domenica 6 maggio 2012

abbondanza senza crescita - 2 lavorare meno per lavorare tutti


La crisi attuale è frutto dell'avidità di banchieri che hanno creato un mondo finanziario virtuale che è crollato su se stesso; ma dato che in un certo qual modo sono riusciti ad imporre il concetto che “le banche non possono fallire”, hanno trovato il modo di convincere gli stati a coprire i loro buchi di bilancio. E gli stati stanno coprendo i buchi di bilancio dei banchieri riducendo i diritti delle persone, rubando loro il presente, il futuro e talvolta, come succedeva nel 1984 di Orwell, anche la memoria del passato. E il tutto con la complicità di una classe politica il cui livello di corruzione è a livelli africani.
La recente ultima riforma delle pensioni in Italia ne è la prova.

Quasi un anno fa in una riunione sindacale affermai:”ci si rende conto che il futuro delle pensioni sarà il passare tutti a regime contributivo, ovvero l'importo della pensione sarà calcolato in base ai contributi versati e non con la media degli stipendi degli ultimi 10 anni? Se come sindacato abbiamo coraggio, proponiamo noi una riforma che faccia sì passare tutti a contributivo, ma con le nostre regole, non facciamocela imporre”.
Il coraggio mancò, e oggi ci troviamo con una riforma che oltre a passare tutti a contributivo, innalza anche l'età pensionabile, facendola arrivare fino a 67 anni.
Io trovo che questa sia una norma stupida, inopportuna e che ruba il futuro dei giovani e il presente di chi lavora.
Ci sono attività e lavori che, per una ragione o per l'altra, non fanno venire voglia di andare in pensione. Liberi professionisti, artisti, dirigenti (certi banchieri riescono a fare danni – e farsi dare stipendi milionari - oltre gli 80 anni). Molti altri lavori invece sono usuranti in vari modi, oppure alienanti, oppure l'azienda non investe più sul lavoratore anziano per preferire gente più giovane.
“Lavorare meno per lavorare tutti” era uno slogan degli anni '60 che ritengo ancora attualissimo.
Che senso ha costringere una persona a lavorare fino a 67 anni, quando la stessa potrebbe lasciare il lavoro che le pesa, ipotizziamo, dai 60 anni in su, accontentandosi della pensione calcolata con il metodo contributivo?
Come entrano nel mercato del lavori i giovani, se i posti rimangono occupati?

Se fosse stata fatta una riforma che passava tutti da subito a regime contributivo, con una età minima di 60 anni, oggi non avremmo il problema degli “esodati”, dei “lavori usuranti”. Ognuno si sarebbe fatto i conti in tasca (Ho una casa di proprietà? Ho figli da mantenere? Ho proprio bisogno di possedere più di un'automobile in famiglia? Ecc.) e avrebbe deciso se andare in pensione o no. Magari le aziende lo avrebbero pure “incentivato” con qualche buonuscita, forse sostituendolo con un giovane a costo minore.

E adesso sarà molto, ma molto, difficile, tornare indietro e ristabilire un'età pensionabile più “umana”.
Scrisse Luigi Einaudi:
chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può condurre se non al precipizio. Il problema economico è l'aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale”.