martedì 28 luglio 2009

E basta coi ristoranti vegetariani, indiani e tibetani!

Dopo ulteriore esperienza all'estero in un ristorante indiano, che seguiva quella a Lisbona in uno "tibetano", mia moglie (vegetariana) ed io (che non lo sono) abbiamo deciso: basta farci fregare da ristoranti che con la scusa del vegetariano ti propinano a carissimo prezzo quattro verdurine fritte o lesse!
Paradossalmente, per un vegetariano la cosa migliore è andare in un buon ristorante per carnivori e sfidare lo chef a trovare qualcosa di alternativo. Di solito, se è un buon ristorante, si fanno in quattro per soddisfare il cliente, si mangia bene e si spende ragionevole. Da parte mia, suggeriso anche di proseguire la lettura , con un articolo apparso su "la repubblica delle donne".

Non mangiano la carne, ma con sporadici ripensamenti
Per avvicinarsi a uno stile di vita più sano ed ecocompatibile

Fanno pasti flessibili, tanto che li chiamano flexitarians. Ma anche vegetariani part-time. Mettono nel piatto più verdura e meno carne. Per i motivi più svariati: salutisti, economici, ambientalisti. 0 anche solo perché le proposte della cucina veg sono sempre più interessanti. Negli Stati Uniti sono un movimento in crescita. Hanno il loro blog, www.almostvegetarian. blogspot.com, il loro libro, The flexitarìan diet (McGraw-Hill), scritto dalla dietista Dawn Jackson Blatner. E si parla di loro. Lo ha fatto Newsweek, che ha dedicato il pezzo "Part-time vegetarians" alla storia della Blatner. Da 15 anni Dawn mangia molta frutta e verdura, frutta secca, semi e derivati della soia e del frumento. Ma ogni tanto cede alle tentazioni dell'arrosto della nonna. Da brava flexitarian esperta, cioè, secondo la sua stessa definizione, colei che mangia carne o pesce non più di due volte la settimana. I seguaci di questo stile alimentare sostengono che ridurre le proteine animali invece di eliminarle del tutto possa essere un buon compromesso. «Offre i vantaggi della dieta vegetariana senza obbligarti a seguirne le regole ferree», afferma Blatner, «seguire una dieta basata sui vegetali è la cosa migliore che si possa fare per la propria salute e includere carne di tanto in tanto è un modo per mangiare più verdure». Sembra illogico, ma in realtà i flexitarians si avvicinano di più dei carnivori quotidiani alla preziosa biodiversità di cereali e legumi delle diete vegetariane dee. «È un piano dietetico che guida con gradualità a consumare più vegetali», sottolinea Blatner. È d'accordo Luciana Baroni, medico, presidente della Società scientifica di Nutrizione vegetariana (www.scienza-vegetariana.it) e autrice per le edizioni Sonda di Vegpyramid, saggio dedicato alla piramide alimentare naturale (vedi box). «Quando ci si sposta verso una dieta a base di vegetali non è bene cominciare togliendo i cibi animali, ma aggiungendo quelli vegetali. Si scopre cosi una varietà di alimenti prima sconosciuti e si è portati a ridurre il consumo di cibi animali. Tanto da diventare vegetariani quasi senza accorgersene». E continua: «Se poi qualcuno si ferma a metà strada è meglio di niente. Ha già fatto tanto: per sé, per l'ambiente e per gli animali». Quel per sé è ciò che più interessa alla Blatner: «Sappiamo che i vegetariani vivono più a lungo, ma è dannatamente difficile esserlo al cento per cento! I fiexitarians pesano il 15% in meno, hanno un tasso inferiore di cancro, malattie cardiovascolari e diabete e vivono 3,6 anni più a lungo dei carnivori». In pratica, si introducono i benefici della dieta vegetariana nello stile di vita medio avvicinando sempre più persone a uno stile alimentare più salutare. Ma se c'è chi si accosta ai vegetali a piccoli passi, riservandosi di fare marcia indietro, c'è anche chi, vegetariano o vegan completamente, ha bisogno di indicazioni per seguire al meglio la propria scelta.
Nascono così le prime "Linee guida italiane dietetiche per una alimentazione vegetariana" a firma di Luciana Baroni. Si tratta di una novità tutta italiana: negli Stati Uniti, infatti, le raccomandazioni ufficiali per alimentarsi bene (www.mypyramid.gov) prevedono una sezione dedicata alla dieta a base di vegetali.
