Scrive Nietzsche: "E gli dèi morirono dal gran ridere quando udirono che un dio voleva essere il solo"
Vorrei proporle questa breve riflessione a cui mi ha condotto lo studio del mondo greco. Chi sono gli dèi greci? Sono ciò che sarebbero gli uomini senza la morte. La religione greca sembra infatti discendere da una doppia riflessione: da una parte, quella sulla propria mortalità accettata senza Illusioni; dall'altra, quella su ciò che l'uomo sarebbe se non fosse mortale.
I miti degli dèi greci, In quanto ci presentano le divinità come identiche agli esseri umani con la sola differenza di non essere mortali, ci vengono a dire proprio questo, questo ci rivelano: che la morte, la finitezza dell'uomo, è nello stesso tempo ciò che ci perde e ciò che ci salva. Ciò che ci perde: ovvero ciò che ci fa polvere e nulla, dolore cieco e insensato, folle sgomento; ciò che ci salva: ovvero ciò che ci immette nella grandiosità della tragedia, che ci fa abisso e vertigine, tensione all'assoluto e assoluta, inestinguibile nostalgia di eternità, disperata violenza e Immedicabile pietà, pianto Inconsolabile e profondissimo canto.
Qui, Insomma, nella morte - sembrano volerci dire quei miti - è la radice della nostra rovina e del nostro riscatto; senza la morte gli uomini sarebbero infatti ciò che sono gli del greci: esseri spesso insulsi, arroganti, dissipatori, inetti, banali, capricciosi e d'insostenibile frivolezza. Sarebbero, In effetti, ciò che sono tutti gli uomini e le donne che vivono separati dalla propria morte; o, ancora, ciò che sono le donne e gli uomini patinati delle pubblicità, così irrimediabilmente estranei alla mortalità, propria e degli altri, da risultare alla fine estranei a ogni grandezza e in ultima istanza alla vita stessa.
Per quanto mi riguarda, questa è la radice di ogni volgarità, questo misconoscimento della morte, nonché la ragione del mio radicamento nella morte, a partire dal quale respiro, vivo e sento ogni cosa e al di fuori del quale non mi sarebbe più possibile sostenere la violenza dello stare al mondo. Credo che proprio la chiara percezione dell'impossibilità che la vita e la grandezza si diano a prescindere dalla morte o al di là di essa abbia fatto rifiutare a Ulisse II dono dell'immortalità.
Anna Rotunno, Salerno
Risponde Umberto Galimberti:
La sua lettera non pone alcuna domanda e quindi non è prevista alcuna risposta, ma per via della bellezza delle sue considerazioni merita un commento.
È vero, gli dèi greci meritano tutti gli aggettivi poco lusinghieri con cui lei li connota, ma hanno il merito di essere molti. Questa molteplicità è il principio della tolleranza di cui non è capace il monoteismo, detentore di una verità assoluta, e quindi escludente tutte le altre possibili espressioni umane che gli dèi rappresentano.
Nella loro espansione territoriale, Atene nella contaminazione con altre genti e Roma nella conquista di terre e di popoli, non avevano difficoltà a portare nel loro Olimpo gli dèi delle popolazioni con cui entravano in contatto o che conquistavano. Questo consentiva di mantenere e riconoscere l'identità di ciascun popolo e le credenze della sua gente.
La tolleranza incomincia infatti con l'accettazione delle rispettive divinità, con il loro riconoscimento. Quando questo principio fallisce incominciano le guerre di religione che sono più cruente e crudeli delle guerre dettate da interessi economici o territoriali, Perché la religione esprime in forma mitica la configurazione antropologica di un popolo, il modo di condurre la sua vita, a partire dallo scenario celeste che ogni religione disegna, per superare quella dimensione tragica dell'esistenza umana che lei così bene descrive. •
Gli dèi sono morti e il monoteismo ha distrutto, non solo metaforicamente, tutti i templi degli antichi dèi. Ma di recente sembra che anche Dio sia morto, perché il mondo non accade più secondo i suoi dettami.
Se togliamo la parola "Dio" dal Medioevo, quando l'arte era arte sacra, la letteratura era inferno, purgatorio e paradiso, persino la donna era donna-angelo, non capiamo nulla di quell'epoca, mentre tolta la parola "Dio", la nostra epoca si lascia comprendere benissimo, meno forse se togliamo la parola "denaro" o la parola "tecnica". Quindi Dio non fa più mondo, non lo crea più.
Dio è morto. Ma la morte di Dio non ci ha restituito gli dèi, per cui il nostro paganesimo è senza Olimpo. Ci ha però lasciato quell'eredità tipica delle religioni monoteiste che si chiama intolleranza, inevitabile conseguenza di chi si crede in possesso della verità assoluta. Un'intolleranza che non è estirpata e neppure lenita dagli inviti all'amore e alla comprensione del prossimo e del diverso da noi, a cui le parole della religione opportunamente ci invitano senza persuaderci, finché permane il principio per loro irrinunciabile di essere i depositari della verità assoluta. Per cui gli altri chi sono? Poveri erranti? Questa è la ragione per cui sarebbe auspicabile il ritorno degli dèi.
Da "La repubblica delle donne"
20 DICEMBRE 2008