento, GeaPress ha intervistato il Vice questore Aggiunto del Corpo
Forestale dello Stato Isidoro Furlan, del distaccamentodi Asiago (VI) quasi al
confine con il Trentino e le coltivazioni di mele. Vediamo allora cosa può generarsi
mischiando impianti di cattura di fauna selvatica e coltivazioni di mele
golden che, per salvaguardare la salute umana e dell’ambiente, non sono più
trattate con massicce irrorazioni di prodotti di sintesi chimica.
Secondo Furlan, i giovani tordi erano destinati agli allevamenti di uccelli da
richiamo in Friuli o in Veneto e per capire da dove provenivano i tordi bisogna
invece guardare alle coltivazioni di pere e mele in particolare alle nuove
tecniche colturali.
I meleti si sono ormai imposti in molte zone pedemontane, ad esempio quelle
trentine. Lo sfalcio frequente dell’erba viene lasciato sul campo. E’ il cosiddetto
mulcing. Le mele non hanno più, come avveniva prima, massicce somministrazioni
di prodotti di sintesi per l’agricoltura. L’erba tagliata e ammonticchiata
tra i filari di alberelli non viene più rimossa, tanto da creare un ricco
microcosmo di lombrichi, altri anellidi ed invertebrati utili alla decomposizione
della sostanza organica.
I meleti così coltivati hanno creato un nuovo ambiente che è stato velocemente
colonizzato dal Tordo Sassello, dal Tordo Bottaccio, dal Merlo ed anche dalla
Cesena, prima più frequenti solo in montagna.
Si è creato così un allevamento di lombrichi, ma anche una sorta di fast food
per gli uccelli. Con tutto il cibo che hanno, ricco, nutriente e non avvelenato,
arrivano a fare fino a tre nidiate mentre le densità sono veramente alte.
La cosa non è passata inosservata anche gli uccellatori.
I richiami vivi usati dai capannisti vengono in parte catturati con i roccoli, in
parte provengono da allevatori autorizzati di fauna selvatica. La riproduzione
del Tordo non è semplice in cattività. Conviene di più munirsi di giovani
selvatici bracconati, che vengono poi allevati in gabbia e risultano molto più
docili alla cattività.
quello che occorre ad un impianto di cattura sono però solo i maschi, per il
canto. qui parliamo di uccelli nel nido, di cui ancora non si distingue il sesso,
almeno esternamente. Il bracconiere si porta appresso un bisturi, due stecchini
e colla chirurgica, bene che vada. L’uccellino preso dal nido viene così
tagliato nell’addome. Un centimetro con il bisturi e gli stecchini per allargare
la ferita. Se femmina, via ai lombrichi. Se maschietto, si mette la colla e viene
riposto in contenitori di legno appositamente costruiti per portarli via.
Gli alberelli di mele sono alti al massimo due metri. Il bracconiere controlla
facilmente i filari. Se il nido ha le uova mette un fiocchetto di un colore, se
invece ha i pulcini ancora troppo piccoli, ne mette uno di altro colore. Se
invece i pulcini possono essere prelevati vi è un terzo fiocchetto ed al ritorno
se li porta via, ma solo se maschietti.
Non so quanto potevano essere pagati i due polacchi, sicuramente non più
di poche decine di euro a tordo. Ma un uccellino portato alla maturità viene
rivenduto ad almeno 250 euro. Se poi ha un canto particolarmente significativo,
anche molto di più.
(Fonte: Geapress, 22 luglio 2010)