Da noi, invece, l'Istituto nazionale della Nutrizione non si è mai preoccupato di offrire indicazioni ai sei milioni di vegetariani italiani. Spiega Lucio Lucchin, direttore del Servizio di dietetica e nutrizione clinica dell'ospedale di Bolzano che ha appena dato alle stampe Alla ricerca del giusto peso (Reverdito): «Bisogna distinguere i comportamenti alimentari dettati da convinzioni filosofiche dalle indicazioni scientifiche. In Italia non ci sono gruppi strutturati di vegetariani come gli Avventisti statunitensi e il nostro sistema sanitario non può occuparsi delle sfumature. Oggi le priorità sono ridurre l'incidenza di sovrappeso che ha toccato il 34% negli adulti e il 36% nei bambini, ma anche le patologie cardiovascolari e tumorali». Eppure è ormai dimostrata l'efficacia della dieta verde proprio per contrastare queste malattie.
Prendiamo il modello su rischi e benefici delle diete vegetariana e onnivora pubblicato sull 'American Journal of Clinical Nutrition dall'epidemiologo Joan Sabaté dell'università di Loma Linda (California). Emerge che i vegetariani rischiano meno sia le carenze di sostanze protettive sia l'eccesso di quelle dannose. E due tra le più prestigiose associazioni di nutrizionisti al mondo, ì'American Dietetic Association e i Dietitians of Canada, hanno fatto proprio questo concetto ribaltando il pregiudizio che considera carenti le diete vegetariane.
La vera carenza, oggi, è quella di sostanze protettive. Ed è tipica di chi segue un'alimentazione onnivora. Naturalmente se ci si limita a togliere carne e pesce, la dieta rimane monotona e a rischio. Essere vegetariani non vuol dire mangiare solo formaggio e.insalata.
Non si può negare: richiede tempo. Il tempo di scegliere, di lavare le verdure, di cucinarle, di mettere in ammollo i legumi la sera prima. È proprio questo il punto: «Il pasto vegetariano è complesso ed elaborato», afferma Lucchin, «con i ritmi di vita odierni non si può proporre a tutti. La maggior parte della popolazione consuma pochi vegetali e sempre gli stessi. Non più di una decina su settemila commestibili». Lucchin, che peraltro conferma la validità della dieta vegetariana, si chiede però quale sia la priorità: «Stravolgere le abitudini degli italiani proponendo un modello che non verrà mai seguito oppure orientare la nutrizione più verso il vegetale che la carne, ma non in termini assoluti?».
Torniamo così ai flexitarians. Per Baroni si può essere flessibili per motivi ambientalisti. O di salute. Se si
passa ai vegetali per convinzioni animaliste è più difficile ammettere trasgressioni. Non solo: «Se ci si abitua a mangiare sano, vegetali poco cotti e cereali integrali, è difficile riuscire a digerire altro e si sviluppa una repulsione nei confronti della carne. Come se l'organismo, una volta disintossicato, là rifiutasse riacquistando la naturale capacità di autoregolarsì che hanno gli animali selvatici».
Ma per Lucchin: «La capacità di riconoscere ciò che è dannoso nell'uomo è reale, ma riguarda i veleni che hanno un gusto amaro. Il rifiuto nei confronti della carne è solo questione di disassuefazione. La stessa di chi è intollerante al lattosio e non gradisce l'odore del formaggio. Se un vegetarlano dovesse tornare a mangiare carne la digerirebbe bene». Nessun problema, dunque, per i novelli flexitarians. Con una nota di Marina Berati, attivista vegan: «Vegetariano e vegan sono termini che non si possono coniugare con il concetto di panrt- time. Un vegetariano non mangia animali di qualsiasi specie (mammiferi, pesci, volatili), un vegan non mangia neanche i loro prodotti (latte, latticini, uova). Ben venga che ci siano persone che consumano 20 chili di carne l'anno invece di 100. Per contrastare gli impatti devastanti degli allevamenti intensivi sull'ambiente e per prevenire le malattie degenerative causate dalle proteine animali.
Ma per favore, non chiamiamoli "vegetariani part-time". Non c'è bisogno di definizioni modaiole. Di ridurre il consumo di cibi animali, questo sì». A ognuno, poi, il suo perché.
di Daniela Condorelli
Repubblica delle donne, 15 novembre 2008