venerdì 4 maggio 2012

Latouche: «Decrescita per raggiungere la felicità»

Sala Piamarta gremita per il professore francese che invita a riscoprire la frugalità.
BRESCIA L'utopia concreta della decrescita. Il più grande teorico è lui, Serge Latouche, professore di scienze economiche dell'Università di Parigi-sud, ieri a Brescia, ospite dell'associazione «Ripensare il mondo», in una sala Piamarta che a fatica ha accolto i tantissimi bresciani pronti a riflettere sulla decrescita come risposta alla crisi. «La società di oggi è fagocitata da un'economia di crescita. Crescere per crescere, per consumare all'infinito, con una costante insoddisfazione.
Una società - dice Latouche - che non è sostenibile e nemmeno auspicabile». «Siamo come il figliol prodigo - prosegue -:
stiamo consumando anche il patrimonio. Viviamo su un pianeta finito, noi che nel nord del mondo rappresentiamo il 20% della popolazione consumiamo l'86% del­le risorse planetarie». Una crescita generale che comporta dei costi e che a un certo punto smette di portare benessere e felici­tà per via del troppo stress e di consumi non necessari.
La risposta, secondo Latouche, non sta nell'austerità, bensì nella decrescita. «Si può fare meno - dice - ed essere più felici, ma dobbiamo creare la società della prosperità, della frugalità. Dell'abbondanza senza crescita». Che non significa tornare «all'età della pietra», ma immaginare una società meno stazionaria dove si recupera il senso del limite. «La società di decrescita - specifica - non è un'alternativa, ma una matrice di alternative».
La ricetta è nel «circolo virtuoso delle 8 R», dove la prima sta per rivalutare, ovvero cambiare i rapporti tra uomo e uomo e tra uomo e natura, la seconda per riconcettualizzare («la ricchezza sta nei sentimenti, non nel denaro»). Seguono ristrutturare, ri­localizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare. «Un circolo virtuoso - conclude - per liberarsi dalla tradizione produttivista».
Si diceva di un'utopia concreta: la decrescita,infatti, è un progetto sociale con implicazioni politiche.
«Il protezionismo può salvare l'Europa - sostiene Latouche -. Dobbiamo reintrodurre i confini economici contro il principio della "libera volpe in libero pollaio" delle liberalizzazioni. E dobbiamo ridurre gli orari di lavoro, per lavorare meno ma lavorare tutti, perché è un'idiozia lavorare di più per guadagnare senza godersi la vita».
Non meno importante è la riconversione ecologica. La sfida è riuscire a superare crisi schierandosi contro crescita e austerità. Un alleato Latouche lo ritrova in ltalia: è Enrico Berlinguer, che negli scritti degli Anni Settanta si rifaceva sì all'austerità, ma intesa come contrasto a sprechi, sperperi e individualismo. In altre parole, la società frugale, a cui crede Serge Latouche.
Giovanna Zentì - Giornale di Brescia - 3 maggio 2012

http://video.corriere.it/touche-brescia-presentare-suo-libro/10d55e50-947b-11e1-ae3e-f83a8e51ff45