mercoledì 23 marzo 2011

cantare per strada

Dato che anch'io mi trovo a canticchiare spesso qualcosa per strada (o quand'ero nei corridoi in ufficio, e capitava di svoltare l'angolo e trovarsi faccia a faccia con un collega che gettava uno sguardo di riprovazione, del tipo "che cosa avrà questo qua da assere allegro o canticchiare...?") mi è piaciuto molto questo articolo di Giacomo Papi, dalla sua rubrica "cose che non vanno più di moda".
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L'allegria dalla vita pubblica è generalmente scomparsa

L'altro giorno al supermercato ho sentito qualcuno canticchiare. Sì, canticchiare! Ho cercato di capire da dove proveniva la voce e l'ho vistar là in mezzo alle bottiglie d'acqua, c'era un omino che cantava non so cosa. La mia attenzione era focalizzata su questo gesto sereno e spontaneo che è sparito dalla faccia della terra. Tutti con gli auricolari senza sentire più i rumori della vita e nessuno che canti. Così, mi sono avvicinata e ho sorriso, anzi, ho riso! L'omino mi ha chiesto come mai fossi così di buonumore. Gli ho risposto perché lei mi ha messo allegria! E lui si è allontanato felice, continuando a cantare quell'aria leggiadra. Ciao!!! Giugiù».In mancanza di statistiche attendibili, è plausibile che ciò che scrive la lettrice Giugiù corrisponda a verità.Un raffronto con il passato è impossibile, ma è indubbio che cantare all'aperto è ormai un'attività rarissima.
Il declino ha due ragioni contingenti e tecnologiche, e una più profonda. La prima è che l'onnipresenza della musica rende inutile cantare, la seconda è che i telefonini offrono uno sfogo immediato a chiunque abbia voglia dì muovere la bocca e fare vibrare le corde vocali, la ragione più profonda ha a che fare con una generale scomparsa dell'allegria dalla vita pubblica, con l'erosione della nostra propensione al sorriso che da manifestazione spontanea di gioia sembra trasformarsi in un gesto teso a ingraziarsi qualcuno, un superiore, un potente, un cliente-, È stato calcolato che l'impiegato di una grande azienda americana trascorre la maggior parte del suo orario di lavoro con un sorrìso falso stampato in faccia. Ed è vero che per corrugare ia fronte si tendono 65 muscoli mentre per sorridere soltanto 19, ma una contrazione quasi cronica alla lunga può avere effetti deleteri.
Pensando questi pensieri qualche giorno fa, passeggiavo per Roma - quartiere Prati, pioggerella sottile e peschi già in fiore - e decidevo di procedere a verifica empirica. Adesso guardo in faccia le prime cento persone che incontro - mi sono detto - e conto quante di loro sorridono. Ho visto decine di gio-
vani e anziani, uomini e donne in motorino, artigiani in pausa sigaretta, una scolaresca spagnola mi ha chiesto la strada per Zara, qualche colf capover-dina, filippina e cingalese, dodici professionisti incravattati, due edicolanti e tre baristi, un fruttivendolo e un macellaio, quattro mamme con bambino, due sorelle gemelle sui sessanta (di cui una con gravi difficoltà motorie), un prete e un muratore. E alla fine ero sconvolto: su un campione di cento persone incrociate per caso, soltanto due sorridevano (ma una era la gemella con gravi difficoltà motorie, l'altra la spagnola che mi ha chiesto la strada). Ora-, io non so quanto si sorridesse in passato, ma sono convinto che scoprirlo sarebbe importante. Sogno la nascita di una statistica degli stati d'animo, l'istituzione di un Istat delle emozioni. Sogno di leggere in prima pagina notizie così: «Lacrime: - 3,5%», «Tasso di cortesia: in Europa va peggio solo la Grecia», «Sorrisi: +6% annuo (ma un giovane su tre è corrucciato»), «Tono di voce: mai così alto dal 2001», «Vola ad aprile il canto per strada». Per capire come stiamo, sarebbero indicatori almeno altrettanto importanti del Pil, delle immatricolazioni e del tasso di occupazione. Dimostrerebbero che esiste un legame tra l'economia e la faccia che facciamo. Raccoglierli non sarebbe difficile. Basterebbe guardare la gente che passa per strada, contarla, ed eventualmente, ascoltarla cantare.

Giacomo Papi, la repubblica delel donne, 19 marzo 2011