E' già un paio di volte che nella trasmissione "che tempo che fa" di Rai3 illustri direttori d'orchestra, spalleggiati dal conduttore, si scagliano contro l'uso dei "flautini" nelle scuole.
Ecco una lettera di un insegnante di musica che cerca di fare capire quanto sia difficile fare musica nelle scuole italiane d'oggi.
Se si sè d'accordo, si può fare un copia e incolla e spedirla a:
raitre.chetempochefa@rai.it
Difficile capire quali reali strumenti abbiamo a disposizione per
contrastare l’ormai ricorrente campagna contro i “flautini” che di tanto
in tanto il grande artista di turno riapre.
Certo è sconfortante la superficialità con cui anche illustri musicisti
"bollano" con epiteti offensivi l'operato dei molti colleghi che,
eroicamente, persistono nel cercare di "fare musica" nella scuola.
Non sono mai stato un amante dell’uso quasi esclusivo del "flauto dolce"
(si ricordino quanto meno di esprimersi come si deve, visto che pensano
di essere più bravi ad educare alla musica) e quando intervengo in
attività della Scuola Primaria cerco di far usare anche altri strumenti.
Non di meno, nei giorni scorsi, nella mia attività di continuità con la
Scuola Primaria che ha firmato un’intesa con la SMIM in cui insegno, mi
sono trovato a fare lezione in due classi (4a e 5a) con molti bambini
che avevano il loro flautino (si può anche chiamare così se è un
vezzeggiativo). Alcuni avevano anche dei modelli scadenti (non credo per
mancanza di amore per l'arte, forse qualcuno dovrebbe ricordarsi che la
Scuola non solo non fornisce strumenti di qualità e a scelta, spesso
non ne ha neanche per l’attività in classe) ma erano felici ed impegnati
nell'attività che stavamo svolgendo.
Loro, ignari degli epiteti lanciati dagli illustri musicisti, tentavano
di rispettare le mie indicazioni, cercavano di non suonare troppo forte,
di tenere l'intonazione ferma, di essere precisi nella scansione
ritmica, ecc …
Loro, facevano musica e non chiedevano altro che di poter avere più
occasioni per farla. Si lamentavano con la maestra perchè restano pochi
incontri ed hanno rinunciato a parte del tempo dell'intervallo per
averne di più per fare la lezione di musica.
Quando vado nelle loro classi portando con me la chitarra o una tastiera
sono contenti, mica sono così "ottusi" da pensare che si usa solo il
flautino. Dovrebbero vedere con quanto "amore" alcuni si avvicinano e
chiedono se possono provare a pizzicare una corda o a premere i tasti.
Loro amano la musica per quello che è, qualcun altro per i soldi o la gloria che ne ricava.
Tanto basterebbe per ignorare battute e opinioni che dimostrano solo
quanto sia profonda nel nostro Paese la mancata conoscenza della realtà
didattica, ma la maestra, alla fine della lezione, mi chiesto cosa ne
pensavo della frase buttata lì con un tale carattere offensivo a "che
tempo che fa" dal grande artista di turno.
L'offesa più grossa non era neanche l'opinione in se, quanto il clima di
complicità scontata che non considerava nemmeno discutibile tale
valutazione. Semplicemente chi non la pensa come loro “è assurdamente
stupido” ed i bambini che suonano i “flautini” sono inquinamento
acustico.
Giustamente la maestra era anche preoccupata per l’opinione che poteva
diffondersi tra i genitori. Sarà bene ricordare che spesso le attività
musicali prevedono anche dei costi per le famiglie o assorbono parte dei
certo non sfarzosi fondi che il Ministero assegna agli istituti.
Se proprio non sopportano i “flautini” ci diano una mano a far capire
alla classe politica quanto sarebbe importante dotare TUTTE le Scuole
Primarie di uno strumentario adeguato e, quando i ragazzi si iscrivono
alla Scuola Secondaria chiedendo di poter studiare un Strumento -
pensate, scegliendo volontariamente di fare più ore di scuola - chiedano
di non porre limiti all’apertura di nuovi corsi ad Indirizzo Musicale.
Ne saremmo tutti felici,
Ciro Fiorentino.
(Referente nazionale COMUSICA)