bello questo raccontino di G. Mario Andrico, tratto dal Giornale di Brescia del 28 dicembre 2008...
STORIE E LEGGENDE DELLA BASSA
Freddo, buio e spiriti d'altri tempi
Dalle mie parti succedeva soprattutto d'inverno, quando l'insopportabile freddo costringeva all'ozio e gli uomini s'intontivano nel tepore delle stalle e gli intenti s'annebbiavano...
Ai confini dei paesi, si raccontava, laggiù in fondo ai Valù, si vedevano animali strani: una gru nera con due teste, la biscia con la cresta, l'asina bianca che parlava. Più in là, in località Villabuona nei pressi delle rive dell'Oglio, a cavallo del confine di due province, certi forestieri si fermavano a piantare croci misteriose e strane.
A la Mòia invece c'era un tale che si attaccava alla cancellata del piccolo cimitero e ci stava tutta la notte: «Per abituarsi - andava dicendo in giro - alla morte». Nei pressi di S. Vigilio, dove c'era al Fontanì, si vedevano le monache di Santa Cosma ballare nelle notti di luna tonda...
Sì, succedeva sempre a cavallo tra luglio e agosto. Il mondo non era mica com'è oggi: tempeste a birulù, saette su per le cappe, e i tuoni giù a giocare ai quattro cantoni. Malocchio, fatture e misture erano la minestra quotidiana. E gli spiriti? Su e giù per le scale, dietro ai mucchi di legna, dentro alle cassapanche, radenti i muri del camposanto. Un via vai. Il buio? Era dappertutto: fosco, minaccioso, pieno di rumori, di facce, di occhi spalancati. Dietro ad ogni angolo, in quei tempi, si poteva incontrare tutto ciò in cui, nei nostri, la gente non crede più. Guai a chi s'attardava per il paese dopo calata la sera: gatti neri, mani gelide intorno alle caviglie, sbatter d'ali, lumicini accesi e fuochi fatui ai crocicchi delle vie.
Chi camminava troppo vicino al ciglio della strada veniva accostato da serpentoni giganteschi, verde colorati e col sibilo mortifero. E i cani rognosi? Dopo le ore lecite presidiavano i ponti, si acquattavano dietro ai paracarri o davanti al cancello del cimitero e, i più feroci, arrivavano sui confiNi dove iniziano i campi del paese vicino. Era un mondo così: pauroso, strano, un po' magico, pieno di fascino!
Dalle mie parti, laggiù nella pianura piatta, appena suonava l'Ave Maria, chi ancora si trovava fuori di casa e alle svolte, era meglio che non fosse mai nato.
Un tale, era a morose ed aveva fatto tardi, si sentì infilare una mano gelida sotto il bavero. Rimase muto per il resto dei suoi giorni. Un vecchio ubriacone si era lasciato sorprendere dal buio. Camminava barcollando a rise dei ciosi. Improvvisamente sentì un tonfo sordo. Guardò nella roggia. Vide uscire una mano, bianca
che cercava di tirarlo sotto, invece, sul fiume Mella e nei pressi di Cigole: mica perché lo vedete così, che pare aver perso l'anima.
Una volta ne aveva di misteri e di leggende sotto le sue acque... si vocifera ancora di quella squadracela infame detta degli «Scheletri Armati».
li sorprendevano sempre in inverno, dalle parti della Mala Morte, laggiù dove il fiume s'impaluda, perde forza e non riesce più a trascinare via le sue acque per colpa della grande buca, che pare scavata dal diavolo con le sue unghie tanto è profonda, li vedevano vagare per i campi che lasciavano indietro un puzzo di morte forte forte.
Lo dicevano i vecchi che te ne accorgevi quando uscivano dalle viscere, del fiume, perché i cani, tutti insieme, incominciavano ad abbaiare.
Da quelle parti chiamavano quella schiera la «Caccia dei Morti». Dicevano anche che era stato il Signore a mandarli. Sì, a fare penitenza, perché dovevano espiare tutti i loro peccati... Ma sono conte andate. Neanche da dire.
Gian Mario Andrico