Le mille lingue delle emozioni. La felicità è contagiosa
di Franco La Cecla - 05/12/2008
Fonte: La Repubblica
Da quando esistono le scienze umane due sono state le tendenze per spiegare come si propagano le credenze, le mentalità, gli usi e gli stati emotivi. Una sostiene che l´umanità ha una maniera universale di procedere, di fronte a certe situazioni ed in certi contesti risponde nello stesso modo, che sia un villaggio di indios quechua delle Ande, un gruppo di manager di Chicago o una tribù del Benin. Si può chiamare teoria analogica. La seconda è la teoria del contagio, la teoria diffusionista. Gli aztechi costruivano città che somigliavano a quelle cinesi, allora è possibile che qualche cinese sia arrivato via mare fino in Messico.
Più banalmente è la teoria del contatto, quella per cui se due persone o due gruppi umani si incontrano finiranno per imitarsi. La mimesi sembra essere una delle molle fondamentali dell´umanità, quella per cui persone che vivono insieme finiscono per esempio per somigliarsi. L´idea che la felicità sia contagiosa e l´infelicità no presuppone che entrambe le teorie siano sbagliate Per i neuroscienziati che la sostengono ci sarebbero dei fattori particolari nelle sinapsi del cervello che aiutano il contagio felice e inibiscono quello depresso.
Intanto cosa significa felicità? Un conto è la felicità promessa nella Costituzione americana, un altro quella del kamikaze convinto che se muore per la causa giusta va in Paradiso, un conto è la felicità come assenza di dolore - e nel caso della nostra ricerca la felicità è misurata su parametri negativi, l´assenza di depressione - e un altro è la felicità come ricerca di un senso nella vita, un senso che può passare anche attraverso prove dolorose, come il ragazzino indio che si deve perdere nella foresta e soffrirvi per essere iniziato all´asceta. Il punto chiave è che l´umanità è legata al contesto, al tempo, alla geografia e alle motivazioni generali del gruppo dentro cui vive o a cui anche idealmente appartiene e la felicità dipende da queste circostanze. Ogni approccio clinico all´umanità ha bisogno di ridurla al un minimo comun denominatore con la scusa di essere una scienza empirica. Ma è la stessa disumanità che sta oggi alla base della medicina ufficiale, per cui l´uomo è un fascio di nervi e di sinapsi ed il cervello una bella macchina che tra poco avremo "totalmente" capito (dicono loro).
Le cose in realtà stanno in modo differente. Intanto l´idea che la depressione, o l´infelicità, non siano contagiose va contro il più banale buon senso. Vi siete mai trovati a convivere con un depresso? Vi sembra davvero che il suo stato d´animo non aleggi intorno a lui come un´aura pervasiva? Il fatto è che un esperimento in laboratorio è diverso dalla vita reale. E poi è sicuro che la depressione sia un sintomo di infelicità? Per gli psicanalisti la depressione è il momento di presa di coscienza della necessità di un cambiamento. Ma più in generale le discipline antropologiche che si occupano di emozioni hanno fatto passi da gigante tutti dovuti a dei pazienti ricercatori che si sono dati la briga di stare mesi, anni presso popolazioni diverse del mondo. Quelle che questi studi ci raccontano che ogni piccolo mondo ha la sua "tavolozza" di emozioni che hanno senso all´interno di un sistema che "si tiene" per rimandi. La collera, l´ira, la rabbia, e la risata, l´allegria, la gioia sono sì esperienze universali, ma si manifestano spesso in presenze di fenomeni opposti e con intensità diverse. Quello che per noi è uno stato di agitazione per gli antichi greci era il sentire del giovane perfetto. Per i polinesiani ogni eccesso di allegria o di rabbia viene rimproverato e quindi l´intero gruppo vive in una "moderazione" costante che ha bisogno, per non scoppiare, di momenti di follia collettiva. Per le mamme delle favelas brasiliane in cui la mortalità infantile è altissima il lutto deve essere trasformato in allegria. In generale però le emozioni sono un patrimonio locale, sono un linguaggio che si può capire solo dopo un bel po´ di tempo che si è convissuto in quel villaggio, in quel paese. L´umanità, quando si tratta di emozioni, è molto complessa, e come ci ha insegnato Bateson, le emozioni sono come un sistema ecologico, presuppongono un equilibrio di dinamiche. Felicità - infelicità sono parametri molto consumisti di lettura delle emozioni, pretendono di ridurre gli stati d´animo a bisogni, a soddisfazioni, a un vuoto da riempire, ad una carenza da colmare.