La scorta del berlusca era da licenziare dopo il famoso attentato tarocco della madonnina. O la scorta era complice della messinscena, oppure si trattava di una manica di incapaci (andate a vedere i video: invece di tenere d'occhio la folla guardano altrove, per terra, ecc.).
Gli uomini di questa scorta hanno visto
di tutto di più, a palazzo grazioli, a villa certosa........
Se li licenziano oggi, chi impedisce loro di
"cantare"? Se per la Minetti sembra che il silenzio valga 10 milioni, 5
per Ruby, quanto vale il silenzio degli uomini della scorta? Il
nostro omino è ricattabilissimo, come sempre.
E all’estero cosa succede? Ancora una volta ci impartiscono
una lezione di moralità.
Negli Stati Uniti è a pagamento.
E, a meno che non si tratti del Presidente in persona o del suo vice, chi
sentisse il bisogno essere guardato a vista giorno e notte da uomini in divisa
deve versare soldi di tasca propria. Anche in Germania il
“cerchio” dei protetti è ristretto: ne hanno diritto solo il presidente
del Bundestag, il cancelliere e i propri ministri. In Francia,
poi, si gioca al risparmio: il presidente dell’Asseblea e quello del Senato
hanno a disposizione due soli uomini: una guardia del corpo e un autista.
Stesso discorso perGran Bretagna, Austria, Olanda: dove gli
“angeli custodi” proteggono solo monarchi, capi di Stato e premier. E se,
in Francia, Sarkozy negli anni
del suo mandato le aveva estese a tutti ministri e molti sottosegretari, il neo
presidente François Hollande le ha quasi dimezzate.
Perché in tempo di crisi, si sa, bisogna stringere la cinghia.
gg
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Grazie ad una serie di provvedimenti varati dai suoi stessi governi, l'ex presidente del Consiglio conserva la protezione piena che gli era garantita quando era in carica. Due milioni e mezzo circa il costo annuo, pagato dai cittadini solo per la scorta. Senza contare il dispiegamento di Carabinieri a presidio delle sue abitazioni di Thomas Mackinson |ilfatto.it 23 agosto 2012
Una quarantina di uomini divisi in due squadre di
20 ciascuna e due auto blindate per una spesa superiore ai 200mila
euro al mese. Vale a dire due milioni e mezzo l’anno. Tanto costano
gli uomini dei servizi di sicurezza che ancora oggi stanno appresso
all’ex premier Silvio Berlusconi. Senza contare i
carabinieri dispiegati dal Ministero degli Interni per servizi
ordinari presso le ville di famiglia. Un’eredità che lo stesso
Berlusconi si è costruito da solo, a più riprese, con provvedimenti
ad hoc e che è riuscito a mantenere anche oggi che è un deputato
come altri, solo molto molto costoso. Tanto che gli 80mila
euro per la scorta balneare di Fini, da settimane oggetto di
furiose polemiche, diventano briciole.
Gli uomini al seguito del Cavaliere, spiegano
fonti molto qualificate, hanno trattamenti economici doppi rispetto
ai colleghi che svolgono servizi di sicurezza ordinari. Hanno
stipendi e prerogative equiparati a quelli dei colleghi dello
spionaggio e controspionaggio senza esserlo. Siamo, per essere
chiari, intorno ai cinquemila euro al mese. E sono appunto quaranta.
I conti sono presto fatti.
Nei suoi mandati, a più riprese, il Cavaliere è
riuscito a cambiare le regole sulla sicurezza e imporre uomini di
fiducia provenienti dalla sua azienda. Lo si scoprirà anni più
tardi, quando i magistrati baresi cercheranno risposte
all’andirivieni incontrollato di persone dalle ville del Cavaliere:
possibile che nessuno della sicurezza controllasse chi entra e chi
esce? Si, perché il premier, proprio per tutelare la sua “privacy”,
già dal primo mandato era riuscito a sostituire gli uomini dello
Stato con quelli della security di Fininvest e Standa
(da quel giorno in poi a libro paga degli italiani). Un’impresa non
semplice. Prima di allora, infatti, nessuno poteva entrare in
polizia, carabinieri o finanza senza un regolare concorso pubblico.
Per garantirsi la “sua” scorta – che obbedisca a personalissimi
criteri di fedeltà privata e discrezione pubblica – Berlusconi
ricorre allora a un escamotage senza precedenti: grazie alle
sue prerogative di Presidente del Consiglio, s’inventa una nuova
competenza ad hoc presso i Servizi, gli unici cui la legge consente
di assumere personale a chiamata diretta. Nasce così un nucleo per
la scorta del presidente che fa capo al Cesis (oggi Aisi, Agenzia
Informazioni e Sicurezza Interna) anziché al Viminale, anche se con
l’attività di intelligence vera e propria nulla ha a che fare.
Gli uomini d’azienda vestiranno la divisa sotto
la guida dell’uomo che, alla fine degli anni Ottanta, faceva la
security alla Standa. E che di punto in bianco si trova capo-scorta
del presidente del Consiglio con la qualifica di capo-divisione dei
servizi. E si porta dietro almeno altre cinque ex body-guard
Fininvest. Col tempo la struttura è cresciuta a ventiquattro unità,
poi 31 e infine 40 che stavolta vengono in parte attinte dalle Forze
dell’Ordine, ma sempre su indicazione di quel primo nucleo. Che
tornerà regolarmente ad ogni successivo mandato. Anzi, non smetterà
più di prestare servizio.
Quegli stessi uomini, infatti, sono lì ancora
oggi che il Cavaliere è tornato ad essere un deputato. Perché?
Perché ha deciso così. E’ il 27 aprile del 2006. Berlusconi ha
perso le elezioni e si appresta a fare le valigie e cedere la
poltrona e la “campanella” del Consiglio dei Ministri a Romano
Prodi. Ma non ha alcuna intenzione di cedere anche quella
struttura che i magistrati baresi tre anni dopo definiranno
quantomeno “anomala” e che in fin dei conti è una sua creatura.
Così, giusto 17 giorni dopo il voto, poco prima di lasciare il
Palazzo, Berlusconi vara un altro provvedimento ad hoc che oggi
giorno potrebbe chiamarsi a buon diritto “salva-scorta”, nella
migliore tradizione delle leggi ad personam. Se ne accorgono, in
ottobre, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul
Corriere, che raccontano come, non fidandosi del professore,
la scorta per il futuro Berlusconi abbia provveduto a farsela da solo
stabilendo che i capi di governo “cessati dalle funzioni” abbiano
diritto a conservare la scorta su tutto il territorio nazionale nel
massimo dispiegamento. Così facendo riesce a portarsela via come
fosse un’eredità personale, anche se era (e continua a essere) un
servizio di sicurezza privato pagato con soldi pubblici. Al costo,
ancora oggi, di due milioni e mezzo l’anno.