Con riferimento al referendum abrogativo previsto per il 12 e 13 giugno 2011, la Giunta comunale di Brescia in data 11.05.2011 ha assegnato gli spazi destinati alla propaganda elettorale sia per partiti e comitati promotori, sia per i cosiddetti “fiancheggiatori”. La normativa prevede che dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni, è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico. Sono inoltre proibite le iscrizioni murali e quelle su fondi stradali, rupi, argini, palizzate e recinzioni. Tale divieto si intende esteso anche a striscioni, drappi, stendardi e bandiere. “Ricordo – ha dichiarato il vicesindaco e assessore alla Sicurezza del Comune di Brescia, Fabio Rolfi – che non sono ammesse forme di propaganda referendaria, fuori dagli spazi e dalle forme consentite e regolamentate. Si vedono in questi giorni numerose lenzuola e bandiere, appese a balconi e finestre di abitazioni private da parte di sostenitori di qualsiasi posizione. Queste iniziative si qualificano come campagna elettorale illegale. Gli agenti della Polizia Locale procederanno pertanto a sanzionare i responsabili”. Chiunque affigga stampati, giornali o manifesti di propaganda elettorale fuori dagli appositi spazi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1032 euro.
Ma tratto dal sito:
http://nonpiuspettatori.com/2011/05/24/referendum-bandiere-per-lacqua-pubblica/
c'è questo parere legale:
comitati inrete
Alcune amministrazioni comunali hanno fatto multare da solerti vigili urbani
l’esposizione di bandiere del referendum fatta su case private. Ecco
perché invece è lecito esporle.
Nota legale
Avv. Pietro Adami
Roma, 20 maggio 2011
La legge 212 del 1956 allArticolo 2 prevede che 1. In ogni comune la
giunta municipale, tra il 33° e il 30° giorno precedente quello fissato per
le elezioni è tenuta a stabilire in ogni centro abitato, con popolazione
residente superiore a 150 abitanti, speciali spazi da destinare, a mezzo di
distinti tabelloni o riquadri, esclusivamente all’affissione degli
stampati,
dei giornali murali od altri e dei manifesti di cui al primo ed al secondo
comma dell’articolo 1, avendo cura di sceglierli nelle località più
frequentate ed in equa proporzione per tutto l’abitato.
Contemporaneamente
provvede a delimitare gli spazi di cui al secondo comma anzidetto secondo le
misure in esso stabilite.
La legge 212 del 1956 all’art. 6 prevede che “a partire dal
trentesimo
giorno precedente la data fissata per le elezioni, è vietata ogni forma di
propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo
pubblico, escluse le insegne indicanti le sedi dei partiti”.
In sostanza, secondo la legge suddetta, le affissioni devono essere
effettuate in appositi spazi rigorosamente predisposti dai Comuni (secondo
le proporzioni di cui al comma 2 dellart.2 ), e specificamente assegnati
alle varie liste.
La ratio della legge è dunque questa: nellultimo periodo di campagna
elettorale la pubblicità non è vietata, bensì garantita. Tuttavia per
evitare le affissioni in spazi non consentiti, da un lato si impone ai
comuni di realizzare appositi spazi, dallaltro si impone ai partiti (la
legge aveva in mente essi) di affiggere unicamente negli spazi consentiti.
La legge, dunque ha la specifica funzione di evitare le affissioni di
manifesti sui muri, non certo di comprimere le possibilità comunicative.
Quando prevede che la propaganda luminosa e figurativa debba avvenire negli
spazi consentiti, la legge vuole, quindi, solo evitare che le pareti di
tutti i palazzi vengano ricoperte di manifesti. Nel contempo, però, la legge
fornisce una valida alternativa, con spazi di affissione, addirittura,
assegnati alle liste.
Non vi è, nella legge suddetta, alcuna menzione delle bandiere, che
ovviamente differiscono profondamente dai manifesti, non avendo la stessa
invasività e persistenza (dopo le elezioni i manifesti restano affissi sui
muri).
Nellinterpretare il disposto normativo occorre tenere presente, quindi, da
un lato, il fine che si prefiggeva la legge, dallaltro lato occorre
adeguare quello stesso fine allintervenuto sviluppo tecnologico ed anche
delle pratiche comunicative. Infine (o meglio, prima di tutto) la legge va
interpretata in modo conforme ai principi democratici e costituzionali.
