Ritrovare il piacere di passi felpati, dopo aver sprintato freneticamente. Godere di un gesto compassato, dimenticando un'agenda zeppa di impegni. La lentezza ha conosciuto molti estimatori in Occidente,
Tra Oriente e Occidente, uno sviluppo sostenibile a più velocità Dal Pil al Fil (la Felicità interna lorda) secondo il modello di Stiglitz soprattutto dopo fasi di dirompente velocità.
Festina lente, "affrettati piano", è il motto attribuito da Svetonio all'imperatore Augusto, ripreso dall'umanista Aldo Manuzio, inventore della moderna editoria. E nella tradizione occidentale non sono mancati, anche negli anni recenti, da Milan Kundera all'esperto tedesco di economia aziendale Seiwert Lothar, elogi della lentezza. Voci però in controcanto, levatesi in modo sincopato rispetto a una cultura sviluppatasi nel segno dell'accelerazione tecnologica e dei ritmi brucianti di nuovi mezzi e modi di comunicazione elettronica.
A torto o a ragione, è a Oriente che si tende a guardare - dallo zen alla mistica induista - quando si pensa all'armonia di un modo di vita più compassato. Sebbene oggi l'Asia appaia come il più ribollente e confuso contenitore di forze vitali in un mondo disorientato, che continua comunque a trovare negli Stati Uniti un ineludibile centro di gravità. Federico Rampini, corrispondente a New York di «Repubblica» - sull'onda di un'esperienza giornalistica e di vita che l'ha portato a conoscere a fondo Cina e India, ma anche luci e ombre della società europea e di quella americana - si conferma uno dei più acuti osservatori per esplorare le pulsioni incrociate East-West e distillare gli ingredienti base della ricetta di una nuova Slow Eco-nomy globale. Alla ricerca non solo di uno stile di vita dal passo più controllato, ma di un modello socio-economico più sostenibile ed equilibrato, dopo le sbornie finanziarie d'inizio millennio. Dimenticate ogni bizzarro esotismo new age o i consunti stendardi no global. Rampini ci introduce in un futuro prossimo di consumi più frugali ed energie rinnovabili. Un mondo in cui il rispetto dell'ambiente, come nel caso dell'acqua pura di Biella per tessere il cashmere di qualità, può diventare un'arma vincente della corsa
competitiva. Un pianeta in cui i ruoli si confondono e tutto viene shakerato: nelle città americane appaiono guidatori di risciò muscolosi e abbronzati, a volte anche ragazze in cerca di un impiego part time, mentre in India non conosce recessione il boom dello spionaggio prenuziale per indagare sulla moralità dell'aspirante marito. Rampini ci accompagna dietro gli smisurati cartelloni pubblicitari trompe l'oeil che promettono un futuro migliore davanti ai brulicanti cantieri edili di Pechino e Shangai; ma ci addita anche l'esperienza del Bhutan, il piccolo stato sull'Himalaya che, in sintonia con il premio Nobel Joseph Stiglitz, cerca di misurare non tanto il Pil, ma il Fil, la Felicità interna lorda.
L'autore scandaglia anche le radici storiche della fascinazione reciproca tra Oriente e Occidente, passata attraverso figure come il gesuita Matteo Ricci, primo cartografo a fine Cinquecento a realizzare un planisfero del mondo con spiegazioni e didascalie in cinese, o Wang Dayuan, l'ammiraglio che compì una traversata dal Mozambico a Ceylon, con centocinquant'anni di anticipo su Vasco de Gama.
E il futuro? Rampini concorda con chi vede consolidarsi un mondo bipolare, dominato dal direttorio di Cina e Stati Uniti, con un'Europa rassegnata a negoziare il proprio appoggio con chi offre di più, sebbene confortata da un modello di welfare rivalutato dalla crisi. «Affioreranno sempre più spesso delle possibili convergenze con la Cina - precisa l'autore - terreni sui quali è possibile perseguire interessi comuni: per esempio l'investimento nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie verdi». È questa una delle frontiere di sviluppo di una Slow Economy che non dovrà tradursi necessariamente in crescita lenta o immobilismo, ma al contrario «richiederà fantasia, innovazione, voglia di avventurarsi in esperimenti nuovi». Per non rassegnarsi al declino l'Occidente dovrà, per Rampini, muoversi in due direzioni: esplorare modelli economici più centrati sul benessere dei cittadini e trasformare i paesi ricchi in laboratori sperimentali di soluzioni da esportare nel Nuovo Mondo: Cina e India. «Nella consapevolezza - precisa l'autore - che la Slow Economy non può imporre a tutti la stessa velocità ma deve contemplare ritmi diversi, per aree del mondo che hanno bisogni profondamente diversi». Festina lente, come avrebbe chiosato Svetonio.
Enrico Briviodomenica del sole 24 ore, 6 dicembre 2009
Federico Rampini, «Slow Economy: rinascere con saggezza», Mondadori, Milano, pagg. 196, € 17,00.