giovedì 29 aprile 2010

Nucleare, anche in Francia i miti crollano

Con 58 centrali attive, i cugini d'Oltralpe devono comunque importare energia elettrica. E non hanno risolto l'annoso problema delle scorie
di Vincenzo Balzani, professore ordinario di Chimica dell'Università di Bologna» membro del Comitato scientifico WWF, è autore, insieme a Nicola Armaroli, di
"Energia per l'astronave Terra" (Zanichelli).

Si afferma spesso che la Francia, grazie al nucleare, è energeticamente indipendente e dispone di energia elettrica a basso prezzo. In realtà la Francia, nonostante le sue 58 centrali nucleari, importa addirittura più petrolio dell'Italia. È vero che importa il 40% in meno di gas rispetto all'Italia, ma è anche vero che è costretta ad importare uranio. Che poi l'energia nucleare non sia il toccasana per risolvere i problemi energetici, lo dimo- • stra una notizia pubblicata su Le Monde del 17 novembre 2009 e passata sotto silenzio: pur avendo 58 reattori nucleari, la Francia attualmente importa energia elettrica.
Secondo voci ufficiali, le quattro centrali Epr Are-va (6.400 MW) che si vorrebbero installare in Italia, costerebbero 12-15 miliardi, ma la costruzione in Finlandia di un reattore dello stesso tipo si è rivelata un'impresa disastrosa. Il contratto prevedeva la consegna del reattore nel settembre 2009, al costo

di 3 miliardi a tale data, i lavori sono in ritardo di 3,5 anni ed il costo è aumentato di 1,7 miliardi. Ma non è finita, perché nel novembre scorso le autorità per la sicurezza nucleare di Finlandia e Francia hanno chiesto drastiche modifiche nei sistemi di controllo del reattore, cosa che da una parte causerà ulteriori spese e ritardi e dall'altra conferma che il problema della sicurezza non è facile da risolvere.
Un impianto nucleare sul fiumi
C'è poi il problema dello smaltimento delle scorie, radioattive per decine di migliaia di anni, che neppure gli Usa sono stati capaci finora di risolvere. E c'è il problema dello smantellamento delle centrali nucleari a fine ciclo, operazione complessa, pericolosa e molto costosa, che in genere viene rimandata (di 100 anni in Gran Bretagna), in attesa che la radioattività diminuisca e nella speranza che gli sviluppi della tecnologia rendano più facili le operazioni. Si tratta di due fardelli che passano sulle spalle delle ignare ed incolpevoli prossime generazioni!
Il rientro nel nucleare, quindi, è un'avventura piena di incognite. A causa dei lunghi tempi per il rilascio dei permessi e l'individuazione dei siti (3-5 anni), la costruzione delle centrali (5-10 anni), il periodo di funzionamento per ammortizzare gli impianti (40-60 anni), i tempi per lo smantellamento alla fine della operatività (100 anni), la radioattività del combustibile esausto (decine di migliaia di anni), il nucleare è una scommessa con il futuro che ha un rischio difficilmente valutabile in termini economici e sociali.
Oggi la prima cosa da fare è risparmiare energia ed usarla in modo più efficiente. Autorevoli studi mostrano che nei Paesi sviluppati circa il 50% dell'energia primaria viene sprecata, e che l'aumento dei consumi energetici non porta ad un aumento del benessere, ma semmai causa nuovi problemi. È possibile diminuire i consumi energetici in modo sostanziale con opportuni interventi quali l'isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, l'uso di apparecchiature elettriche più efficienti, l'ottimizzazione degli usi energetici finali. Quanto alle fonti di energia, l'Italia non ha petrolio, non ha metano, non ha carbone e non ha neppure uranio. La sua unica, grande risorsa è il Sole, una fonte di energia che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un'immensa quantità di energia, 10mila volte quella che l'umanità intera consuma. Una corretta politica energetica deve basarsi sulla riduzione degli sprechi e dei consumi sullo sviluppo dell'energia solare e delle altre energie rinnovabili. -


La migliore centrale? È quella che non c'è
di Sergio Ulgiati (UniversitàParthenope, Napoli)
Il problema dell'energia nei Paesi industrializzati non è risolubile in termini di nuove centrali da installare, bensì in termini di centrali da evitare. Fino ad oggi è stata perseguita la strada di una economia basata su grandi poli industriali, ad elevata domanda di energia, e su grandi consumi nel settore domestico e dei trasporti, a causa della scarsa efficienza energetica dei nostri edifici e della struttura di trasporto merci e passeggeri. Le conseguenze ambientali e sociali sul territorio circostante sono sotto gli occhi di tutti: inquinamento, devastazione estetica, asservimento del territorio alle necessità produttive. L'altra strada è quella della produzione e del consumo sostenibili, ossia basati su una struttura produttiva diffusa sul territorio, sull'efficienza energetica, sulle energie rinnovabili, e sull'uso locale delle risorse. Si possono ipotizzare due strade:
* la centrale "virtuale" (la centrale che non c'è...), che consiste nella riduzione dei consumi energetici grazie a una serie di accorgimenti per il risparmio e l'aumento di efficienza quali le caldaie a condensazione, i pannelli solari termici, la contabilizzazione autonoma del calore nei condomini, la sostituzione delle lampade a incandescenza con lampade ad alta efficienza, l'isolamento termico degli edifici;
* la centrale "diffusa" ossia una produzione elettrica equivalente a quella di una centrale tradizionale, ma ottenuta come somma di tante piccole installazioni solari fotovoltaiche, eoliche e da biomasse di scarto.
Nel corso del 2009 sono stati generati in Italia circa 900 MW di energia elettrica di origine fotovoltaica. Il rendimento energetico del fotovoltaico è salito a prestazioni vertiginose negli ultimi due anni, arrivando a un rapporto tra energia ottenuta ed energia investita oscillante tra 6 a 1 nei moduli più tradizionali a silicio e 40 a 1 nei più avanzati moduli a film sottile. Non c'è possibilità alcuna che il nucleare, tecnologia ormai obsoleta e fuori mercato, possa competere.


da: Panda WWF, aprile 2010