La questione che ora si pone è quella di capire se, tra la pubblicità che
obbligatoriamente va incardinata negli spazi autorizzati (i pannelli
predisposti dai Comuni), vi siano anche le bandiere.
Fino ad un certo momento storico è prevalsa linterpretazione restrittiva
della norma. Le bandiere sono state tollerate in effetti, ma talora alcuni
sfortunati cittadini si sono viste applicare le sanzioni amministrative
previste dal comma 2 dellart. 6 L. 212 del 1956.
Tale interpretazione restrittiva non è però attualmente in linea con
levoluzione della giurisprudenza; in particolare con quella della Corte
Costituzionale, che, con Sentenza 161 del 1995, ha affermato:
La disposizione in questione prevede che, a partire dal trentesimo giorno
precedente la data delle elezioni (o del referendum), è vietata ogni forma
di pubblicità, anche se relativa a successive consultazioni elettorali o
referendarie.
Tale norma viene censurata, con riferimento alle campagne referendarie, come
incongrua, irragionevole e sproporzionata per quanto concerne il suo inciso
finale (secondo motivo) e come irragionevole, comparativamente alla
disciplina prevista per le campagne elettorali, nel suo complesso (primo
motivo).
Occorre premettere che, riguardando la materia l’esercizio di un diritto
politico fondamentale, le limitazioni contestate – secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte – devono essere sottoposte a un rigoroso
scrutinio, …. Alla luce di tale premessa la fondatezza delle censure in
esame emerge ove si venga a confrontare la particolarità dello strumento
referendario con la natura e la misura del limite introdotto. E invero,
mentre per le campagne elettorali la presenza di un limite temporale
ragionevolmente contenuto per lo svolgimento della pubblicità può trovare
giustificazione nel fatto di privilegiare la propaganda sulla pubblicità, al
fine di preservare l’elettore dalla suggestione di messaggi brevi e non
motivati, eguale esigenza non viene a prospettarsi per le campagne
referendarie, dove i messaggi tendono, per la stessa struttura binaria del
quesito, a risultare semplificati, così da rendere sfumata la distinzione
tra le forme della propaganda e le forme della pubblicità.
Nelle campagne referendarie le forme espressive della propaganda vengono,
invero, in larga parte a coincidere con le forme proprie della pubblicità,
con la conseguenza che, per queste campagne, gli effetti delle limitazioni
introdotte in materia pubblicitaria possono risultare aggravati fino a
ridurre al di là della ragionevolezza gli spazi informativi complessivamente
consentiti ai soggetti interessati alla promozione o alla opposizione ai
quesiti referendari
La sentenza della Corte Costituzionale, dunque, in primo luogo nega che si
possano applicare le stesse, rigorose, limitazioni della campagna elettorale
per le elezioni politiche ed amministrative alla campagna referendaria. La
sentenza afferma che la campagna referendaria ha una propria peculiarità
comunicativa, essendo limitata ad una scelta binaria (Sì o No).
Si potrebbe aggiungere che, essendo il referendum un’iniziativa
straordinaria e non programmata, la campagna referendaria ha anche lo scopo
di informare il cittadino che il referendum stesso si terrà. Tale
informativa è particolarmente importante perchè a differenza delle elezioni
politiche il referendum è valido solo se viene superato il quorum.
Tuttavia, la sentenza sopra citata non contiene solo questo principio di
diritto. Essa afferma un ulteriore, importantissimo, principio. Essa afferma
che riguardando la materia l’esercizio di un diritto politico
fondamentale,
le limitazioni contestate – secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte – devono essere sottoposte a un rigoroso scrutinio.
Tale affermazione è ben più importante di quanto appaia a prima vista.
Da essa infatti si desume che le norme che regolamentano le campagne
elettorali – contenendo limitazioni alla libertà di espressione del pensiero
(di cui allart. 21 Cost.) – devono essere interpretate con estrema
attenzione, in modo che non vietino più del minimo necessario. In sostanza,
nel dubbio, si deve ritenere consentita lespressione del pensiero politico,
e non vietata.
