I dirigenti anziani disposti a guadagnare meno
DANIELE AUTIERI
Diminuirsi lo stipendio dopo una certa età. È questa la proposta lanciata nei giorni scorsi dal presidente di Manageritalia, Guido Carella, che ha sollevato un nuovo dibattito sulle giuste retribuzioni dei manager. L’iniziativa si basa sull’introduzione di un modello che preveda una curva decrescente delle retribuzioni superiori ai 50/60mila euro con l’avanzare dell’età una volta superati i 55 anni. A sostenere l’idea, secondo il presidente del sindacato che rappresenta i manager italiani, sarebbero i dirigenti stessi, l’88% dei quali (secondo un’indagine realizzata da Manageritalia) si direbbe disponibile a una soluzione del genere in modo da favorire la produttività aziendale, ma anche garantire una maggiore sicurezza lavorativa per i manager senior.
«La proposta – spiega Carella – tiene conto della realtà che in alcuni casi già vede nelle aziende più lungimiranti i manager in uscita fare da tutor/coach per chi li sostituirà, a volte negli ultimi anni di lavoro prima della pensione, altre addirittura con un rapporto di consulenza dopo la pensione. Una prassi che va incentivata anche e soprattutto a favore dei giovani e della competitività delle aziende».
«In questo modo – continua Carella – ci potrebbe essere una serie di effetti positivi: si avrebbero risorse da destinare a nuovi ingressi, si farebbe un primo passo concreto per ridefinire il patto tra gli over 50 (che hanno davanti altri 20 anni di contribuzione) e le organizzazioni (che spesso a torto li vivono come un peso)».
In effetti, quella che può apparire come una scure sulle retribuzioni dei manager, diventa una forma di tutela rispetto alla tendenza sempre più comune tra le aziende di "liberarsi" dei dirigenti più anziani che costano troppo e producono meno dei junior. «Il problema attuale – spiega Carlo Caporale, senior partner della società di recruitment Robert Half – è che i manager con una seniority elevata diventano troppo costosi per l’azienda. E per colpa del nostro sistema retributivo che prevede l’aumento dello stipendio proporzionale all’anzianità di lavoro le soluzioni per un’impresa sono solo due: o tenerseli o licenziarli. Molti manager, di fronte a questo rischio, sono ormai disposti a rivedere il proprio compenso anche perché, una volta tornati sul mercato, è veramente difficile ricollocarsi dopo una certa età».
«Questa tendenza – continua Caporale – è già molto diffusa in alcuni paesi del Nord Europa, come la Danimarca e l’Olanda. In questi mercati sono attive numerose aziende che chiedono ai loro manager, dopo i 55 anni, di fare un passo indietro, magari di lavorare prima mezza giornata in meno e poi una giornata. A questo si aggiunge l’attività di tutoraggio verso i dirigenti più giovani e una graduale riduzione dei compensi. In questo modo il conto economico dell’azienda diventa più sostenibile e viene assicurato un graduale ricambio generazionale».
E proprio uno studio realizzato da Robert Half sulle grandi imprese multinazionali europee conferma questo assunto. Ad oggi, l’andamento degli stipendi è proporzionale all’età. Un manager tedesco dell’internal audit con meno di 15 anni di esperienza, ad esempio, guadagna tra i 70 e i 90mila euro, mentre il compenso può arrivare a 100mila quando l’anzianità supera i 15 anni. In Francia, invece, i massimali restano costanti a 90mila euro, con l’eccezione dei manager più giovani (con 5 anni di esperienza), mentre in Italia si passa da una retribuzione media di 75mila euro entro i 15 anni di anzianità a una di 105mila per i manager che superano quella soglia. Molte aziende, però, anche in Italia, hanno già intrapreso una via che va in controtendenza rispetto a quella classica e l’hanno messa in pratica al loro interno.
«L’azienda in cui ho lavorato – racconta Augusto Mongini, ex direttore generale di un’impresa a conduzione familiare di medie dimensioni, attiva nella produzione di materiali compositi e presente sui mercati internazionali – ha scelto di preparare la mia sostituzione nel corso degli ultimi 4/5 anni di lavoro. Abbiamo prima individuato la persona giusta, poi il manager è stato fatto girare in diverse posizioni aziendali e solo negli ultimi due anni c’è stato con me un affiancamento marcatissimo. Andavamo all’estero insieme a incontrare i clienti, avviavamo progetti nuovi e poi, gradualmente, abbiamo cominciato a mandare avanti lui attraverso un passaggio graduale. E oggi il giovane manager mi ha sostituito nell’azienda».
Questa strada sarebbe peraltro appoggiata dal 98% dei manager italiani che secondo un’indagine di Manageritalia e AstraRicerche crede che la valutazione e la retribuzione di un dirigente non dovrebbero essere basate sull’anzianità, ma sul merito.
Repubblica affari e finanza, 30 Aprile 2012
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