Nel caso di specie, abbiamo visto sopra che la norma dellart 6 legge 212
del 1956 non è chiara nel proibire lesposizione di bandiere. La norma
prevede che “a partire dal trentesimo giorno precedente la data
fissata per
le elezioni, è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o
figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico, escluse le insegne
indicanti le sedi dei partiti”.
In assenza di diversa esplicita indicazione, nella propaganda figurativa
dovrebbero rientrare unicamente i manifesti e non altro.
Si consideri che per i manifesti è prevista unalternativa. Viceversa la
legge 212/1956 non si occupa di luoghi pubblici in cui possano essere
esposte le bandiere.
E ben evidente che, interpretata in modo restrittivo, di fatto, per le
bandiere non vi sarebbe possibile luogo di esposizione. Ma un esplicito
divieto delle bandiere avrebbe dovuto essere meglio esplicitato, e
soprattutto avrebbe dovuto avere un fine, quantomeno, in linea con il
disposto costituzionale.
In altri termini, la compressione di un diritto democratico così rilevante
come quello della manifestazione del pensiero non può essere previsto così,
senza un (maggiore) contrapposto interesse da tutelare, e soprattutto senza
una contropartita (costituita, per i manifesti, dagli spazi appositamente
predisposti).
Si noti, infine, che la medesima legge ammette pacificamente la propaganda
mobile fino al giorno delle elezioni. Per cui vi sarebbe il paradosso per
cui sarebbe consentito sventolare le bandiere , ma non tenerle ferme.
***
Sotto un secondo profilo, da quanto risulta, sarebbe contestata
lesposizione di bandiere dalle finestre private delle abitazioni e dai
balconi.
In questo senso il principio affermato dalla Corte Costituzionale è
lapidario: riguardando la materia l’esercizio di un diritto politico
fondamentale, le limitazioni devono essere sottoposte a un rigoroso
scrutinio.
Ebbene, i luoghi sopra menzionati (balconi, finestre etc) non sono luoghi
pubblici, ma luoghi privati esposti al pubblico.
La differenza è notevole. Il luogo pubblico, secondo la definizione canonica
è il luogo accessibile a tutti i consociati. Luogo privato esposto al
pubblico è, invece, anche linterno di unautovettura, o addirittura
linterno di unabitazione senza tende alle finestre.
Si noti che, le norme, quando hanno voluto, hanno esplicitamente ricompreso
tutte le categorie di cui sopra (ad esempio per i c.d. atti osceni lart.
527 c.p. menziona esplicitamente luogo pubblico o aperto o esposto al
pubblico).
Se si ritenesse di dare uninterpretazione estensiva alla norma dellart. 6
legge 212 del 1956 ( è vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa
o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico) e volendo ritenere che
per luogo pubblico, estensivamente , si ritengano anche i luoghi esposti al
pubblico, si dovrebbe dire che anche nelle abitazioni o nelle autovetture è
vietato esporre bandiere.
Tale conclusione è, chiaramente, insensata:
1) In primo luogo è preclusa uninterpretazione estensiva della norma, come
affermato dalla sentenza Corte Cost 161 del 1995.
2) Non si vede poi per quale motivo dovrebbe essere vietata lesposizione in
simili luoghi di semplici bandiere. Non si comprende, in altri termini,
quale sia il bene giuridico, che una simile norma tutelerebbe.
3) La violazione dellart. 21 Cost. sulla libertà di manifestazione del
pensiero sarebbe gravissima.
Una simile norma sarebbe quindi drasticamente incostituzionale.
Per quanto sopra, fino a diversa interpretazione da parte della Corte
Costituzionale, le Amministrazioni devono attenersi al disposto letterale
dellart. 6 L.212/1956. Sotto un primo profilo non possono estendere una
norma che, palesemente, attiene alle affissioni abusive, allesposizione
delle bandiere (pena poi dover multare per affissione abusiva anche coloro
che espongono dal balcone le bandiere delle squadre di calcio). Inoltre non
possono applicare la norma oltre il dettato della stessa, che si limita ai
luoghi pubblici, e che certo non riguarda lesposizione delle bandiere dalle
case private.
Avv. Pietro Adami